Se non hai mai letto niente di questo autore, a mio avviso è (quasi) obbligatorio che cominci da questo libro. Un libro che non è di narrativa, bensì un saggio, anzi direi meglio, un reportage, ovvero il resoconto di una crociera extra-lusso ai Caraibi scritta per la rivista Harper's, con tutto quello che ovviamente significa in termini di esperienze dirette e incontri umani che si possono fare nell'ambito di una situazione di questo genere, visti attraverso un paio di lenti decisamente oblique e anticonvenzionali. E la ragione per cui ti consiglio di cominciare da qui, è proprio questa. Perché si tratta di un autore con cui è particolarmente necessario entrare in sintonia, assimilarne la visione, abituarsi al timbro, familiarizzare col tono. Farselo amico, insomma, sapere che ci si può fidare di lui, prima di affrontare la narrativa che, ancorché geniale e decisamente fuori dagli schemi, a tratti può dare le vertigini(1).
Se non hai mai letto niente di questo autore, insomma, e avrai voglia di leggere questo libro, è assai probabile che non lo vorrai lasciare più. Non il libro, intendo lo scrittore. La sua straordinaria capacità di vedere oltre le apparenze, cogliendo surrealismi e contraddizioni sottili del nostro mondo che - certo - fanno sorridere e divertono, ma che nel contempo mettono a nudo tutta la tristezza e la vena di disperazione suscitata dalle maschere di quel circo che è la società occidentale odierna, il suo umorismo sempre un po' amaro come il vero umorismo sa essere, e la sua prosa così moderna e affilata, ti resteranno dentro e l'unica cosa che potrai fare è approfondire la sua conoscenza con l'unico rimpianto che se n'è andato maledettamente troppo presto.
L'incipit:
E allora oggi è sabato 18 marzo e sono seduto nel bar strapieno di gente dell'aeroporto di Fort Lauderdale, e dal momento in cui sono sceso dalla nave da crociera al momento in cui salirò sull'aereo per Chicago devono passare quattro ore che sto cercando di ammazzare facendo il punto su quella specie di puzzle ipnotico-sensoriale di tutte le cose che ho visto, sentito e fatto per il reportage che mi hanno commissionato.Una cosa divertente che non farò mai più, di David Foster Wallace (Minimum Fax)
Ho visto spiagge di zucchero e un'acqua di un blu limpidissimo. Ho visto un completo casual da uomo tutto rosso col bavero svasato. Ho sentito il profumo che ha l'olio abbronzante quando è spalmato su oltre dieci tonnellate di carne umana bollente. Sono stato chiamato "Mister" in tre diverse nazioni. Ho guardato cinquecento americani benestanti muoversi a scatti ballando l'Electric Slide. Ho visto tramonti che sembravano disegnati al computer e una luna tropicale che assomigliava più a una specie di limone dalle dimensioni gigantesche sospeso in aria che alla cara vecchia luna di pietra degli Stati Uniti d'America che ero abituato a vedere.
Ho partecipato (molto brevemente) a un trenino a ritmo di conga.
(1) Ed è proprio quello il bello.