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Nulla di più semplice, forse scontato, penseranno i miei lettori, e non posso dar loro torto.
La salsa di pomodoro è comunque la scusa per fare un po' di ragionamenti: non sto a descrivere la salsa di pomodoro fatta a scuola, dove le materie prime sono scelte con criteri differenti da quelli usati per la spesa di casa, questo lo capisco bene; a scuola non è che si impara proprio "a cucinare", si imparano soprattutto altre cose che ti verranno parecchio bene quando dovrai, per mestiere o per diletto, cucinare per tante persone e all'interno della brigata.
Motivo per cui sarebbe semplicemente sciocco dire "non era una buona salsa di pomodoro", non aveva nessun bisogno di esserlo, bisogna essere invece grati per la possibilità che ti è stata data di lavorare in una vera cucina professionale.
Naturalmente oggi la salsa di pomodoro continuava a girare per la testa, per cui, dopo una fruttuosa visita nel frigorifero, mi ci sono messo. Ci tengo a ribadire che non faccio la gara con la scuola, cerco solo di farmi i compiti a casa, ma a modo mio.
Ho incominciato con il Pellaprat, visto che oggi mi sentivo molto chef saucier. Volutamente non considero la ricetta di Escoffier anche se entrambi sono due classici, e io volevo fare proprio la "Salsa di pomodoro classica (Sauce tomate)".
Ricordatevi bene che lo chef saucier, cioè il capopartite delle salse, era in genere il numero 2, quindi queste salse avevano un'importanza che oggi non comprendiamo appieno.
Gli ingredienti e le dosi sono ricopiati con il massimo della cura.
Ho passato con il passaverdura sette/otto etti di pomodori, tanto per incominciare, per avere circa mezzo litro di passato.
Nella saltiera, che è la padella che io uso di più e più volentieri, sono finiti, assieme al giusto olio, 50 grammi di lardo (ma io ho usato il guanciale, quello buono, che tengo in frigo gelosamente per le mie amatriciane) e, dopo qualche minutino di rosolatura, ci è volato dentro un trito composto da 50 grammi di carote, una cipolla, la parte bianca di un porro, un pezzo di sedano, un mazzetto di timo e una foglia di alloro.
Dopo la rosolatura del soffritto ho aggiunto 25 grammi di farina, in modo da assorbire tutta l'acqua e aumentare ancora un po' l'effetto della rosolatura, che è proseguita solo per ulteriori cinque minuti.
A quel punto ho aggiunto il pomodoro e tre quarti di litro di acqua, compresi quei cento cc di fondo bruno che avevo fatto a suo tempo. Sale e pepe, un po' di noce moscata (udite, udite!) e due zollette di zucchero.
Sobbollire un'ora e mezza, scoperchiato (dico io, Pellaprat non lo dice, dice piuttosto che sarebbe bello metterla nel forno).
Finita l'ora e mezza si passa nel chinois (non buttate via i resti!) e si "aggiusta" con una "noce" di burro.
La salsa resta un filo liquida (anche perchè non ci puoi buttare dentro mezzo chilo di burro!): a seconda dell'uso che interessa la puoi tranquillamente addensare con l'amido di mais, ma questa è una mia idea.
Il bello della salsa è che poi se quella che resta la metti su qualcosa d'altro che non sia la pasta (euge: cavolfiore, radicchio crudo) è buonissima lo stesso.
La lady che abita con me ha dovuto controvoglia emettere un "buonissima" che da tempo non sentivo.
Carnacina, più vicino a noi di Pellaprat, racconta una salsa al pomodoro molto simile a questa: sostituisce il lardo con il prosciutto, grasso e magro, e non usa la carota, il sedano e il porro. Ci tiene a definirla "Grande salsa di base", e ne ha ben donde.
Artusi (ricetta n. 125, da andarsi a leggere solo per l'incipit) aggiunge l'aglio e non usa il grasso animale, nè all'inizio nè alla fine.
E poi ci sono svariate altre salse di pomodoro, che però sono soltanto dei sughi.
Questa è una salsa che ha il suo pregio nella delicatezza e nella rotondità del sapore, che sono unici, credetemi.
Se poi hai fretta fai la pommarola, ma è tutta un'altra storia......
Bonne nuit
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