Una carriera distante giusto una virgola dal traguardo dei trent’anni e nessuna voglia di appendere il cappello al chiodo, anzi. Mariella Nava, una delle più prolifiche autrici della nostra musica, dà alle stampe il suo quindicesimo album, composto da ben 19 tracce, tutte unite da un comune divisore: Il Festival di Sanremo. Si, un disco dal titolo emblematico, “Sanremo si, Sanremo no”, dove trovare non solo le otto canzoni con cui Mariella, dal 1987 in poi, ha presenziato alla gara canora più seguita d’Italia, ma anche le tre donate ad altri artisti e soprattutto le sei che invece, nel corso degli anni, non sono state ammesse dalla commissione selezionatrice. Il tutto rieseguito per l’occasione, attualizzando suoni, pur senza snaturare l’intenzioni delle versioni originali. Insomma se non è un best, poco ci manca, visto che Mariella attorno al Festival ci ha girato non poco. Così “Sanremo si, Sanremo no”, diventa un’occasione per riscoprire la sensibilità di questa forse mai troppo premiata autrice, alchimista della parola ed artigiana di melodie nate dal suo piano; mai banale nei testi ma allo stesso tempo mai spocchiosa nei confronti della semplicità. Basti pensare a brani come “Così è la vita”, che la vide salire sul podio di un Festival agguerritissimo, in cui si racconta nitidamente lo scorrere del vivere quotidiano, di avvenimenti che si snodano come bivi e binari di scambio, di preghiere e tentazioni, del tentativo di volare alto e le cadute rovinose verso il basso, delle speranze disattese, già sostituite da altre pronte dietro la porta, o ancora “Terra mia”, che usando il dialetto tarantino nell’inciso, rafforza l’idea dell’appartenenza ad una terra, quella Puglia orgogliosa, che vessata come quasi tutti i sud del mondo, trova sempre la dignità e la forza per farsi sentire viva, attraverso la sua gente.
Ci sono anche la primissima “Fai piano”, con cui Mariella debuttò arrivando ottava tra le nuove proposte, la difficile “Gli uomini” del 1991, la veritiera “Mendicante” del 1992, all’epoca contenuta nell’album “Mendicante ed altre storie” che fu il primo della nostra a raggiungere la chart e “Il cuore mio” di dieci anni dopo, squarcio ritmato e insieme poetico di assonanze ed immagini a cui paragonare se stessa, i propri sentimenti, il cuore suo, per l’appunto. Ma in “Sanremo si, Sanremo no”, c’è spazio, come segnalato, anche per brani portati al Festival da altri ed a cui Mariella come figliol prodighi sembra riaprire le porte di casa; impossibile non citare “Spalle al muro”, che Renato Zero rese magicamente nel 1991 o “Come mi vuoi” del 1989, che entrò senza troppa difficoltà nel repertorio di un grande, ma ( anche in questo caso ) mai troppo premiato Eduardo De Crescenzo. Menzione particolare per un piccolo gioiello tra i gioielli va altresì a “Per amore”, canzone portata nel 1995 nelle nuove proposte da tale Paola Angeli e segata alla prima serata. Impossibile però che un brano così bello, così puro nelle sue linee melodiche, rimanesse tra i vorrei ma non posso e difatti Andrea Bocelli, che in quel festival c’era, se lo riprese subito, inserendolo in “Romanza” dell’anno dopo, facendone un singolo per l’estero e finendo in quasi 24 milioni di case. Oro per una composizione che il suo luccichio lo meritava eccome, ed anche fango per qualche altra che avrebbe meritato altrettanto. Tra i pezzi che infatti subirono dei no da parte della commissione selezionatrice, c’è anche quello a che a nostro avviso è una vera perla nella carriera della cantautrice pugliese, ovvero “Dimmi che mi vuoi bene” del 1998. E ci rifiutiamo di credere che ci siano menti tanto supreme, orecchie tanto sopraffine da ritenere un pezzo del genere non idoneo al palco dell’Ariston; ci rifiutiamo sperando letteralmente che i motivi siano stati altri, magari che esulino dalla parola musica, soprattutto se si cerca quella bella, perchè “Dimmi che mi vuoi bene” è addir poco disarmante in tal senso. Bel gioco di percussioni, fuse alle chitarre, che fanno molto serenata sul muretto di un paese a picco sul mare, in quelle sere d’estate in cui però hai bisogno del giubbinetto sulle spalle, ed un testo, sipario aperto sull’amore, quello incondizionato, quello in cui faresti tutto, realizzeresti qualsiasi cosa per l’altro ed in cambio vuoi solo “un porto dove attraccare” perchè “è bello se mi guardi, se mi custodirai, dimmi che mi vuoi bene, bene, bene”… gridato, devo sentirlo. Eviteremo di andare a riguardare chi c’era in gara a quel Festival per evitare di manifestare in lingue morte. Completano il tutto due inediti che spianano la strada al presente di Mariella Nava, al nuovo che resta fedele alle suo passato, pur senza sembrare mai già sentito.
Sette 1/2