I poeti danno le loro prove migliori quando si mettono vicinissimi alle cose e ne vengono investiti nell'ora della forma.
La vicinanza costringe a fare i conti con la maschera, che è la forma per eccellenza, in tutte le sue varianti, quella sociale in primis.
Cosa succede se togliamo la maschera? Assistiamo alla morte di qualcuno, forse persino di noi stessi. Oppure: se muore qualcuno, o noi stessi, improvvisamente ci troviamo denudati, traditi dai nostri stessi trucchi.
Sta di fatto che molti poeti hanno dato le loro prove migliori quando si sono trovati a parlare della scomparsa di qualcuno che ci è vicinissimo - molti libri di questi ultimi anni sono da annoverare nel territorio distruttivo, eppure fertilissimo, di questa perdita -.
Cosa succede, in questi libri, alla parola? Succede che non può più tornare indietro, che è costretta ad attraversare tutte le categorie e a farsene attraversare. Non le interessano più gli infiniti altarini delle polemiche, delle scuole, delle sporche contorsioni spacciate per impegno; è costretta in uno spazio limitato pericolosissimo dentro al quale deve trovare un modo di stare, di sopravvivere a se stessa, pena il soffocamento. É nuda perché è fuori dal tempo - questo vuol dire sparire, morire: uscire dal tempo -. Perché la parola non è più sociale, non è più nostra, non è più. Io guardo il viso della parola e vedo che essa mi sta guardando dallo spazio scostato di Silvia, dalle lapidi greche del quinto secolo. La parola è diventata "poca", il poco cibo che ci serve per sopravvivere, per non cadere totalmente nell'assenza. É lì, come un povero, come un altare delle offerte, come un richiamo al primo suono dell'universo.
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Ritrovo il tema della perdita in queste belle poesie di Marina Agostinacchio in cui, a un certo punto, troviamo la citazione di un tema musicale:
Ultimo giornoSono andati? Fingevo di dormire
perché volli con te sola restare.
Ho tante cose che ti voglio dire,
o una sola, ma grande come il mare,
come il mare profonda ed infinita...
Sei il mio amore e tutta la mia vita!
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Ti sei stesa su me, seno con seno.
Volto comprime il volto. Rosso e nero
Capello, capello, strettoia, grido.
Piano vita, il nido. Ti ho liberata