Mario Calabresi, direttore de La Stampa e presto al timone del Corriere, scende in campo contro la movida selvaggia

Creato il 15 luglio 2013 da Claudiober

Il direttore dell Stampa rompe gli indugi e polemizza dalle colonne del giornale torinese contro i sostenitori dello sballo, della malamovida, dei bar che vendono alcol ai minorenni di notte all’insegna de: ” la città deve vivere di notte”. Torino, Milano, Roma, Firenze… migliaia di giovanissimi ubriachi , mandrie di alcolizzati e impasticcati vagano fino all’alba  sotto le finestre di migliaia di residenti insonni.. E  centinaia di picciotti delle organizzazioni criminali dietro i banconi di bar abusivi, nel disinteresse totale delle istituzioni…Ecco l’intervento  di Calabresi: si spera che , quando diventerà direttore del Corriere della Sera, salverà dalla mattanza della malamovida  le migliaia di famiglie e di anziani milanesi costretti a lasciare i loro quartieri  a causa dei bar che gestiscono la malamovida.: Certamente Calabresi, come non fa De Bortoli che si interessa solo di spread,  scatenerà i suoi reporter per stimolare con appropriate inchieste Prefetto e capo dei VigiliUrbani , inefficienti e dormienti e sordi verso  una città che invoca la legge.

Da tempo le proteste, le lettere e le discussioni sulla movida si moltiplicano, arrivando a sfiorare vere e proprie guerre di religione tra favorevoli e contrari. Il fenomeno però è nazionale, condiviso e sentito a Roma nella zona di Campo de’ Fiori come a Milano sui Navigli, al Ticinese o nell’area di Corso Sempione e in molte altre città. Quando una zona diventa di moda, improvvisamente si moltiplicano i locali e la natura di un intero quartiere viene stravolta in brevissimo tempo.  Non tutta la socialità è portatrice di valori positivi, quando lo stare insieme è solo all’insegna dell’alcool a bassissimo prezzo e assume in fretta tratti vandalici allora non è più tollerabile. In questo divertimento «ultrà» ci sono sempre più elementi penalizzanti: nei confronti dei residenti, nei confronti di chi vorrebbe divertirsi senza tensioni e aggressività e nei confronti del paesaggio urbano che spesso all’alba appare desolato e deturpato.  E’ evidente che è necessario un passo indietro, che non ci riporti ad un inquietante silenzio ma che rimetta al centro concetti elementari di civiltà e di rispetto”.  

LA LETTERA PUBBLICATA DA LA STAMPA

Gentile Direttore, vivo a San Salvario con mio figlio di otto anni. Scrivo perché trovo intollerabile la caricatura dei residenti del quartiere fatta più volte dalle redazioni torinesi di Stampa e Repubblica in occasione di articoli sulla movida. La caricatura si fonda sempre su una logica difettosa che contrappone le preferenze di residenti rétro, restii ai cambiamenti, sostanzialmente disinteressati al bene del quartiere e alle forme di socialità e cultura attribuite alla movida, al bene privato e collettivo che la proliferazione dei locali avrebbe generato nel quartiere risanandolo dal crimine, rendendolo più sicuro e riqualificandone in genere l’offerta culturale.  Questa rappresentazione è falsa e faziosa, frutto di insufficiente frequentazione del quartiere o di un’osservazione superficiale dei fenomeni che vi si manifestano. E’ falsa perché si basa sul presupposto indimostrato che la movida sia di per sé portatrice di cultura, di socialità, e di benessere materiale e immateriale al quartiere e ai suoi abitanti, ed è faziosa perché tende a creare una rappresentazione eccessivamente positiva del fenomeno come bene pubblico (fa bene a tutti) e, simultaneamente, a sottovalutarne gli effetti nocivi. Ciò contribuisce a creare un’opinione diffusa sui benefici della movida, e questa opinione che diventa luogo comune consente agli amministratori e alle istituzioni finalizzate al governo e alla protezione dell’interesse collettivo e dei diritti dei cittadini di trascurare i danni e i problemi reali e di ordine pubblico derivanti dalla costante violazione delle leggi connessa a questa movida. Violazioni intollerabili e non tollerate altrove.  Per noi residenti disperati, i cori da stadio alle 3 di notte, le sfilze di «minchia porca puttana che cazzo vuoi ti faccio un culo così scendi minchia scendi» urlati abitualmente sotto le nostre finestre non sono segnali della cultura che desideriamo proporre, difendere, disseminare e condividere, ma semmai sintomo di un profondo impoverimento lessicale, espressivo, culturale, relazionale e sociale, sintomi cioè di fenomeni che ci impegniamo a contrastare. Del resto, bisogna avere una nozione di cultura e di socialità immensamente impoverite, o una scaltra vocazione alla menzogna per confondere così goffamente e deliberatamente l’idea di cultura con le porcherie, la sporcizia, il rumore e la violenza che quotidianamente, dal lunedì alla domenica, dalle 21 alle 4, si manifestano tra le vie di San Salvario, da marzo a dicembre.  Noi residenti disperati amiamo il quartiere e la sua cultura, la condividiamo e la promuoviamo sostenendo attivamente le molte iniziative e attività sociali e culturali presenti, come Scuole, biblioteche, case editrici, associazioni culturali come ASAI, Casa del Quartiere, Promotrice delle Belle Arti, librerie, Cineteatro Baretti, oltreché frequentando quotidianamente i molti ristoranti, caffè, negozi, bar e sostenendo le attività artigianali.  Ma tutte queste attività connesse in vario modo alla creazione di socialità e cultura come beni pubblici condivisi, fondati sul rispetto dei diritti degli individui e della collettività e fondamentali alla conservazione del tessuto sociale e del patrimonio urbano non coincidono certo con la vendita di alcolici a prezzi stracciati (un chupito, un euro; una sangria, un euro) fino a tarda notte. L’unica socialità che il commercio senza regole favorisce è quella della sbronza, del fumo, delle urla e dei cori da sbronzi da stadio, che sono la vera colonna sonora di questa interminabile stagione dei dehors torinesi, insieme alle strombazzate per le automobili parcheggiate in doppia fila o davanti ai passi carrai, alle minacce e alle zuffe tra bande di spacciatori, tra movidari ubriachi e molesti e malcapitati residenti, e addirittura tra cani molesti di movidari molesti che movidano anche i loro animali, meglio se grandi, grossi, e mastini, tanto perché si possa cogliere anche la dimensione antropologica del fenomeno. Per non dire di quanto questi atteggiamenti danneggino chi da anni ha investito in attività economiche nel quartiere.  Basta osservare da vicino, direttamente: invito chi volesse verificare di persona i danni da «socialità e cultura» prodotti da questa movida a trascorrere una settimana a casa mia, a dormire nella mia stanza da letto o in quella di mio figlio, in modo da provare non solo l’ebbrezza dei nostri sonni interrotti o impossibili, ma anche la passeggiata del mattino per andare a scuola, quando, insieme a noi, potrebbe farsi il giro dell’isolato scartando dehors lerci e pieni di mozziconi, siringhe e altri rifiuti (una delle tante falsità sulla movida torinese ripete che essa sia antidoto alla droga e al suo spaccio; un’altra è quella che recita che la movida crea lavoro. La quantità documentata di siringhe ricomparse per le vie di San Salvario dopo un ventennio di assenza e le irregolarità fiscali e del lavoro documentate dai vigili urbani smentiscono platealmente entrambe). Il fortunato potrebbe inoltre, sempre con noi, evitare vomitate, vetri rotti e apprezzare il meraviglioso puzzo di orina che accompagna la splendida passeggiata mattutina, e divertirsi a scartare tutte le deiezioni canine, umane, e extraumane che accompagnano il nostro risveglio dopo un brevissimo sonno di circa tre-quattro ore, a seconda della serata. Perché i conti si fanno così: posto che il rumore si dirada verso le tre-quattro del mattino, e che per arrivare a scuola in tempo bisogna alzarsi tra le 7 e le 7 e mezza per essere in classe alle 8 o alle 8 e mezza, le ore di riposo scendono clamorosamente a 3 o 4.  Una settimana. Forse, a quel punto, la frequentazione assidua del quartiere e l’osservazione diretta e ravvicinata del fenomeno dissuaderebbero anche il più entusiasta degli sprovveduti sostenitori della movida dal proclamarla riqualificatrice di San Salvario. 

Cristina I.


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