Marco Mazzoni intervistato da Martina Alessandrello

Creato il 01 marzo 2013 da Harimag

Marco Mazzoni, (Tortona 1982), straordinario artista contemporaneo che riesce ad unire nelle sue opere tradizione e ricerca. La sua tecnica artistica è stata alimentata e coltivata durante gli anni, affezionandosi a ciò che ormai è Il suo marchio di fabbrica: la tecnica classica delle matite.


Animali intrecciati e incatenati tra loro, natura in simbiosi con la  donna “strega” privata dei propri occhi quasi come se le avessero rubato l’anima sono i soggetti delle sue opere. I suoi disegni emanano cupezza e un forte senso di malinconia che si trasforma in curiosità e voglia di scrutare a fondo il mistero celato in essi.


 

  • Le tue opere sono intense e piene di pathos. La tua tecnica di colore, intensamente cupa e colma di turbamento amalgamata ai personaggi che esplodono in espressioni di dolore. Cosa ti porta ad utilizzare questo stile cromatico?

L'attenzione nei confronti delle storie che cerco di raccontare nei miei cicli. Non credo nelle mezze misure e soprattutto sono convinto che quando si cerca di dire qualcosa bisogna farlo senza mezze misure.

  • Da cosa ti lasci ispirare?


Dai racconti sulle mistiche italiane. Essere consapevoli di quanto questa patria sia stata matriarcale mi ha fatto capire che dovevo approfondire l'argomento. Così sono venuto a conoscenza di storie affascinanti di donne che sostituivano il potere religioso e facevano sia da dottore che da psicologo all'interno dei piccoli paesi, fino all'invasione della Chiesa cristiana che cambiò il sistema fino a rappresentare le donne con capacità come streghe.


 

  • Come mai parte dei tuoi personaggi vengono rappresentati senza occhi e sono circondati da fiori, farfalle e volatili?


Cerco di trovare il punto di incontro tra la fauna, la flora e l'umano. Se io disegnassi gli occhi creerei un semplice ritratto di una persona precisa. Eliminando l'apparato visivo mi trovo a non rappresentare più una donna ma "la" donna, in questo modo cerco di creare una natura morta e non un ritratto. Le farfalle e i volatili (solitamente colibrì) sono gli animali che trasportano il polline, questa scelta è studiata in modo che ogni elemento all'interno del disegno sia complementare all'altro in un ciclo perpetuo.
 

  • "The Songwriter", "The Hairy Fish", "The Condominium", qual è l’essenza fondamentale di questo ciclo di opere?


Sono dei disegni su Moleskine, la scelta del taccuino è precisa: come se fosse un diario dove si prendono appunti per la rappresentazione di animali impossibili, cioè come se mi fossi messo all'interno di un bosco armato solo di sketchbook e matite per cercare di fermare su carta quello che mi sta intorno. Usare gli animali mi permette di ragionare su quelle che sono le caratteristiche dell'uomo nella società, ogni disegno nasce dall'esperienza che sto vivendo in quel momento, The Condominium è quello che si viene a creare in ogni assemblea di condiminio, dove non scegliamo con chi vivere ma dobbiamo comunque accettare la persona che ci sta accanto.


 

  • Chi è l’Artista a cui hai fatto sempre riferimento, di cui sei sempre stato innamorato e che ti ha portato a diventare l'artista che sei oggi?


Goya, e in qualche modo anche Ribera.
 

  • Hai partecipato di recente alla mostra “HOMO FABER” a Palazzo Sforzesco. Hai in programma altre mostre da proporci?


Il 19 febbraio inauguro la mia personale alla galleria Patricia Armocida a MIlano, sarà la mia prima mostra che raccoglierà sia i disegni sulle mistiche che i lavori su moleskine. Il titolo sarà "Il Ricordo è un Consolatore Molesto".




 

MARTINA ALESSANDRELLO


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