I più o non lo conoscono o lo conoscono in quanto padre della ben più famosa Eleonora. Eppure, Mariano IV fu il vero campione della Sardegna giudicale, colui che giunse ad un passo dall’unificazione dell’intera isola sotto la Corona d’Arborea.
Nato nel 1317, secondogenito del Giudice Ugone II, appena adolescente venne inviato dal padre, al pari dei suoi fratelli, alla corte di Alfonso IV a Barcellona per essere educato in modo consono al suo rango. Il rapporto tra gli Arborea e i Catalano-Aragonesi era basato su di un equivoco di fondo: gli Arborea consideravano gli spagnoli degli alleati per scacciare i pisani dall’isola; i Catalano-Aragonesi, ai quali era stata infeudata l’isola nel 1297 da Papa Bonifacio VIII (di fatto, il riconoscimento del diritto di invasione, data l’esistenza in Sardegna della Corona d’Arborea, dei potentati pisani e genovesi e del libero comune di Sassari, tutti poco propensi ad accettare la subalternità), vedevano negli Arborea dei vassalli, utili nella guerra contro genovesi e pisani, ma da non considerare come dei pari grado. Ad ogni buon conto, quando nel 1320 Giacomo II d’Aragona decise di iniziare la conquista effettiva della Sardegna, le due corone si allearono, avendo come priorità la cacciata dei pisani e, in seconda battuta, dei Doria genovesi. A rafforzare l’alleanza, la politica matrimoniale: lo stesso Mariano, prima di rientrare in Sardegna a seguito della morte del Giudice padre e dopo aver presenziato all’incoronazione del nuovo re d’Aragona Pietro IV il Cerimonioso, contrasse matrimonio con la nobile catalana Timbora de Roccaberti. Durante il soggiorno barcellonese, Ugone II lo aveva nominato Conte del Goceano e della Marmilla, investitura che venne ratificata da Pietro IV nel 1339, insieme al titolo catalano di Visconte di Bas.
Alla morte del padre, salì al trono giudicale il fratello Pietro III. Nel decennio di regno del fratello, Mariano si preoccupò di migliorare le condizioni sociali ed economiche dei suoi possedimenti. Avviò una politica riformatrice e attuò bonifiche agricole, risollevando le sorti dei suoi territori. Alla morte di Pietro III nel 1346, la Corona de Logu, consiglio supremo del Giudicato formato dai maggiorenti, lo elesse a capo del Regno, col nome di Mariano IV.
Nei primi anni da Giudice, Mariano non si discostò dalla politica filo aragonese dei suoi predecessori, cercando al contempo di non farsi coinvolgere più di tanto nella contesa tra Aragonesi e Doria. Mariano si limitò a soccorrere gli spagnoli nei momenti più delicati della guerra. Lo scenario cambiò quando la rivalità col fratello minore Giovanni, conte di Monteacuto e Bosa, si inasprì a causa della ritrosia di quest’ultimo ad assoggettarsi alla Corona d’Arborea, considerandosi di fatto, e non solo formalmente come Mariano, vassallo di Pietro IV il Cerimonioso. Mariano fece imprigionare il fratello e, nonostante le rimostranze del re spagnolo che considerava entrambi suoi vassalli, lo tenne incarcerato fino alla morte. Allo stesso tempo levò dallo stemma giudicale i Pali catalani, simbolo della fedeltà alla Corona spagnola, lasciandovi esclusivamente il tradizionale simbolo della casa d’Arborea, l’albero deradicato. A testimoniare ulteriormente il repentino cambio di strategia politica, diede in moglie la sua terzogenita Eleonora a Brancaleone Doria .
Iniziò in questo modo una lunga guerra tra gli ex alleati, destinata a concludersi solo con la capitolazione degli Arborea a seguito della battaglia di Sanluri nel 1409. Ma finchè fu in vita Mariano, gli aragonesi furono costantemente messi sotto scacco, ritrovandosi a dover limitare la loro occupazione alle città di Cagliari e Alghero. Solo dopo la morte di Mariano, avvenuta probabilmente per un’epidemia di peste nel 1376, i Catalano-Aragonesi riuscirono a far volgere faticosamente le sorti della contesa a loro favore. I successori di Mariano , Ugone III (assassinato in una congiura di palazzo) , Eleonora (reggente in nome dei figli Federico e Mariano) e Guglielmo III di Narbona (nipote di Beatrice, secondogenita di Mariano) tentarono di proseguire i successi militari dell’illustre predecessore, ma privi della sua abilità strategica, dovettero di fatto riportare il Giudicato nell’orbita della corona Aragonese, fino appunto alla decisiva Battaglia di Sanluri summenzionata, che indirizzò il Regno Arborense verso la sua dissoluzione, avvenuta il 17 agosto 1420 con la vendita del Regno ad Alfonso V d’Aragona.
Mariano fu un sovrano capace sotto tutti i punti di vista. Oltre alle indubbie qualità di stratega e condottiero, dimostrò lungimiranza come legislatore (a lui si deve l’ossatura del codice che, ripreso ed ampliato da Eleonora, divenne quella Carta de Logu che rimase in vigore fino alla promulgazione del Codice Feliciano nel 1827) e come riformatore in campo economico. Inoltre, fu il primo ad intuire la necessità dell’unità nazionale dei sardi come veicolo per il rafforzamento identitario.
Di lui rimane un ritratto nella cuspide centrale del Polittico di Ottana, eseguito intorno al 1340 e la raffigurazione scultorea del volto nel Duomo di San Gavino.
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