Indagine al centro di “Una Volta a Perugia”, volume sostenuto dall’istituto Banca di Mantignana
Una vera e propria indagine storica condotta da Maria Luisa Martella, autrice del libro “Una Volta a Perugia. Cronaca di un Caffè di fine Ottocento”, ha ricondotto ad uno dei più noti artisti umbri dell’ottocento, Matteo Tassi, le decorazioni degli ambienti dell’attuale sede della Banca di Mantignana e di Perugia, in piazza IV Novembre, a Perugia. La presentazione del libro si è svolta giovedì 13 dicembre, nella sala del Dottorato del Museo del Capitolo di San Lorenzo, gremitissima di pubblico. All’incontro, oltre alla studiosa, sono intervenuti anche Antonio Marinelli, presidente dell’istituto di credito cooperativo umbro, Nilo Arcudi, vicesindaco di Perugia, Mimmo Coletti, giornalista e scrittore,


Il presidente Antonio Marinelli, dopo aver ringraziato le autorità presenti, ha espresso tutta la sua gratitudine all’autrice. “Le nuove conoscenze raggiunte grazie a questo libro – ha detto – rappresentano un arricchimento non solo per i locali che abbiamo il privilegio di utilizzare per la nostra filiale, ma per tutta la città che ne viene ulteriormente valorizzata”. “Ringrazio la banca – ha continuato Arcudi – per il lavoro prezioso che svolge per il centro storico di Perugia. È la tendenza di chi vuole credere nel futuro e nell’occupazione di questa città, attraverso un costante ruolo di ‘mecenatismo’”. “La scoperta di Martella – ha affermato Migliorati – sposta l’ago dell’indagine anche verso l’opera di restauro, già nota agli studi, che Tassi andava compiendo in quello stesso lasso di tempo nella sala dei Notari, rivelando come in realtà, oltre agli stemmi realizzati alle pareti sui indicazioni di Adamo Rossi, il pittore ricevesse pagamenti per un’inquietante cifra di metri quadri di pittura anche per il soffitto, tale da far supporre un intervento non limitato ai soli partiti ornamentali”. “La ricerca – ha sottolineato il soprintendente – è ampiamente documentata con l’utilizzo di fonti edite, ma soprattutto inedite”. “Un bel libro da leggere e consultare – ha concluso Coletti –, con un ottimo apparato fotografico, in cui si scorge anche quell’insegna dimenticata alla base di tutta la ricerca”.




