Fa sempre piacere vedere delle giovani autrici emergenti riuscire a sfondare e vedersi pubblicato il loro primo romanzo da grandi case editrici o addirittura veder poi la trasposizione cinematografica. Io in particolare associo Silvia Avallone, che è una di queste, a Valentina D’Urbano di cui parlavo qualche giorno fa qui. E se spesso la scrittura di queste autrici alle prime armi può risultare ancora acerba e lo stile piuttosto impersonale, abbiamo l’indubbio vantaggio di goderci appieno la trama, spesso originale, giovanile e intrigante.
Non si tratta però del caso del secondo romanzo della Avallone, Marina Bellezza, che delude proprio sul piano della trama e perciò resta ben poco da salvare. Se la D’Urbano è riuscita a dissociarsi del tutto dal primo romanzo e crearne uno così diverso e particolare, la Avallone fa lo stesso tentativo ma peggiorando la situazione che trovavamo in Acciaio.
Questi i fattori che in Marina Bellezza proprio non mi sono andati giù:
- questi romanzi sono belli perché leggeri e veloci da leggere, qui si ritrova pesantezza, pochi avvenimenti da narrare e più di 500 pagine da sopportare;
- parlare del nulla in tante pagine non è facile e infatti ci ritroviamo scene ripetitive e seghe mentali inenarrabili dei personaggi;
- loro, i personaggi, sono scialbi e poco strutturati, in particolare la protagonista, prototipo della moderna velina oca ma giustificata da problemi familiari alle spalle, viene così in odio al lettore da recargli quasi fastidio la lettura;
- la banalità di certe situazioni come l’innamoramento dell’amica della ex ignorando il fatto che lo sia, il mondo della televisione brutto e cattivo, la madre alcolizzata e il padre che non c’è mai, la protagonista fighissima/bravissima/incredibilissima/…issima bionda alta e bella che ottiene il successo.
Poi qualche cosa di positivo nel mezzo c’è, per esempio il coraggio di ammettere che le cose stanno andando male in Italia, che le fabbriche chiudono e i capannoni restano vuoti al contrario di tanti autori che descrivono personaggi con stipendi a quattro zeri, ville sensazionali e splendide auto (alla facciazza nostra!) -> vedi Le affinità alchemiche di Gaia Coltorti. L’autrice auspica ad un ritorno alla campagna, al lavoro manuale e nei campi, tutto molto nobile e vero ma alla lunga un pochino banale.
Direi comunque che abbastanza esaltata da Acciaio, credevo in qualcosa di meglio, soprattutto visto che è ambientato a pochi km da casa mia! ;)
Voto: ★★✰ ✰ ✰ e mezza!
♫♪ Someone else’s bed – Hole
Lui avrebbe saputo, sempre, dov’è il cielo, e dov’è la terra, e come riesce ad assottigliarsi a certe ore dell’alba, sulla piana dei narcisi del Monte Cucco, la linea di confine tra i due mondi. Alla fine della Storia c’è un salto nel buio. E bisogna saltare.