Marchese, Pascoli e il gelsomino notturno

Da Ellisse

Si può scandagliare il testo per scoprire una sorta di pseudomessaggio (o forse di ipermessaggio?), che cosa l'autore ha  detto senza saperlo.
Questo percorso di lettura, di tipo psicanalitico, ci porta verso gli strati profondi e inconsci del linguaggio poetico. È lecito parlare di isotopia psichica (in senso freudiano o lacaniano), anche se - come osserva giustamente M. Pagnini - occorre fare attenzione a non violentare il testo, imponendogli una griglia costrittiva che ne deforma la voce (ad esempio, con la pretesa di un'autonomia del significante come veicolo dell'Altro Discorso, il discorso dell'inconscio).
È possibile comunque recuperare una metodica psicanalitica all'interno di un discorso critico essenzialmente semiologico, come abbiamo cercato di mostrare in una analisi del Gelsomino notturno di Giovanni Pascoli.
Rileggiamo, ancora una volta, questa poesia che, com'è noto, venne pubblicata nel 1901 in occasione delle nozze di un amico, secondo la testimonianza del poeta: « E a me pensi Gabriele Briganti risentendo l'odor del fiore che olezza nell'ombra e nel silenzio: l'odore del Gelsomino notturno. In quelle ore sbocciò un fiorellino che unisce (secondo l'intenzione sua), al nome d'un dio e d'un angelo, quello d'un povero uomo: voglio dire, gli nacque il suo Dante Gabriele Giovanni ». Il Pascoli, a conferma del carattere velatamente sensuale della lirica, raccomandava tra l'altro all'amico di non leggerla subito alla sposina, ma « domani se mai ».
E s'aprono i fiori notturni,
nell'ora che penso a' miei cari.
   Sono apparse in mezzo ai viburni
   le farfalle crepuscolari.
Da un pezzo si tacquero i gridi:
là sola una casa bisbiglia.
   Sotto l'ali dormono i nidi,
   come gli occhi sotto le ciglia.
Dai calici aperti si esala
l'odore di fragole rosse.
   Splende un lume là nella sala.
   Nasce l'erba sopra le fosse.
Un'ape tardiva sussurra
trovando già piene le celle.
   La Chioccetta per l'aia azzurra
   va col suo pigolio di stelle.
Per tutta la notte si esala
l'odore che passa col vento.
   Passa il lume su per la scala:
   brilla al primo piano: s'è spento...
È l'alba: si chiudono i petali
un poco gualciti: si cova,
   dentro l'urna molle e segreta,
   non so che felicità nuova.

La poesia si struttura su due piani: uno, apparente, fenomenico, che è la descrizione impressionistica del mistero della notte; l'altro, profondo e in parte inconscio, che è la fantasticheria dell'unione sessuale. Sappiamo, dall'acuta analisi di Barberi Squarotti, che la simbologia floreale può avere nel Pascoli una particolare valenza erotica. Qui il significante principale, il « gelsomino notturno » o « belladinotte », copre contemporaneamente un significato referenziale-denotativo e uno fortemente connotato da affascinanti richiami sessuali. Intanto, l'azione dell'aprirsi e del chiudersi allude all'accoppiamento, visto però a partire dall'organo femminile e sofferto quasi come una violenza: una deflorazione, appunto:
E s'aprono i fiori notturni
È l'alba: si chiudono i petali
un poco gualciti...


Parallelamente abbiamo altre immagini-transfert:

Dai calici aperti si esala
l'odore di fragole rosse.
Per tutta la notte s'esala
l'odore che passa col vento.

Dove sia l'odore sia l'impressività coloristica veicolano indirettamente dei richiami sessuali.
Ma è soprattutto l'immagine finale che ci permette di recuperare utilmente il discorso psicanalitico:

   ...si cova
dentro l'urna molle e segreta
non so che felicità nuova.


Che cos'è l'« urna molle e segreta »? Naturalmente non si sbaglia se si risponde, vocabolario alla mano, che è l'ovario, una parte del pistillo. Ma la metafora ha indubbiamente sprofondato un significato rimosso, qualcosa di chiuso, di visceralmente molle e caldo: il ventre della donna o meglio l'utero, dove avviene il miracolo attraente-repulsivo del concepimento.
In questo senso, l'urna-ventre-utero è anche una sineddoche, una parte fascinosa e orrorosa per il tutto, il corpo femminile, sottoposto allo sverginamento (« i petali / un poco gualciti »). L'inconscio si è rivelato grazie alla doppia mascheratura metaforico-metonimica: riemerge, insomma, il bisogno o la mancanza dell'io rispetto all'oggetto del desiderio (la donna: metafora del fiore), che viene inserito nel significante parziale metonimico: l'urna-ventre-utero.
Non è necessario aggiungere che si tratta di un desiderio represso che ritorna nella struttura formale del simbolo. La proibizione è dovuta al Super-io funereo dei « cari », alla Legge dei morti che impone l'autocastrazione nella continenza forzata fuori del matrimonio (o del rapporto sessuale): insomma, l'etica inibente del nido. La presenza memoriale dei morti costringe il soggetto a un lavorio morboso di fantasia, a una immaginazione visionaria eccitata: in buona sostanza, a una sublimazione sostitutiva. Nella struttura dell'enunciato, nella « storia », l'io ci appare infatti spazialmente esterno all'evento che si compie nella casa: letteralmente, è « fuori », al buio, in attitudine voyeuristica; o, se si vuole, nell'esemplare triangolo della scena primaria, l'io è escluso e regredito a uno stadio infantile di lacerata, morbosa curiosità:

là sola una casa bisbiglia.


La solitudine della casa, quel bisbiglio misterioso nel silenzio della notte ricoprono la fantasticheria dell'approccio amoroso dei due sposi: tutto è visto e presentito con penoso distacco.

La pericolosa tentazione di apertura al « mondo », cioè l'esperienza sessuale e la costruzione di un proprio « nido », deve essere esorcizzata dal richiamo della censura interiore, del Super-io funereo. Ed ecco che il Pascoli dissemina il percorso erotico di simboli negativi, che alludono alla morte e alla esclusione vittimistica: le « farfalle crepuscolari » (v. 4), l'« erba sopra le fosse » (v. 12), l'« ape tardiva » che «sussurra / trovando già piene le celle» (vv. 13-14): parabola, quest'ultima, nient'affatto descrittiva ma emblematica della condizione estraniata (e masochistica) di chi arriva tardi all'appuntamento della felicità.
Mentre lo sguardo segue con eccitazione tutta immaginativa i preparativi dell'unione sessuale, dietro quel lume che si spegne nello spazio segreto della camera

(là sola una casa bisbiglia
Splende un lume là nella sala
Passa il lume su per la scala;
brilla al primo piano: s'è spento...)


la compensazione del Pascoli « buono » e rassegnato si rifugia in alcune metonimie rassicuranti, non ossessive, quelle che i suoi morti gli impongono come esempi di pace e di naturalezza non peccaminosa:  la chiusa intimità dei nidi degli uccelli:

Sotto l'ali dormono i nidi,
come gli occhi sotto le ciglia.

E' il sonno della semplicità, antitetico al voglioso fervore della casa: la chiusura, la copertura, la protezione, il non vedere sono i valori naturali evocati per esorcizzare quella « non so che felicità nuova » così morbosamente allettante, e che sembra per un attimo frangere le barriere della censura.
Poi un'altra immagine familiare, agreste, la « Chioccetta », lassù nel cielo, lontana dallo spazio chiuso della casa dell'amore, verso cui è attratto lo sguardo febbrile:
La Chioccetta per l'aia azzurra
va col suo pigolio di stelle.

Una pausa di contemplazione della natura nel silenzio profondo della notte? Il gioco metaforico-sinestetico riduce però quel cielo alla domestica aia, con la chioccia e il codazzo dei pulcini pigolanti: un idillico quadretto del tutto rassicurante, nella propensione evasiva del buen retiro fra la pace della campagna, lontano dalle cose del mondo, piene di fascino ambiguo ma inesorabilmente vietate.
Siamo adesso in grado di schematizzare il modello semiologico sotteso alla poesia, articolato su una coppia di valori oppositivi:

La parte destra dello schema, che rappresenta le relazioni escluse, indica il « mondo », la realtà desiderata e temuta; la parte sinistra mostra come le relazioni permesse siano di tipo sostitutivo e immaginativo. La coscienza di Zvani è al centro di una serie di tensioni laceranti: estraniata e regredita rispetto all'esperienza mondana della casa e del rapporto sessuale; dominata dal Super-io funereo, che ha il duplice compito di elargire rassicurazioni naturali e di imporre proibizioni istintuali. La fantasticheria, il sogno ad occhi aperti sono una sorta di compensazione immaginaria permessa anche se in qualche modo negativa, mentre l'unione sessuale è proibita: donde il ritorno del represso nella metafora-metonimia del fiore-urna-ventre-utero.
(da Angelo Marchese - L'officina della poesia - Milano 1985)

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :