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Marion Kid. Togli la cera metti la cipria

Creato il 25 aprile 2011 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

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In effetti lo yoga non c’entra nulla con le arti marziali. Ovvero io non volo, non taglio mattoni con le dita e non sollevo il mio maestro con le mani. Però pensavo ci potesse essere una certaassonanza con la stessa paccottiglia concettuale: robustezza mentale e fisica, rilassamento generale, comunicazione con se stessi. Fino a ieri credevo di aver raggiunto a pieno i tre obiettivi sopra citati stando sul divano davanti a una brillante serie tv della Fox. Oggi penso decisamente la stessa cosa.

Davanti al mio ufficio (marketing on line di stivali da pioggia) nel quartiere di Prenzlauerberg, dove fino a dieci anni fa non c’era NIENTE (oggi una zuppa senza anima la paghi anche 8 euro), c’è un piccolo centro yoga, neanche troppo costoso.

Sono giunta alla conclusione che l’acqua mi mette ansia, il salto in lungo è pericoloso e la palestra è noiosa con il suo dogma latente che una fanciulla deve essere carina e soda fino all’ospizio.

A yoga, invece, ci sono anche le crucche con i peli folti e i polpaccioni da pasticcera tirolese per la quale la prova costume è il backstage di una kermesse folkloristica. No dai, esagero, ci sono anche le ragazze graziose, tipo io.

Appena esco dall’ufficio mi precipito da Hans, il mio maestro ipersnodato e pieghevole. Alle 18.01 Hans ha già chiuso la porta a chiave e si è rifugiato con le sue adepte nella sala yoga chiudendo tutte le tende. Non c’è un campanello e men che mai una sottospecie di reception. Allora scuoto leggermente la porta finchè Hans non compare visibilmente irritato per avergli interrotto la fase della respirazione liberatoria.

Sarà la quinta volta in cui, molto cortesemente, cerco di spiegargli che io lavoro (non accentuo troppo questa parola altrimenti sembra che lui non faccia una mazza..) e che se esco alle 18.00 non posso stare sdraiata e rilassata alle 18.01. Inutile. Non capisce. Lui sta avanti, sta oltre. In un universo estatico che una impiegata non può capire, in un mix di mentalità tedesca e liberazione yoghista.

Hans mi prepara il tappetto e la coperta e segnala a tutti la presenza di una brocca di acqua fresca su un tavolino. Dentro la brocca ci sono delle pietre rosa ma io non bevo perché ho paura di ingoiarmene una.

Iniziamo con il saluto al sole: una serie di movimenti semplici ma scanditi e molto precisi. Hans dà sottovoce indicazioni in tedesco e io non sempre capisco, al che lui si avvicina e me lo ripete. Io resto ancora ferma come un salame e allora lui mi prende e mi gira.

- Relax your head!

Lo farei volentieri, se levasse il suo piedone scheletrico dalla mia nuca.

La mia estraneità parziale alla lingua ha suscitato un po’ la sindrome del panda. Come fossi un essere in via d’estinzione tutti si avvicinano e mi guardano incuriositi. Al primo che ciancica “ciao bella” gli dò un morso in testa. È quasi peggio di “pizza e pasta” e di “Berlusconi”.

Comunque a yoga non c’è niente da dire, si guarda in silenzio il maestro e si fa quello che fa lui, ascoltando se stessi.

Pensavo di essere snodata invece mi sento subito inutile appena la ragazza tedesca accanto a me si arrotola e mi guarda compiaciuta.

Forse ha mangiato la gemma rosa che dà super poteri indicibili.

- Hans! Helfen mir!

Hans corre in mio aiuto. Mi allevia il crampo tirandomi per i piedi e suggerisce una posizione più agevole per le mie ossa. Poi assicura che se tolgo i calzini posso sentire meglio le vibrazioni.

Io non rispondo che è meglio.

Lo schiacciamento a coppie è un  delicato momento della lezione che Hans non ama trascurare.  La procedura è caotica ma interessante. Una persona “fa il ponte a V”  con la testa verso i piedi. La sig.ra Nadine  arriva e si stende su di te e ti chiede: “Alles Gut?”, “Certo!”, rispondi mentre emetti l´ultimo respiro. Allo stesso tempo la signorina Hanna ti allunga le caviglie pensando di fare una cosa giusta.

Hans prova a  dirmi qualcosa mentre mi riprendo dallo schiacciamento di coppia.

- Marion, ist english!

- Eh? Was? Wo?…

Hans chiede se c´è qualcuno che parla italiano ricalcando le situazioni per cui sul treno regionale un tizio improvvisamente sbucava dal nulla e chiedeva se ci fosse un medico.

Poi al massimo arrivava un pompiere.

- Marion, entspannen Sie!

- Hans, mein Kopf dreht sich.

- Es  ist normal…

- Ich muss mich entspannen.

- Ja, aber ist nicht nötig, wiederholen…

- Ach so, ist ein Anfang..

Hans mi prepara la copertina per il rilassamento finale. Sono tutti subito coordinati e già respirano profondamente mentre io ancora cerco la posizione giusta.

La posizione giusta è solo una. È la posizione del cadavere che dopo otto ore di lavoro no stop riesce particolarmente bene.

Mo sto bene. Guardo il soffitto e penso ai parchi berlinesi, al sole che prova ad esplodere lì dove il ghiaccio ricopriva i pensieri delle cameriere e le scale della metro. Le studentesse turche e gli autisti discreti. Le cassiere cotonate e i bambini col casco della bici. I vecchi di Rudow e le signorine di Moabit.

La violenza dei fiori appare più intensa quando è sporadica e la si attende famelici. Sogno una bimba diafanache ha piantato un coniglio di pezzain mezzo al prato e dei ragazzi stranieri che si dividono una torta sdraiati su un telo.

I tedeschi già da un mese si aggirano in semimutande. Se lo facessi io domani avrei la febbre. E poi perché dovrei farlo io? Sto a Berlino e a Berlino fa freddo fino a luglio. Ci devono essere delle certezze nella vita, me lo ha insegnato Hans tra un saluto al sole e la posizione del gatto (ci si mette carponi e si inspira/espira inarcando e abbassando la schiena).

Natasha “Eva Kent” Ceci


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