Mario Luzi su Márcia Theóphilo

Creato il 16 aprile 2012 da Vivianascarinci

sabato 21 aprile alle 18,00
L’Associazione PoEtica
ospita
Márcia Theóphilo
nell’ambito della presentazione del video
di Maria Korporal “La notte dell’armonia”

Introduzione a cura di Viviana Scarinci 

Presso Libreria Libra, Via San Michele, 63, Morlupo Roma

dalla Prefazione a “Kupahúba, albero dello Spirito Santo”

È impossibile attribuire a un essere distinto la voce che parla, loda, alloquisce, descrive, esalta, colorisce nella foresta nella quale tutta la vita vegetale, animale, elementare si accende della sua compresenza e sacralità.

Ogni presenza è testimone del suo permanere e del suo tramutare e trasformarsi nelle ore e nelle vicende della luce -e da ogni dove si leva la parola e il suo commento (alberi, fiori, animali, voci di uccelli, frutti, luoghi, rumori, ondeggiamenti d’acqua, fruscii di vento). La vitalità ininterrotta e simultanea di tutta la foresta parla a se stessa da ogni sua creatura – il linguaggio è al di là dell’umano e questo è testato e significato dalla sensibilità tesa, dalla sapienza duttile di Márcia Theóphilo che ha concertato questo poema prevalentemente arboreo. E la stessa durata del corposo poema è in questo caso un tributo alla illimitatezza e alla perennità dello scenario e del tema della foresta amazzonica.

Eppure questa celebrazione del mondo integro e primario nella fantasia dei suoi stessi attanti è un mitico canto di memoria viva al cospetto della sua perdita e della sua progressiva rovina.

La poetessa che ha ordito sull’emozione immanente della forza e della esuberanza la sua tela costante e variabile allo stesso tempo è anche una spettatrice impietosa del deperire di quell’universo ad opera della speculazione spregiudicata e delle conseguenze nefaste della “civiltà” moderna che ha coinvolto anche quelle regioni.

Márcia Theóphilo ha agito su due fronti con pari generosità: quello della antropologia che ha pratica in studi delle parole indias e in analisi del fenomeno, catastrofico per le popolazioni indigene, e quello poetico del grande canto su una realtà umana e un ordine naturale distrutti e, ahimè, prossimi a essere cancellati. Questo pathos lo aveva già fatto sentire in due cospicui volumi, Io canto l’Amazzonia e I bambini giaguaro. Una vasta polifonia possiamo chiamare questo Kupauba Albero dello Spirito Santo in cui la gamma delle tonalità liriche già apprezzate, della Theóphilo si spiegano e si rispondono. La traduzione in italiano della stessa Theóphilo fa pensare piuttosto a un testo dal doppio versante. E non è un piccolo pregio, dal momento che l’autrice si inserisce bene nel sistema ritmico e timbrico dell’italiano non sacrificando minimamente, a mio parere, il ritmo e il suono dell’originale portoghese del Brasile. Mario Luzi


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