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L’INTERVISTA
Ci siamo lasciati circa un anno fa, quando ho presentato l’album dei Chemako. Che cosa ti è accaduto da allora, musicalmente parlando?
Il tour di presentazione del disco omonimo dei Chemako è stato molto bello, inoltre accompagnare Debbi Walton e Donnie Price per le loro date italiane è stato un grandissimo piacere. Tornare a suonare con una band elettrica anche i miei vecchi brani, dandogli nuovi colori, mi era mancato, dopo l'uscita del precedente CD solista acustico “Like a wolf in a Chicken Shack”... ma continuo ad essere un ricercatore, fondamentalmente, e ho sentito l'esigenza di fare un nuovo lavoro affrontandolo in maniera diversa dai canoni... così è nato “Goodnight to the Bucket”.
Che cosa rappresenta per te questo nuovo album… sintesi di un percorso/periodo o step intermedio?
Ho voluto sperimentare un modo diverso di far nascere un disco: non utilizzare sistemi moderni e limitare i mezzi per ottenere un risultato più emozionale. Per questo ho costruito fisicamente, senza raffinate conoscenze di liuteria, gli strumenti per registralo e scrivendo i brani nel laboratorio casalingo di falegnameria... inoltre registrandolo come negli anni 20 e 30, buona la prima senza sovra incisioni. E' sicuramente un passaggio della mia discografia che, come tutti i miei altri lavori, farà sentire la sua influenza in quelli futuri.
La dimensione che proponi in “Goodnight To The Bucket” è quella solitaria: è questa l’espressione del blues che preferisci?
Ci sono cose che puoi raccontare come “one man band” che non riescono a raggiungere il pubblico, se suonate con una band, e viceversa. Esibirmi e scrivere materiale da solo, in acustico o in trio, sono solo lati di me e della mia personalità ed esperienza. Sono convinto di non avere un “sistema giusto o errato”, sono le canzoni a chiedermelo.
I brani dell’album sono una miscela tra tue creazioni e tributi al passato. Qual è il fil rouge che unisce i tuoi maestri con il tuo presente?
Cerco sempre, quando affronto brani dei maestri, di suonare qualcosa che condivido o testi ai quali posso dare un mio significato. Ho registrato “Ain't no grave” del 1934 perché ha un testo gospel di quelli che, se letti da un punto di vista più pagano, sono paurosi, terribili e incutono terrore; esiste una versione bellissima di J. Cash che mi ha ispirato molto. Poi c'è un brano del mitico Robert Johnson: ho deciso di registrarlo perchè fu il primo pezzo che, ormai più di 21 anni fa, registrai chitarra slide e voce, in casa su una cassetta... ora nel 2013 è venuto un po' meglio. L'ultima cover è un brano di Claude Ely, del 1928, uno dei grandi misconosciutipionieri del blues moderno: “Mississippi Jailhouse Groan” è un testo che parla di prigione, amore e mancata redenzione: affascinante. Non so se ci sia un collegamento spirituale tra me e questi miti: io cerco di fare musica emozionante suonandola in modo onesto, e sono convinto che tutti i musicisti facciano parte della storia della musica. Abbiamo tutti la responsabilità di suonare col cuore, non di fare puro folkore.
All’interno del CD hai inserito un video, dove la tua musica è abbinata ad immagini animate che conducono verso un blues… marino. Come è nata l’idea?
E' il video del brano “Poseidon Blues” che, come altri del disco, parla del rapporto con la religione: il testo parla di un naufragio (fisico o spirituale) e del personaggio che chiede di essere salvato, ma non riceve aiuto da nessuno, tanto meno dai diversi dei a cui si rivolge. Forse è la stessa nave che salpa nel pezzo precedente, in “Goodnight to the Bucket” che da il titolo al CD. Sicuramente Martin Eden, di Jack London è un libro che mi ha ispirato. La cosa più divertente è che, dopo aver costruito una chitarra, le stomp box, e dopo aver registrato in poche ore, ho voluto aggiungere sfida alla sfida disegnando e animando il video di questo pezzo, da solo, in un solo giorno, utilizzando solo la carta e i pennarelli che avevo in casa in quel momento.
Il tuo disco si può definire minimalista, essenziale, quasi rispettoso dei tempi. Trovi che il blues abbia subito un’evoluzione nella sua profonda motivazione espressiva?
Grazie alla comunicazione il blues (e anche tutti gli altri generi musicali tradizionali) hanno potuto mescolarsi, cambiare paesaggio e raggiungere sempre più persone e artisti, influenzando ed evolvendosi. Il blues si è mescolato e ha raggiunto tutto il pianeta dando la possibilità di veicolare emozioni diverse a tutti i musicisti lontani tra loro. Cambiano le motivazioni, ma il blues è linguaggio del mondo e ognuno ha il suo, l'importante è che sia sempre vero! Io personalmente conosco la tradizione, ma non mi sforzo nel rispettarla, cerco di essere più libero possibile: il minimalismo di questo ultimo CD è solo dettato dalla voglia di mettere scarpe scomode per capire chi ha segnato il passo.
Che cosa c’è nel futuro musicale di Marcello Milanese?
Suonare dal vivo il più possibile, suonare e costruire i miei strumenti, continuare il mio lavoro di direttore artistico e di produttore discografico (“Bobby Soul & Blind Bonobos Live at Mag Mell” l'ultimo lavoro uscito), sperimentare sempre nuove vie e collaborazioni e poter tornare in studio a registrare un nuovo disco al più presto... ricominciando poi l'elenco dall'inizio!
TRACK LIST:
1.Friday Mood (Marcello Milanese)
2.Ain’t No Grave (Claude Ely)
3.Bring Me Alcohol (Marcello Milanese)
4.Goodnight to the Bucket (Marcello Milanese)
5.Poseidon Blues (Marcello Milanese)
6.I’d Change the Words (Marcello Milanese)
7.Santa Muerte (Marcello Milanese)
8.Purple (Marcello Milanese)
9.The Devil Owe Me 50 Bucks (Marcello Milanese)
10. Come On in My Kitchen (R.Johnson)
11.Mississippi Jailhouse Groan (R.Lacy)
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