Marco, 33 anni e il progetto Mastri Birrai Umbri.
Il tipo tosto questa volta è il discendente della nota famiglia Farchioni, alla guida dell’omonimo Gruppo alimentare di Giano dell’Umbria, nel Perugino, che più di quindici anni fa ha provato a far prendere una strada nuova all’azienda dei suoi. Ha avuto fiuto. E gli è andata bene.
Quando ha deciso di diversificare la produzione, cosa è successo?
“Prima di tutto – replica – abbiamo creato le nostre ricette per il CERB con le materie prime che siamo in grado di produrre: orzo, farro, lenticchia e cicerchia. Poi, con un pool di amici ho cercato il nostro gusto, quello umbro rude e delicato nell’ insieme, equilibrato e universale! Successivamente, abbiamo acquistato un microbirrificio per fare le prime prove in casa e infine abbiamo cominciato a girare per il mondo: Germania, Belgio, Francia, Stati Uniti, alla ricerca di chi potesse darci la miglior idea produttiva per la nostra birra! Infine abbiamo creato il sito produttivo vero e proprio”.
I primi periodi, a sentire Marco, sono stati duri. “Non sapevamo cosa fare – confessa – che tipo di birra produrre, con quale gusto. Fare birra è il processo più complesso e bello che conosca, non tanto per il prodotto in sè, ma perché si trasforma un prodotto molto povero in uno molto ricco. Ma avevamo bisogno di consulenti, modelli. Insomma, di esperti. L’abbiamo trovato. Il valore aggiunto al nostro prodotto lo garantisce il nostro mastro birraio, che è Michele Sensidoni. Viene dal CERB, nostro unico, grande alleato e sostenitore del progetto! Oggi produciamo quattro tipi di birre, tutte ad alta fermentazione, una bionda al farro, una rossa alla cicerchia – la mia preferita, perché per me è la più completa- una scura alla lenticchia e una gold doppio malto di puro malto! La differenza la fa appunto l’uso di materie prime umbre, che danno un gusto molto originale. Quello della nostra regione: deciso ed equilibrato nel contempo!”
Per il momento non ci sono concorrenti. La produzione? “Circa 10 mila ettolitri – risponde Marco – che significa circa 1milione 200 mila bottiglie da 750 ml l’anno. Vendiamo tutto, un po’ a tutti con il marchio Mastri Birrai Umbri in Italia, Inghilterra, Germania, Serbia Austria, America, Australia, Croazia, Russia. Ho richieste da molte parti. E’ una fortuna!”
A disegnare le bottiglie è stato Marco, che aggiunge: “Il mio hobby è disegnare su vetro, tappi, cartoni, scatole. Non sono bravo come un disegnatore, ma ho delle intuizioni, creo degli schizzi, che mando ai disegnatori. Fino ad oggi ho disegnato più di cinque bottiglie in vari formati per prodotti diversi. Ho registrato sei brevetti! Il logo scelto è la chiave, che è oggetto per svelare e celare, strumento indispensabile per accedere a qualsiasi cosa. La chiave è l’oggetto fondamentale per sigillare con sicurezza le cose più preziose e segrete. La chiave nella simbologia araldica è simbolo di potenza, d’importanza e fiducia. La chiave è anche espressione di liberazione, conoscenza e mistero”
La birra dei Mastri Birrai Umbri si vende per ora nei supermercati.
“Stiamo studiando – tiene a far sapere – la Birra Bianca per la Apple. Mi piacerebbe venderla al loro staff di ricerca e sviluppo. Adoro il loro modo di rendere easy la vita. Vorrei che questo succedesse con i miei prodotti”.
Intanto qualche dato. Il gruppo Farchioni – settore commerciale della Mastri Birrai Umbri conta 150 dipendenti, la Maestri Birrai Umbri ne ha circa 15. La Mastri Birrai Umbra Fattura circa 3 milioni di euro. La Farchioni Olii 120milioni”.
Il gruppo va forte e quindi è in controtendenza? “Certo – dice sicuro Marco – come quelli che anni fa hanno puntato sull’innovazione e ora stanno raccogliendo i risultati”.
L’agricoltura è il settore da privilegiare in questo momento? “Dipende – risponde – se la si prende sul serio e si controlla tutta la filiera per poi fare eccellenza e esportarla, sì. Non credo nel chilometro zero. Lo trovo ingiusto verso quelle persone che, pur pagando, non potrebbero avere un prodotto eccellente, solo perché distanti”.
Se quindici anni fa il prezzo dell’orzo non fosse crollato, cosa sarebbe successo? “Troppo congiunture – sorride – per pensare a quello che non è. Direi che per ora stiamo pensando ad aprire un maltificio, anche se l’orzo è caro”.
Il suo è un lavoro duro? “Cito Omero – afferma – e dico: E’ leggero il compito o il lavoro quando molti si dividono la fatica. Con una buona organizzazione e un po’ di adrenalina da successo non si parla di fatica, solo di concentrazione per non perdere la strada e, anzi, farla diventare sempre più agevole”.
Si sente un tipo tosto? “Non saprei proprio rispondere – dichiara – sta a me dirlo?
Progetti per il futuro? “Amare mia moglie – dice – far crescere mia figlia e darle un fratello. Il resto si vedrà! Io amo la mia famiglia, non il mio lavoro. Il lavoro è una profonda passione!
Se parla del futuro della birra, beh, le anticipo che stiamo creando un nuovo modo di vedere la birra con il motto, Alcool QB. Alcool quanto basta”
Cinzia Ficco