Le stagioni della memoria
Marco Milone
Narcissus, 2014
Sembrano trascorsi secoli da “Dove va il mondo” e “Anime nude” a “Le stagioni della memoria”, terza silloge di poesie di Marco Milone, non perché ci sia un cambio di rotta stilistico o contenutistico, ma per come, non conoscendo l’età dell’autore, si potrebbe qui pensare ad un artista anziano. Milone, invece, è un trentenne senza speranze, senza illusioni leopardiane: “giammai vedrò sorgere il sole”, “di speranze irrealizzabili m’illudo, “e non ci rimane altro” .
Difficile smettere di illudersi, attendere, sperare, anche quando la vita passa davanti e non siamo in grado di saltarci dentro, anche quando essa sembra appartenere agli altri, scorrere di là da un vetro, anche quando soggiaciamo alla regola di un “si passivante” che ci rende non autentici; è difficile perché, nonostante l’atteggiamento stanco e demotivato, giovani lo si è davvero e la speranza non vuol morire: “So che non arriverai eppure son qui e aspetto”, “illusione di un futuro, di qualcosa che non giunge.”
Se tutto il meglio pare ormai alle spalle, pure la memoria non è dolce, non è consolatoria, ha stanze oscure, ancora da svelare, e noi vorremmo essere come bruti per non avvertire il peso dell’esistenza. Il futuro non c’è, è come se fosse già stato esperito, lasciato indietro: “rievoco il futuro”, e rievocarlo vuol dire farne memoria e non aspettativa, trasformarlo in qualcosa che non ci sarà mai perché c’è già stato, perché sarà uguale al presente, e così le “luminose strade” del possibile saranno cancellate dagli “oscuri labirinti” di una memoria congelata.
Ricorrono le parole “sommerso”, nel senso di avviluppato, appesantito, e “oscuro”, inteso come inconoscibile ma anche doloroso, ansiogeno. I riferimenti leopardiani sono tanti, fra stelle, ginestre, dolore senza uscita, caduta delle illusioni. I temi sono i soliti in Milone: solitudine, morte, incomunicabilità ma anche, soprattutto, memoria.
Si spargono i semi
della polvere
Nei tempi che furono
Rivedo la vita, rievoco
Il futuro. Una branda,
un giaciglio da cui percorrere
ancora ancora
le strade del passato