1934: Santificazione di Don Bosco
Nasce a Torino il 12 maggio 1871. Alla morte del padre nel 1887, interrompe gli studi per impiegarsi nelle FS. Nel 1889 appena diciottenne, con una macchina per lastre di piccolo formato, documenta un'escursione sul Gran San Bernardo. Il binomio fotografia-montagna diviene un costante interesse destinato a durare fino agli anni Venti. Nel 1894 diventa socio dell'Unione escursionisti torinesi UET che aveva come scopo l'organizzazione di gite in montagna e visite di città e monumenti di interesse artistico.
Grazie a questa frequentazione dell'UET, la sua attività fotografica assume veste professionale. Nel 1898 consolida l'interesse per la fotografia di montagna iscrivendosi al CAI. La montagna soprattutto d‘ inverno diviene per lui un tema appassionante e illustra con le sue foto molti numeri del Bollettino del CAI, che sceglie una sua immagine del gruppo del monte Rosa per una serie di cartoline All’ inizio del Novecento con le sue fotografie di montagna ottiene dei riconoscimenti ufficiali: due sono pubblicate in un numero monografico della Gazzetta del Popolo, molte altre entrano a far parte della collezione dell'alpinista Agostino Ferrari (1869-1935), medico e alpinista torinese, altre ancora sono impiegate per illustrare guide turistiche. In questo settore ha come maestro ideale, il fotografo Vittorio Sella (1859-1943) uno dei pionieri della fotografia di montagna. Solitarie figure di alpinisti divengono il termine di paragone fra l’uomo e la grandezza della natura e dei suoi fenomeni. Poco prima del 1920 abbandona la fotografia di montagna, ma le sue immagini rimangono negli anni Trenta un indispensabile corredo di testi specialistici e scientifici. Terminato l’interesse per le vedute alpine si rivolge verso il paesaggio urbano.
1934: La giostra Zeppelin
Nel nuovo filone espressivo viene introdotto dall'ingegnere Riccardo Brayda (1846-1911) esperto di restauro architettonico e socio dell'UET dal 1898. All’ inizio del 1900 il suo repertorio fotografico traccia un itinerario completo degli interessi del Brayda, focalizzati sul medioevo piemontese e dalla provincia l'obiettivo si sposta su Torino enel 1900 prende parte, come socio dell'UET, alla Prima Esposizione nazionale della Società fotografica Subalpina, che si tiene nei locali della Società Promotrice delle Belle Arti: grazie a una serie di 84 fotografie intitolate Torino che scompare (raccolta che riscosse grande successo di pubblico e stampa) vince il premio di 200 lire messo in palio dal Municipio. In questo lavoro racconta con interesse documentario una città dall'atmosfera deamicisiana, con i suoi cortili bui e le modeste case a ballatoio, i borghi con le lavandaie e i canali nella zona del Balôn, luoghi e modelli di vita che andavano sparendo, la curiosità per il nuovo e per le trasformazioni urbane. L'album con 89 immagini delle architetture effimere costruite per l'Esposizione nazionale italiana tenutasi a Torino nel 1898 dà la misura del suo atteggiamento positivista nei confronti del progresso. L'interesse per le nuove tecnologie si esprime in una piccola serie di immagini sui periodi di costruzione di un gasometro della Società italiana gas a Torino (1898) e nella veduta del Ponte in ferro (ponte Maria Teresa) al primo inizio dei lavori pel nuovo ponte (1903). La curiosità scientifica trova conferma con un album dedicato all'Esposizione internazionale del lavoro nel 1911 e alimenta, in ambito professionale, la sperimentazione di nuove tecniche: dall'uso del lampo di magnesio alla stampa su carte diverse, ai viraggi.1933: sottopassaggio del Lingotto
Oltre a sviluppare questi interessi affronta per la prima volta nel 1923 il tema degli alberi in fiore, al quale si dedica per tutti gli anni Venti. Questo argomento verrà sostituito negli anni Trenta dalle nature morte. Ma l'attività ormai prevalente era quella della documentazione urbana, iniziata nel 1910, con una prima raccolta di immagini di architettura e vedute torinesi, e proseguita da serie monotematiche, come quella su portoni eportali (dal 1925). La sequenza cronologica dei reportages architettonici conferma l'attenzione per il dibattito del tempo sul tema del "linguaggio nazionale" nelle arti di cui ne seguì le fasi, partendo dal gotico, sulla scia del modello dell'Esposizione nazionale di Torino del 1884, passando attraverso il barocco, documentato nella Esposizione del 1911, per arrivare alle trasformazioni architettoniche della Torino degli anni Trenta.L'attualità degli interessi in ambito architettonico trova conferma nelle fotografie presentate alle manifestazioni ufficiali, ad esempio la foto diTorino dal campanile del duomo verso piazza Castello, premiata al concorso Le più belle fotografie di Torino indetto nel 1928 dal Corriere fotografico; di tale rivista diventa in quell'anno collaboratore, mentre dal 1929 il periodico Torino pubblica molte sue immagini di città, sebbene prive di firma. La sua attività fotografica, non si incentra solo sulla divulgazione, neppure in quei settori, come la montagna o la città, che meglio si prestano a tradizionali soluzioni di veduta, ma dedica centinaia di riprese all'indagine sistematica del mondo delle forme, che la luce trasforma in strutture virtuali, esistenti solo in quanto fotografate. Seguendo i principî di Lázló Moholy - Nagy diffusi in ambito fotografico, crea architetture di raggi (Carezza/e di Sole; 1932) oppure oggetti di luce in movimento (La giostra Zeppelin; 1934).1933; Stadio Comunale
Questo filone creativo diviene oggetto di sperimentazione costante che affina come allievo della scuola fotografica "Ad liberas Alpes" (ALA), nata in seno all'UET nel 1929 e trasformata in Associazione culturale fotografica ALA nel 1933. Ormai quasi sessantenne, inizia a partecipare a rassegne internazionali. Dal 1934 al 1937, da Stoccolma a Vienna, a Bruxelles, Johannesburg, Ottawa, Parigi, Boston e Londra, esponendo immagini di natura morta che si inseriscono nel dibattito sulla fotografia artistica e sul "pittorialismo", (movimento della fine del XIX secolo nato per elevare il mezzo fotografico al pari della pittura o della scultura) argomento ancora attuale al V Salone internazionale di fotografia artistica fra dilettanti, tenutosi a Torino nel 1937. La sua estetica respinge la ricerca dell'effetto e sfrutta piuttosto la capacità di resa del dettaglio anche nel più tradizionale settore della fotografia di architettura, come nelle vedute torinesi del palazzo della Cassa di risparmio di Torino (1933), oppure della scala elicoidale del palazzo dell'Opera pia S. Paolo (1934). Gli effetti di questa attenzione alla composizione astratta si colgono anche nel suo reportage più noto, realizzato a partire dal 1931 seguendo i lavori del cantiere di via Roma trasformata da Piacentini. L'imponente documentazione dei lavori del primo tratto indaga il tessuto urbano, cogliendo gli spazi di una città vuota di abitanti e unisce il documento visivo alla ricerca compositiva attraverso tagli e punti di vista inconsueti, come avviene nella foto del panorama del cantiere di via Roma nuova dalla torre Littoria in costruzione(1933), oppure sfrutta il rapporto luce-forma in immagini di gusto astratto (Il sottopasso del Lingotto, 1933).1933: Torre Littoria
I lavori di realizzazione del secondo tratto di via Roma (1935-37) sono invece ripresi da Gabinio con un'attenzione diversa, che approfondisce quel complesso bagaglio di esperienze tecniche ed estetiche fin lì maturato: esegue fotografie e fotomontaggi, inserisce riflessi luminosi e visioni notturne in una città reinventata, raggiungendo una sintesi che la morte gli impedì di sviluppare. Muore a Torino il 19 aprile 1938; I nipoti ed eredi Ugo e Ivan Alessio, entrati in possesso del lascito, si persuadono rapidamente della necessità di trovare una sede adeguata per la conservazione e la valorizzazione delle fotografie dello zio materno. Propongono l’acquisto di un lotto alla Società Fratelli Alinari di Firenze, la società però declina l’offerta. La stessa proposta viene girata dapprima al Museo del CAI e quindi alla Città di Torino. In entrambi i casi, l’acquisto non viene deliberatoUna seconda proposta d’acquisto di 4441 lastre al prezzo complessivo di 9500 Lire rivolta al Podestà di Torino, giunge infine ad accoglimento nel 1940. Il fondo Gabinio, conservato in parte presso la fototeca municipale ed in parte presso il Museo Civico, giacerà invisibile al pubblico e pressoché dimenticato per molti anni.A questo lotto si aggiungerà, nel 1968, il lascito della nipote Orsola Marcellino, vedova di Ugo Alessio, che donerà al Comune di Torino altre 2000 lastre e 4000 stampe, nonché materiali e macchine fotografiche appartenute a Gabinio Nella primavera del 1974 la la Fodazione Giovanni Agnelli patrocina l’allestimento della mostra “Torino anni ’20: documentazione fotografica da materiali di Mario Gabinio La scelta delle immagini è impostata su criteri emotivo - nostalgici, e le stampe presentate sono gigantografie contemporanee ottenute per ingrandimento dalle lastre originali. La mostra ha tuttavia il pregio di riproporre al grande pubblico il nome del fotografo torinese, ormai completamente dimenticato e noto solo a pochi cultori. Lo stesso anno esce il volume “Torino anni ‘20”, con 104 immagini di Gabinio in gran parte esposte nel corso della rassegna.Nel 1981 Giorgio Avigdor pubblica presso la casa editrice Giulio Einaudi il primo saggio monografico (riccamente illustrato) dedicato a Mario Gabinio.Il volume contiene una agile biografia basata in parte su testimonianze dirette.1935: Porta Palazzo
Nel 1996 curata da Pierangelo Cavanna e accompagnata da una diffusa campagna pubblicitaria, apre presso la rinnovata sede della Galleria civica d’Arte Moderna e Contemporanea (GAM) la mostra che ha finora dato più visibilità alle immagini del fotografo torinese: “Mario Gabinio. Dal paesaggio alla forma. Fotografie 1890-1938”. Una selezione di immagini di Gabinio campeggia su grandi manifesti in ogni angolo del territorio urbano del capoluogo piemontese. Completa l’esposizione il catalogo di grande formato, corredato di saggi storico-tecnici e approfondimenti sull’attività del fotografo torinese.Nel novembre dell’anno 2000, presso Villa Remmert a Ciriè sede distaccata della GAM, apre la mostra temporanea “Mario Gabinio. Valli piemontesi 1895-1925”, esposizione monotematica centrata sul periodo di Gabinio fotografo-alpinista.Luciano Querio.BibliografiaClaudia Cassio Enciclopedia Treccani Dizionario Biografico degli Italiani 1998Cavanna P.: Mario Gabinio. Valli piemontesi 1895-1925. GAM, Torino, 2000.Avigdor G.: Mario Gabinio Fotografo. Einaudi, Torino, 1981.Cavanna P., Costantini P.: Mario Gabinio. Dal paesaggio alla forma. Fotografie 1890-1938. Allemandi, Torino, 1996.Zannoni F.: Le fonti documentarie del Cisternone della Cittadella in relazione con il dato archeologico. In “La scala di Pietro Micca 1958-1998. Atti del Congresso Internazionale di Archeologia, Storia e Architettura Militare”. Omega, Torino, 2000. Bertoldi G., Nori E.: Torino anni ’20. Documentazione fotografica da materiali di Mario Gabinio (1871-1938). Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1974.Passoni A., Nori E.: Torino anni ’20. 104 fotografie di Mario Gabinio. Valentino, Torino, 1974.