I marinai, furono degni “assi” del primo conflitto mondiale e compirono la loro efficace opera sul mare, ma anche a terra insieme ai bersaglieri e alla fanteria. Dopo la disfatta di Caporetto, reparti di marinai furono inviati a terra, per proteggere Venezia. Al termine della guerra, il Reggimento, al quale Venezia aveva voluto dare la propria bandiera con il leone di San Marco, assunse il nome di Reggimento Marina San Marco e, ancora oggi, i Fucilieri di Marina sono inquadrati in tale reggimento.
Tra le più importanti operazioni della Regia Marina vi fu l’opera di salvataggio prestata in aiuto allo sconfitto esercito serbo. Le stime dei soldati a cui fu portato soccorso vanno dai 150.000 ai 250.000, difficile stabilirne il numero esatto, certo è che mentre i Serbi si ritiravano verso le coste balcaniche vennero raccolti dalle navi italiane che salvarono soldati e tonnellate di materiale.
La marina italiana, era forte di 13 corazzate, 25 incrociatori, 25 cacciatorpediniere, 59 torpediniere e 21 sommergibili. Le principali basi navali erano a Venezia e Brindisi, ma il grosso della flotta era concentrato a Taranto porto più riparato e protetto. Durante il primo conflitto mondiale, a differenza del secondo , furono diverse le operazioni in cui si fece onore la nostra Marina.
Nel 1917, nella notte tra il 9 e il 10 dicembre, Luigi Rizzo penetrò con due MAS nella rada di Trieste e assalì con i siluri le corazzate Budapest e Wien, quest’ultima fu colpita e affondata. A Rizzo venne riconosciuta una medaglia d’oro al valor militare e maggiore fu il riconoscimento per il successo, in quanto le stesse, circa un mese prima, erano state attaccate senza esito mentre bombardavano batterie della marina italiana a Cortellazzo.
Durante il 1918, ultimo anno di guerra, fra gli episodi di rilievo che videro protagonisti uomini della marina italiana, si ricorda:
• In febbraio tre MAS al comando di Costanzo Ciano penetrarono nella base navale di Buccari. Le reti parasiluri impedirono l’attacco e il danneggiamento delle unità ancorate in porto, ma non impedirono ai nostri di prendersi una rivalsa di grande risonanza. All’azione partecipava anche Gabriele D’annunzio, salito sul Mas di Rizzo che lasciò un messaggio di scherno:
“In onta alla cautissima Flotta austriaca occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa, sono venuti col ferro e col fuoco a scuotere la prudenza nel suo più comodo rifugio i Marinai d’Italia, che si ridono d’ogni sorta di reti e di sbarre, pronti sempre ad osare l’inosabile. E un buon compagno, ben noto, il nemico capitale, fra tutti i nemici il nemicissimo, quello di Pola e di Cattaro, è venuto con loro a beffarsi della taglia”.
L’impresa denominata poi la beffa di Buccari, anche se non produsse effetti ai fini militari, ebbe grande importanza, perché ne produsse ai fini del morale delle truppe in una guerra in cui cominciavano ad acquisire gravità e peso gli aspetti psicologici. Uno dei MAS che parteciparono alla spedizione si può vedere oggi esposto nelle sale del Vittoriale degli Italiani, sul Lago di Garda.
• All’alba del 10 giugno 1918 due corazzate austriache furono inviate a forzare il blocco navale del canale d’ Otranto. Nei pressi di Premuda, furono intercettate da due Mas, sempre sotto il comando di Luigi Rizzo. Due siluri colpirono e mandarono a picco una delle due corazzate la Szent Istva. La nave, che doveva il suo nome a Santo Stefano d’Ungheria affondò in sole tre ore con a bordo 89 marinai. L’altra corazzata soccorse i naufraghi, mentre i Mas si dileguarono.
• Nella notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre Raffaele Rossetti e Raffaele Paolucci penetrarono a nuoto nel porto di Pola spingendo uno speciale ordigno chiamato «mignatta» che applicarono alla carena della corazzata Viribus Unitis, facendola saltare in aria.
• E infine l’ azione che, scrissero allora i giornali italiani, fu una delle più ardite e che compare nella vignetta di cui sopra. Si deve tener presente che fu ostacolata da eccezionali sbarramenti collocati nel porto, costellato di banchi di torpedini, mine subacquee esplodenti all’urto, di potenti riflettori e vigilanza continua. Era la notte del 14 maggio 1918 quando il comandante Pellegrini con alcuni suoi compagni, superati gli sbarramenti entrò nel porto di Pola, per una importantissima missione che prevedeva l’affondamento di un’altra colossale nave da guerra nemica, del tipo Viribus Unitis. Si erano convenuti speciali segnalazioni luminose per far conoscere l’esito dell’impresa, poiché era prevedibile che il comandante Pellegrini e i suoi compagni, il secondo capo torpediniere silurista Milani, il marinaio scelto Angelini e il fuochista scelto Corrias, avrebbero potuto non fare ritorno. Avevano infatti ordine di distruggere la loro imbarcazione e di gettarsi in acqua a missione compiuta. L’operazione si svolse precisamente come stabilito, si avvertirono distintamente due cupe esplosioni e, quando iniziarono i fuochi di difesa dell’artiglieria nemica, fu chiaramente visto dal largo il razzo illuminante col quale il comandante Pellegrini comunicava “Ho silurato una nave”, subito seguito da un altro che significava: “Distruggo la mia imbarcazione, Ogni opera di soccorso è inutile”. Non vi furono dubbi che la missione avesse avuto esito positivo e solo più tardi si seppe che il comandante e i suoi valorosi compagni erano stati fatti prigionieri. A tutto l’equipaggio fu concessa la medaglia d’oro al valor militare.