Com'è nata la collaborazione con Daniela Scognamillo e Campogrande Concept? E' stato un amico comune a presentarci. Un incontro occasionale. Il mio progetto era già iniziato, avevo in mente le idee per la collezione. Daniela ha creduto in me ed ha incanalato le mie energie. Così il lavoro è decollato. Ed ora eccomi qua con questa capsule collection, dove ognuno dei dieci capi è nato volta per volta in stretta collaborazione con Daniela. Potremmo definire tutto il processo un work in progress.
E dunque quale è stata l'ispirazione? Un quadro di Giacomo Balla. “Trasformazione forme-spiriti” è il nome dell'opera. Non solo mi è stato d'ispirazione, ma ho anche estrapolato alcuni elementi dal quadro e li ho trasformati in accessori d'argento negli abiti.
Mi par di capire che è stato fondamentale per la nuova collezione il tuo legame con il Futurismo, intendo per le linee e le geometrie. Assolutamente si, il Futurismo è un periodo storico che in qualche modo ho voluto raccontare attraverso questa collezione. Gli anni tra fine Ottocento e inizio Novecento erano un periodo di grandedinamismo, ribellione e distacco dal passato. Nel Futurismo ho ritrovato ciò che io stesso stavo vivendo. Era così che mi sentivo quando ho iniziato a lavorare alla collezione. Avevo voglia di buttarmi dentro il mondo, avevo bisogno di rivolta e di ricostruzione.
Anche la scelta cromatica ha risposto a questa tua interiorità? Certo. All'inizio doveva essere una collezione totalmente nera, con tocchi di argento come punti di luce. Poi ho capito era meglio dare più movimento ai capi ed ho aggiunto il bianco.
Movimento. Di nuovo torniamo al Futurismo. Si, ma c'è molto altro. Maschere africane ed elementi naturalistici, come le foglie d'edera immerse nell'argento 925 che ho inserito negli abiti. Oppure quella che io chiamo “la nuova staffa”, che è una rivisitazione in 3D della foglia di felce. Ogni capo ha la sua storia, e tutti insieme ne raccontano un'altra. Questo è un dato fondamentale per il mio mestiere. Raccontare una storia e inanellarne una di seguito all’altra.
Anche la tua campagna immagini racconta una storia. Due anzi. Quella di San Sebastiano e poi Icaro. Più che storie sono provocazioni. In modo particolare il San Sebastiano. Ad un certo punto avevo tutti contro di me, tranne Daniela ovviamente. Gli altri credevano che in un momento come questo fosse una pazzia lanciarsi in una produzione di capi unici e con una così alta lavorazione. Ma come san Sebastiano ho continuato a combattere nonostante le frecce.
Parlando della lavorazione: i capi racchiudono anche la tua storia geografica. Esatto. La loro produzione si è svolta tra Lombardia, Emilia Romagna e Calabria. Con gli orafi lombardi ho realizzato i dettagli in argento, in Emilia Romagna tutto la confezione dei capi mentre in Calabria, la mia terra natale, ho fatto eseguire i ricami a filo “filza”. E di questa parte del processo vado molto fiero. Ho grande rispetto per le mie origini ed è stato un piacere poter dare lavoro a tante persone della mia regione. Tutte le tecniche utilizzate, infatti, appartengono alla tradizione calabra per la lavorazione dei corredi. Io ho cambiato i filati e riadattato i ricami al tipo di abbigliamento.
Progetti futuri? Innanzitutto presentare la capsule a nuovi mercati, come Cina ed Emirati Arabi. Poi lanciare una linea di accessori partendo dai dettagli degli abiti e completare la capsule per farla diventare una collezione completa. Abbiamo anche in cantiere un progetto per l'ArteFiera 2014.
Pensate di continuare le presentazioni nella modalità “a salotto” come qui a Palazzo Pepoli Campogrande oppure tornare su binari più convenzionali? Vogliamo superare la distribuzione su larga scala, oggi anche indebolita dalla rivoluzione dello shopping online. In risposta puntiamo sul recupero del defilé privato. Come gli studi sartoriali di una volta. Ormai il mondo della moda sta perdendo il contatto col consumatore. Ma la bellezza di poter spiegare gli abiti, di farli toccare al cliente è un lusso bellissimo che non deve essere dimenticato. Qui a palazzo Pepoli Campogrande ho sperimentato anche io il piacere di vedere persone interessarsi agli abiti, rigirarli, studiarli, toccarli, conoscerli. *
XVII-century frescoes, contemporary paintings, “Pioggia nel pineto” hanging on the walls of a sitting room. The silence of Pepoli Campogrande Palace. Here in the Campogrande Concepthall of Mirrors Mario Costantino Triolo, a fashion designer of huge talent and culture, shows his capsule collection “10For...”.Proud of his made-in-Italy works, he told us about his story on his ate-couture garments.
How was the collaboration between you and Daniela Scognamillo of Campogrande Concept born? A friend of us introduced each other. It was an occasional encounter. My work had already begun and I was already gathering my ideas for the collection. She believed in me and channeled my energies. So the project took off. And now here I am with my capsule collection, where each and everyone of the garments was born a little at the time in tight collaboration whit Daniela. We can say it was and still is a work in progress.
So what was the inspiration? A painting by Giacomo Balla. “Trasformazione forme-spiriti” is its name. And it wasn't only the inspiration. I also took some elements from the canvas and turned them into silver accessories for my dresses.
It seems that your connection with Futurism was extremely important, particularly for lines and structures. Absolutely yes, Futurism is a historical period that I wanted to describe throughout my collection. The years between XIX and XX centuries were full of dynamism, rebellion and detachment from the past. In Futurism I found what I was living myself. I felt that same way while I was making the collection. I wanted to throw myself into the world, I needed revolution and restoration.
Was the chromatic choice based on the same fellings you had inside? Of course. At the beginning I wanted it in total black with silver as the only lighting. Then I understood I needed more movement and I used the white.
Movement. We return to Futurism. Yes but there's a lot more in my collection. African masks and natural elements such as ivy leaves plunged into silver 925. Or what I like to call the “new stirrup”, which is a 3D interpretation of a fern leave. Every garment has its story and all together they tell another one. I think the most important thing for an artist is to tell a story.
Your photo campaign also tells a story. Well, two. The story of Saint Sebastian and then Icaro's one. More than stories they are provocations. Saint Sebastian's one in particular. There was a moment in which I found everyone was against me, except Daniela of course. The others believed it was a foolish act to start a collection like this. But I kept on fighting, just like Saint Sebastian.
Now talking about the manufacturing: these garments contain also your geographic history. Exactly. The production of them happened between Lombardy, Emilia Romagna and Calabria. I made the silver details with goldsmiths from Lombardy, all the tailoring in Emilia Romagna and I had the embroideries done in Calabria, which is my native land. And I am so proud of this last part of the process. I truly respect my origins and my cultural heritage and it was a real pleasure to give work to a lot of compatriots. And all the techniques I used for the needleworks belong to the traditional trousseau manufacturing. I just changed the yarns and updated the embroideries to match the fabrics.
Any future project? First of all to bring the capsule into new markets, like China and United Arab Emirates. Then to launch an accessories collection starting from the details of the dresses and finish the capsule in order to have a complete collection. We are also thinking about a project for 2014 ArteFiera.
Do you think to keep on presenting the line in this way, as a “sitting room exhibition” or return onto traditional platforms? We want to overpass the large-scale distribution, which is also weakened by online shopping nowadays. We want to return to the idea of long gone fashion design studio, today the fashion world is losing contact with the costumers. But it wonderful to be able to explain the dresses, to let the client touch them. Here in Pepoli Campogrande Palace I also had the pleasure to see people get interested into my garments, turn them around, touch and study them.