Magazine Diario personale
Ieri è successo l'impensabile. Entro da COS alle 10.01 del mattino, visualizzo una felpina nera con i riccioli al 50% di sconto, controllo la taglia, è una S, non sto neanche a provarla, vado spedita verso la cassa e.
Mi blocco. Come tante e tante volte ha cercato di insegnarmi a fare la mia mamma penso la fatidica frase: "Mi serve davvero?". Mi serve davvero. Quando mai è stato un problema. Ovvio che una felpa coi boccoli non serve davvero. Ovvio che il fatto che ne abbia già un'altra sempre di COS ma presa a prezzo pieno, con il frisè invece che coi riccioli, altresì identica, non dovrebbe essere una giustificazione per fermarmi. Anche se tutti dicono faccia cagare. Anzi, apposta la dovrei prendere.Penso che solo pochi minuti prima io e il Pelliccia stavamo facendo calcoli per la casa nuova, e ci eravamo promessi di essere accorti, Cioè, io l'avevo promesso. Avevo detto: "Figurati, amore, rinuncerò a qualcosa ma ce la facciamo". Ce la facciamo. Hai voglia. Non basta.
Quello che veramente ha il potere di fermarmi è la visualizzazione mentale del mio armadio. Un armadio ordinato. Un armadio in cui i vestiti tengono le distanze di sicurezza uno dall'altro e non si tamponano. Un armadio in cui è facile trovare le cose.
Sono reduce da un lavaggio mentale importante.
Vi ricordate quando vi avevo parlato di decluttering?
Che in questo periodo io non stia bene, penso l'abbiate capito. Se dovessi tradurre il mio malessere in una percezione fisica, direi che mi sento compressa. E poi boh, chi di voi ha nozioni di psicologia forse potrebbe dire che ho bisogno di riprendere il controllo. Mettere ordine nella mia vita e blablabla. Non lo so. So che d'un tratto si è palesata chiara e forte la necessità di fare spazio. Questa casa in cui mi sono sempre trovata bene come in un nido, d'un tratto si è fatta piccola e drammaticamente piena. In una casa piccola dove la roba è stipata, tutto è più difficile. Prendere un paio di scarpe è difficile. Trovare un libro un'impresa titanica.
Per distribuire colpe e meriti, tutto è nato da un link che mi postato la mia amica Hella su Facebook. Questo link parla di una tizia giapponese, tale Marie Kondo, che, a quanto pare, ha scoperto la ricetta magica per il riordino definitivo. Ovviamente compro il libro. Si chiama Il magico potere del riordino e promette qualcosa di fantastico, ovvero di insegnarti come riordinare una volta, e che sia per sempre. Perché per me questo è sempre stato il problema di riordinare: una giornataccia di fatica mentale e fisica per incastrare il domino perfetto, e poi l'obbligo morale di dover perseguire la stessa linea maniacale ogni santo giorno perché se no in tempo zero la casa torna l'allegro macello di sempre. Dalle mie parti, si chiamerebbe schiavitù, questa.
Marie Kondo è chiaramente una persona disturbata. Ha cominciato con la fissazione del riordino all'età di cinque anni. Cioè, mentre io giocavo con le barbie, questa metteva a posto. Pazza. Racconta la sua infanzia sociopatica con la serenità dell'accettazione, ripercorrendo le tappe che l'hanno portata ad elaborare il metodo definitivo. A quindici anni tornava da scuola con l'ansia di mettere a posto. Io con quella di vedere Paso Adelante. Vabbè. Fatto sta che adesso fa la "consulente domestica", qualunque cosa questo voglia dire, e tiene corsi strapagati a casalinghe disperate e a manager che vogliono imparare a riordinare i propri uffici. Massimo rispetto.
Il suo metodo prevede un trattamento shock: metto a posto tutto nel più breve tempo possibile (lei ti dà un massimo di sei mesi), l'effetto sarà così sconvolgente che non avrò bisogno di rifarlo mai più per il resto della vita. E non perché d'un tratto mi trasformo in una maniaca dell'ordine e della pulizia, ma perché le cose che trovano il loro posto nella tua casa, e ci stanno felici, ci ritorneranno in maniera naturale. E la tua casa ti può aiutare a tenere ordine, pace e armonia con tutti i suoi coinquilini, partendo da te e finendo con gli elastici per i capelli, la confezione di domopak o le mutande.
Stop. Mi rendo conto che occorre fare un passo indietro. La filosofia di Marie Kondo non si basa propriamente sulla convinzione che le cose abbiano un'anima (non è così pazza) ma più che altro sul fatto che vadano rispettate, come se l'avessero. Cominciando dalla nostra casa, le quattro mura che contengono tutte le nostre cianfrusaglie. Marie Kondo, quando entra in casa, tutte le volte che entra in casa, ci si mette in mezzo e la ringrazia. E' convinta che una casa felice sia più collaborativa. Magari ha ragione. Lo stesso fa con i suoi oggetti: quando si sveste, la sera, ringrazia i suoi vestiti per averle tenuto caldo, prima di riporli, ringrazia le scarpe per il loro duro lavoro e gli orecchini per averla fatta bella. Dice che ci mette cinque minuti. Non le credo nemmeno se mi porta le evidenze fotografiche. Comunque. Questo era solo per farvi capire il personaggio e il suo tipo di approccio. Il suo metodo, che ha ribattezzato metodo Konmari, gira sostanzialmente intorno a questo: animismo spiccio, insomma.
I passaggi da seguire per il metodo Konmari sono pochi e semplici. Per prima cosa, prima di iniziare è necessario chiedersi qual è lo stile di vita che idealmente desidereremmo avere nella nostra casa. Con uno sforzo immaginativo, figuratevi il tipo di casa in cui vi vedreste passare il vostro tempo con animo sereno. Se io penso alla casa dove vorrei rientrare la sera, mi viene in mente un incrocio tra una baita di montagna, con tendine ricamate a punto croce, fuoco nel camino e panche in legno, la copertina sul divano e le padelle di rame appese, e una camera d'albergo, col bagno sgombro, le tende pesanti alle finestre e pareti asettiche. Cerco di tradurre il mio inconscio interpretando l'orrore architettonico che ho in mente come il desiderio per una casa con poche cose dentro, ma allo stesso tempo calda e accogliente.
Una volta che decidete di iniziare, fuori i coglioni. E' un riordino totale. E lo so, anch'io l'ho pensato: vivo in quaranta metri quadri, non avrò mica chissà quanta roba. Sì. Ce l'avete. Perciò siate pronti, fisicamente intendo.
Si riordina per categorie e non per stanze. Sembra una cosa stupida e invece funziona perché, un'altra volta, anche se non ce ne rendiamo conto, le nostre cose sono sparse dappertutto e in maniera illogica in giro per casa. Tipo, io ho scarpe in almeno tre posti diversi. Idem i medicinali. O i libri. Raggruppate tutto quello che rientra in una categoria e cominciate da quello, così siete sicuri di non aver lasciato indietro nulla.La Maria suggerisce di cominciare coi vestiti (che sono i più facili ma anche i più abbondanti, generalmente), continuare con libri, carte, oggetti misti e finire coi ricordi, il cui sacrificio è tendenzialmente più difficile. Vi diffida dal cominciare coi ricordi, dice che non riuscirete mai ad uscirne, perché non siete abbastanza forti, quindi occhio. Se una categoria è troppo grossa, potete dividerla in sottocategorie: io ho diviso i vestiti in pezzi sopra, pezzi sotto, capispalla, intimo&calze, scarpe, borse, costumi. E ho introdotto altre categorie: trucchi, saponi et al., asciugamani, pentolame.Funziona così: prendi una categoria, tiri fuori tutto, ma tutto, lo sbatti per terra e poi, un oggetto alla volta, scegli se tenerlo o buttarlo secondo questo metodo di discriminazione altamente efficiente: "Mi dà gioia?" Sì-No, tenere-buttare. Non ridete, non è una cazzata. Funziona alla grande. E' l'unico modo per scegliere cosa veramente ci piace e ci fa piacere avere intorno e a cosa invece siamo disposti a rinunciare. Tutte quelle cose che si sono salvate dai decluttering precedenti perché forse ci rientrerò l'anno prossimo, l'ho messa poco ma è un peccato, la tengo da mettere in casa, altre scuse X, via. Vanno buttate. Non le rimetterete mai e non vi piacciono. Secondo Marie, non riusciamo a liberarci di queste cose perché o siamo attaccati al passato (mi piaceva tanto e adesso non più ma ci sono affezionata) o perché abbiamo ansia per il futuro (forse mi servirà). Io rientro in pieno nella seconda categoria, e non va bene. Lo scopo è circondarci di cose che ci piacciono e ci fanno star bene adesso, per tutto il resto non c'è spazio, ciao.La parola magica è buttare: buttare ciò che non ci piace e trovare la giusta collocazione per il resto. Non è così facile, ovviamente. Buttare le cose è permesso, ma bisogna farlo con una certa diplomazia: sono cose che ci hanno accompagnato e ci sono state probabilmente utili per un periodo, lungo o breve, della nostra vita, perciò ci è richiesto di essere per lo meno riconoscenti. Ho fatto la prima mezzora a ripetere ad alta voce cose come: "Ciao calzini, siete stati molto morbidi e caldi e vi ringrazio per aver sopportato a lungo la puzza dei miei piedi, ma purtroppo ora avete un buco sul tallone e perciò vi devo buttare. Arrivederci a presto!" Dopo il tredicesimo addio circa ho mandato a cagare la filosofia di Marie e ho cominciato a infilare stracci nel sacco nero borbottando: "Sì vabbè, grazie tante a tutti ma qui mi ci vuole fino all'estate prossima".La morale è che ho buttato via uno scatolone più cinque sacchi di roba. A me sembra tanto, ma in coscienza mi immagino la faccia severa di Marie che mi rimprovera, perché le aspettative sono di 20 -venti- sacchi per persona. Vabbè ciao, per riempire venti sacchi avrei dovuto buttare via il frigorifero e il gatto.
Una volta che hai deciso cosa tenere, lo devi rimettere al suo posto. Non semplicemente riempire ex novo i cassetti, no. Devi trovare il posto giusto per ogni cosa. Fuori dai denti, il posto dove le tue cose possano sentirsi felici. E io spero che i miei reggiseni e le mie calze si siano felici dove stanno, perché l'unica opzione alternativa sarebbe farli penzolare dal soffitto, perciò ragazzi veniamoci incontro.Ma non è finita! Quando riponi le tue cose al loro posto, è un po' come se andassero in vacanza: hanno lavorato per te e ora si devono riposare ed essere comode. E potete immaginare come l'ultima di una pila di magliette schiacciata e soffocata dalle altre compagne possa essere comoda. Come si fa, allora? Semplice, si sistemano le cose in verticale. E va beh, sui libri e raccoglitori non ho problemi, Marie, ma per i vestiti ho avuto bisogno di chiedere l'aiuto da casa.
Come piegare le magliette affinché possano essere felici secondo il metodo Konmari.
Di base, vale l'idea che i vestiti stanno meglio piegati che appesi. Però anche la Marie conviene che ci sono alcuni capi che bisogna per forza lasciar penzolare da quei brutti orpelli che sono gli appendini, ad esempio le giacche e i cappotti. E come si fa per quei vestiti su cui abbiamo qualche dubbio? Facciamo la prova: appendiamo i nostri capi e li osserviamo. Ci sembrano felici? Svolazzano gioiosamente oppure stanno belli tesi con un certo aplomb? Allora significa che dobbiamo lasciarli appesi. Altrimenti li pieghiamo. Facile eh.Ora, Marie, devo proprio confessare che ho imparato a piegare i collant con i tuo metodo, ho sistemato magliette e sciarpe in verticale, ma coi maglioni di lana giuro ho desistito. E' una stronzata, dai, Marie.
N.B. Come forse intuirete dal cassetto delle magliette, sarebbe preferibile disporre i colori dal più scuro al più chiaro. E' le giacche andrebbero sistemate dalla più lunga alla più corta. Ottimismo, raga. Rispettare entrambe le indicazioni non è stato facile, ma vi assicuro che il mio armadio adesso ha un'aria molto molto felice, credetemi.
Qual è la morale di tutto ciò? Che ovviamente non ringrazio la casa ogni volta che ci entro, né ringrazio piumino e stivali per avermi fatto compagni durante la giornata. Ma ho una casa sgombra e soprattutto un armadio in cui ci sono solo cose che mi piacciono e che metto, dove tutto è facilmente raggiungibile e non devo lottare contro squadroni di appendini per tirare fuori la camicia che mi serve tutta stropicciata. E' una sensazione bellissima e, sembra assurdo, ma davvero la vita sembra un po' più semplice. Non ho buttato via neanche un libro ma un sacco di scartoffie e riviste di cui non me ne facevo nulla, e le mie mensole sono molto più vuote e facili da spolverare. Ho schiacciato i sensi di colpa e ho buttato regali mostruosi e bomboniere inaffrontabili.
Mi sento meglio? Non tanto. Però ho risparmiato 40 euro da COS. E, cosa inaudita, non me ne sto neppure pentendo.
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