Premettendo che per arrivare in alto ci vuole impegno e fatica in qualunque mestiere (giustamente), secondo me è vero che ci sono dei lavori "da donne", dei lavori "da uomini" e dei lavori "da tutti".Al giorno d’oggi, ai più alti vertici aziendali e in tutte le altre funzioni, troviamo grandi uomini e grandi donne; chiunque sia in possesso delle giuste caratteristiche ci può arrivare. Tuttavia, a prescindere dalle inclinazioni personali di ciascuno, sono convinta che uomini e donne siano naturalmente portati allo svolgimento di mestieri che non sono realmente “unisex”, e richiedono determinati atteggiamenti e/o caratteristiche individuali. Questo non perché manchino le capacità da una parte o dall’altra, ma perché uomini e donne hanno pregi e caratteristiche differenti (a volte opposti), che si esplicano al meglio in realtà diverse. Tra i due sessi ci sono delle profonde diversità, che ne costituiscono proprio il valore aggiunto.Pensiamo a noi donne, forse ci viene più facile. Il nostro pensiero è molto profondo, complesso, spesso veniamo letteralmente criticate dagli uomini per essere “complicate”. In realtà, la complessità del nostro animo è la risultante di diverse sfaccettature che vanno a formare il nostro carattere: la sensibilità, l’emotività, l’empatia, l’attenzione ai dettagli, l’importanza dei sentimenti. Siamo spesso decise, combattive, razionali, ma non lottiamo per un “potere astratto”, bensì per quei valori che riteniamo fondamentali nella vita: l’amore, il rispetto, la serenità, la famiglia, l’armonia, la vita stessa per noi è un valore. Noi viviamo e ragioniamo con il cuore. Questo è lo spirito che mettiamo (o cerchiamo di mettere, per quanto possibile) in tutto quello che facciamo, nella nostra vita quotidiana, nelle relazioni con gli altri, nell’educazione dei figli, nel nostro lavoro, con la speranza di costruire qualcosa di buono.Purtroppo, però, in alcune professioni e/o in alcuni ambienti di lavoro non è possibile mettere in gioco tutto questo, perché ci sono regole diverse su cui si basa la partita; ci può essere una logica del business molto più dura, una dose di stress molto elevata, un ambiente lavorativo molto inclusivo e soffocante, in cui vengono a mancare lo spazio personale per la pro positività e la spinta creativa, ecc… Ritengo che queste esperienze, alla lunga, facciano male, inaridiscano la freschezza e la genuinità di una donna, appiattendone la complessità emotiva e rendendola priva delle sue proprie caratteristiche, che, invece, ne costituiscono il valore primario. Mi è difficile elencare qualche esempio di situazione o settore lavorativo in cui questo rischio sia particolarmente marcato; ma, probabilmente, chiunque di noi nel proprio ambito ha fatto esperienza personale di questo problema.È dalle donne (poiché madri, datrici di vita ed educatrici) che parte la spinta al miglioramento etico e al rinnovamento della società. Penso che sia davvero molto pericoloso distruggere questo prezioso patrimonio in funzione di una omologazione sociale - di ruoli e funzioni - non lungimirante.
marketing e comunicazione sono aspetti creativi e commerciali, come riesci ad adattarli ad un ambito scientifico e razionale?
Hai ragione, il marketing non sembra c’entrare molto con il modo della scienza in senso stretto (e viceversa)…ma solo apparentemente, perché in realtà sono due mondi fortemente intrecciati.Parlando di ricerca scientifica in medicina, definirei la scienza come un cammino verso l’avanzamento delle conoscenze che riguardano il corpo umano, l’anatomia e il funzionamento dell’organismo, il mantenimento della salute e il miglioramento della qualità di vita, lo sviluppo di patologie e lo studio di farmaci che le debellino. E che cos’è il marketing? È un concetto abbastanza ampio, e spesso, per semplificare, si pensa al marketing come mero sinonimo di pubblicità (erroneamente!), talvolta con un marcato accento negativo. Il marketing, invece, riveste un ruolo di fondamentale importanza perché supporta e contribuisce in modo essenziale a tutto il ciclo di vita di un prodotto: dalla creazione del concept, alla ricerca e sviluppo, al lancio, alla morte/uscita dal mercato oppure al rinnovamento del prodotto stesso. Per fare questo, il marketing studia e osserva continuamente quello che succede ogni giorno, sia nel proprio mercato di riferimento (es., un settore specifico), sia in ambito più generale (politico, sociale, economico, ecc…). Si cerca di capire verso quale direzione ci si sta muovendo, quali siano gli aspetti più innovativi, i nuovi trend da cavalcare, i nuovi orizzonti che si aprono, come inventarsi qualcosa di nuovo da lanciare sul mercato, che funzioni e risponda il meglio possibile alla richiesta da soddisfare. Preferibilmente, tutto questo deve essere realizzato prima che lo faccia un concorrente.E allora, cosa c’entra il marketing con la scienza? Partiamo dai laboratori di ricerca: gli scienziati, per scoprire cose nuove e sempre più complesse, hanno bisogno di strumenti all’avanguardia, che li aiutino a vedere molecole invisibili e a capire meccanismi cellulari complessi. Questo bisogno è soddisfatto dal marketing di un’azienda che, raccolte e studiate le necessità del ricercatore, produrrà un’apparecchiatura idonea allo scopo. O ancora, pensiamo allo sviluppo di un nuovo farmaco. Il marketing di un’azienda farmaceutica, per esempio, inizierebbe col capire quali siano i pazienti affetti da una malattia, magari incurabile fino a quel momento. Poi, sulla base dei nuovi avanzamenti scientifici, delle capacità produttive dell’azienda, della fattibilità clinica del progetto e della probabilità di successo sul mercato, il marketing potrebbe suggerire lo sviluppo di un a nuova molecola con determinate caratteristiche. Come vedi, il marketing non è solo pura creatività, ma segue sempre un metodo scientifico per portare allo sviluppo di un prodotto di successo. E nemmeno la scienza è soltanto razionalità pura, anzi, per scoprire qualcosa di nuovo sono necessarie moltissima creatività e immaginazione, e a volte è indispensabile rompere gli schemi tradizionali di pensiero per poter guardare oltre.
master...servono davvero?dunque, questo è "in breve" il mio percorso: sono venuta a mi per l'universita (triennale+specialistica) in Biotecnologie Mediche e Farmaceutiche, e già durante l'università ho cominciato a lavorare il laboratorio.Dopo la laurea ho iniziato a lavorare in MolMed (azienda in cui avevo svolto il progetto di tesi sperimentale) nell’unità di Business Development. Dopo due anni, ho deciso di iscrivermi al Master full-time in Marketing e Comunicazione de Il Sole 24ORE, perchè volevo acquisire nuove competenze.Da novembre a gennaio ho svolto una breve esperienza di stage presso un'agenzia di comunicazione specializzata nel settore sanitario-farmaceutico. Però non mi piaceva, allora ho deciso di cambiare e ora sto terminando l’esperienza di stage a completamento del Master presso Wyeth Consumer Healthcare. Quello che vorrei fare è occuparmi di marketing e comunicazione in ambito farmaceutico, per unire il background scientifico al master. (tra l'altro, lo stage qua mi finisce al 20 settembre, quindi sto anche ricominciando a fare colloqui, che palle!!!)