Dopo "la fase 1", quella della messa in sicurezza dei conti pubblici, a forza di aumenti di tasse per i cittadini che le hanno sempre pagate, il governo Monti avrebbe dovuto attuare la "fase 2", quella dedicata alle disposizioni riguardanti le manovre capaci di riaccendere lo sviluppo economico, ma dopo un mese dall'annuncio che l'Italia non era più un problema dalle parole non si è ancora passati ai fatti.
Tutta l'attenzione del governo è infatti posta sulla riforma dell'art. 18, quello sul licenziamento senza giusta causa dei lavoratori, che riguarda solo le grandi imprese e che non si capisce quale effetto possa avere sul rilancio dell'economia, a parte l'innegabile opportunità per le imprese di liberarsi di un certo numero di lavoratori, magari per delocalizzare all'estero altre unità produttive.
Che a Monti riuscirà dove ha sempre fallito Berlusconi non ci sono dubbi, avendo l'imposizione europea messo d'accordo tutti i partiti, e i sindacati, nonostante l'opposizione dovranno infine cedere anche loro, magari ricevendo in cambio qualche contropartita da mostrare come trofeo ai propri iscritti. Del resto dei sindacati divenuti ormai associazioni di pensionati e extra-comunitari che interesse avrebbero a tutelare chi lavora e giovani che il lavoro lo stanno cercando?
In compenso la precedente "fase 1", quella dell'inasprimento fiscale, ha già dato i suoi primi effetti recessivi, facendo precipitare la produzione e portare in negativo l'incremento del pil. Non è che ci fossero speranze che potesse accadere qualcosa di diverso, con l'inevitabile crollo dei consumi interni e il prezzo della benzina sempre più vicino all'obiettivo dei 2 euro al litro, e c'è anzi da attendersi che le cose peggiorino ancora, dal momento che non abbiamo ancora scontato il prossimo aumento di un punto percentuale dell'Iva e il pagamento delle cartelle dell'Imu, che si annunciano come un'altra mazzata soprattutto per i consumatori e i piccoli imprenditori.
Non sembra peraltro che ci siano all'orizzonte chissà quali provvedimenti speciali per rimettere in moto l'economia nazionale, occorrendo per farlo mettere in campo soltanto due strategie: la prima basata sullo stanziamento di grandi capitali da investire in infrastrutture e ricerca, la seconda sul taglio della tassazione sul lavoro e l'abbassamento della pressione fiscale.
La prima strada appare impraticabile per la mancanza di risorse, che dovrebbero almeno in parte essere reperite col taglio delle spese statali inutili, a cominciare dai finanziamenti alla politica nel suo senso più lato, cosa che sembra fuori dalla volontà del governo, mentre la seconda è chiaramente opposta a quella intrapresa dallo Stato, che attraverso l'azione dell'agenzia delle entrate appare sempre più impegnata ad una lotta all'evasione fiscale che andrà a colpire solo i piccoli evasori, lasciando come al solito indenni i grandi capitali mesi al sicuro nei forzieri delle banche estere.
Lo assicura questo la dichiarazione del presidente dell'agenzia delle entrate dottor Attilio Befera, che ormai pienamente preso nel suo ruolo di Sceriffo di Nottingham, ha ignorato i richiami del garante della Privacy Francesco Pizzetti, sul pericolo di mettere in piedi un infernale meccanismo di spionaggio ai danni dei cittadini, molto simile a quello della defunta DDR descritto nel film "Le Vite Degli Altri", assicurando invece che presto tutti saremo schedati e che nessun nostro movimento sfuggirà al controllo dello Stato.
Lo Stato italiano rinuncia quindi a perseguire la strada della semplificazione normativa, della trasparenza delle procedure e della riduzione a livelli sopportabili dell'evasione fiscale, che è arrivata ormai a punte del 55%, per abbracciare la strada della repressione e delle liste di proscrizione, ma naturalmente solo per i piccoli, perché come al solito sara invece accondiscendente con i grandi.
Nonostante tutto questo il governo sembra ancora godere di un certo favore popolare, almeno secondo i sondaggi, anche se sembra sia più che altro basato sulla sfiducia dei cittadini verso la politica, incapace di governare il paese in questi difficili frangenti: ma resisterà all'inevitabile malcontento popolare qualora la crisi economica dovesse ancora peggiorare?