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Maria Pasquinelli: la maestra irredentista

Da Valecarmen

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Era riuscita a far perdere le sue tracce da moltissimi anni, la maestra milanese Maria Pasquinelli da molti conosciuta a causa dell’omicidio del generale inglese De Winton, avvenuto a Pola il 10 febbraio del 1947, in pieno esodo. Il 3 luglio scorso però, con la sua morte, la centenaria maestra, ospite da molti anni di una casa di riposo bergamasca, è sparita per sempre. Erano anni che giornalisti e studiosi la cercavano per un’intervista, un parere, un ricordo ma raramente ha accettato di concederne. Un solo libro ad oggi, racconta le vicende di quell’omicidio: è intitolato “La giustizia secondo Maria” , realizzato dalla studiosa Rosanna Turcinovich Giuricin ed edito da Del Bianco. Quel 10 febbraio 1947 la città dell’Arena era invasa dal dolore e sulle sue strade si erano riversati migliaia di cittadini, in fuga disperata prima dell’esito del Trattato di Parigi, in corso proprio in quelle ore. Fu nel bel mezzo di quel via vai che Maria premette il grilletto contro il comandante delle forze alleate De Winton, a cui in quei mesi era stato affidato il controllo di Pola. Il 10 aprile dello stesso anno il tribunale di Trieste emise la sentenza: Maria era stata condannata a morte ma successivamente la pena le fu commutata in ergastolo. Quando il giudice le comunicò che avrebbe potuto appellarsi alla decisione, la Pasquinelli rifiutò ringraziando, ma dichiarò di non avere intenzione di domandare grazia agli oppressori della sua terra. Prima di trasferirsi in Dalmazia, insegnava a Milano nel quartiere Bicocca, e fu crocerossina in Africa. Scelse lei stessa di essere trasferita a Spalato, e fu testimone oculare di centinaia di omicidi e torture ai danni degli italiani da parte delle truppe del generale Tito, sin dal ’43. Raccontò di corpi di italiani appesi nelle macellerie croate e di enormi fosse comuni dove furono gettati come oggetti centinaia di connazionali, tra cui il preside della sua scuola e molti antifascisti del luogo. Ma fu probabilmente la strage di Vergarolla, avvenuta a Pola nell’agosto del 1946 (Ministerici ne ha già parlato in questo articolo ) a far scattare in Maria Pasquinelli il desiderio di vendicare gli italiani. Nel chiedere perdono alla moglie del generale ucciso, la maestra dichiarò di aver agito esclusivamente per amore del suo paese. Nel 1964, il Presidente della Repubblica Saragat, le concesse la grazia, quella stessa grazia che aveva sempre rifiutato di chiedere. Fece perdere ben presto le sue tracce tant’è che in pochi, pochissimi, sapevano chi fosse. Nella tasca del suo cappotto, quello rosso indossato il giorno dell’omicidio un biglietto dichiarava il movente con queste parole: «Mi ribello, col proposito fermo di colpire a morte chi ha la sventura di rappresentare i Quattro Grandi, i quali alla Conferenza di Parigi in oltraggio ai sensi di giustizia, di umanità e di saggezza politica, hanno deciso di strappare una volta ancora dal grembo materno le terre più sacre all’Italia».

Valentina Di Cesare



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