Marina Cvetaeva
* * *
Con gli occhi rivolti a terra
Vai, a me somigliante.
Anch’io li ho abbassati!
Fermati, o viandante!
Leggi – un mazzetto di viole
E papaveri spiccato –
Che mi chiamavo Marina
E quanti anni m’han donato.
Non pensare – qui c’è una tomba,
E che possa apparirti, adesso…
Io stessa troppo amavo
Ridere se non è permesso!
E il sangue scorreva in me,
I miei ricci eran ghirlande…
Viandante, anch’io ero!
Oh, fermati un istante!
Cogli un selvatico rametto
Di rosse bacche per te, -
Della fragola di cimitero
Una più dolce non c’è.
Non tenere la testa china,
Lascia il tuo cupo pensiero.
A cuor leggero pensami,
Dimenticami a cuor leggero.
Sei tutto inondato di luce!
Sei in una polvere d’oro…
- Oh, che non turbi il tuo cuore
La mia voce dal sottosuolo.
Koktebel’, 3 maggio 1913
* * *
Più capiente d’un organo e più sonoro d’un tamburo
Di’ – una volta per sempre:
“Oh” – quando va a stento, “ah” – quando va a meraviglia,
“Eh” – quando non si riesce!
Ah dall’empireo e oh dal campo arato
E ammetti, o poeta,
Che oltre a questi ah, oh,
Nella musa altro non trovi.
La più satura rima
Dell’intimo, il tono più basso.
Così – davanti a Sulamite che arrossiva
Ah! Esclamò Salomone.
Ah – il cuore che si spezza,
La sillaba nella quale si muore.
Ah – il sipario d’un tratto calato,
Oh – un collare da tiro.
Cercatore di parole, drudo verbale,
Scoperto rubinetto di parole!
Eh, sentissi una volta almeno –
Che ah di notte da un bivacco polovesiano!
E s’è piegato, è balzato come belva,
Nei muschi, in una pelliccia sonora…
Ah – è un intero campo gitano!
E con la luna in alto!
Ecco un puledro che mostra i denti a modo suo,
Nitrisce, pregustando la corsa.
Ecco, s’imbatte in un teschio di cavallo,
E ordina Olèg un canto
A Puškin! E – ardendo nel volo –
Nelle eroiche tenebre –
Inarrestabili esclamazioni della carne:
Oh! Eh! Ah!
23 dicembre 1924
(Versione di Paolo Statuti)
(C) by Paolo Statuti