Erano anni che non leggevo più nulla di Marion Zimmer Bradley. Cosa tutt’altro che sorprendente se vogliamo, la Zimmer Bradley è morta nel 1999 perciò lei non sta scrivendo più nulla. Certo, non ho letto quattro dei romanzi paranormali, ma i tre che ho letto sono bastati a convincermi che potevo fare a meno di quei libri. E non ho letto Il drago di bronzo, magari prima o poi questo lo cercherò in biblioteca visto che è fuori catalogo, e alcune delle antologie curate da lei.
Le nebbie di Avalon è stato uno dei primi romanzi fantasy che ho letto, e uno di quelli che più hanno contribuito ad avvicinarmi al genere. Tolkien era Tolkien, Ende lo conoscevo di fama per via del film La storia infinita, Brooks e Eddings erano facilmente accostabili a Tolkien, ma la Zimmer Bradley era un’autrice che non avevo mai sentito nominare e che percorreva una strada totalmente autonoma.

Ci sono romanzi meravigliosi che parlano dei contatti e dei contrasti fra le due culture, primo fra tutti La catena spezzata, ma anche L’erede di Hastur è notevole. Eppure io preferisco quel periodo, forse perché è più fantasy, o forse perché due dei romanzi migliori della Zimmer Bradley, La signora delle tempeste e La donna del falco, sono ambientati in quel periodo.

Con il primo romanzo della Clingfire Trilogy avevo fatto un po’ fatica, la Ross a volte si perdeva probabilmente perché non era abituata a portare avanti una storia così lunga. Qui… a volte anche qui va un po’ troppo per le lunghe, ci sono parti in cui avrebbe tranquillamente potuto essere più breve, e il fatto che io abbia letto molte altre opere dopo aver scoperto Darkover lo notavo da piccoli pensieri, come quando leggendo dei colori verde e oro dei Ridenow non potevo non pensare ai Tyrell. Quanto agli Arryn, loro usano il bianco e non l’argento degli Hastur insieme all’azzurro ma il pensiero c’era lo stesso. Però questo libro mi ha toccata davvero, probabilmente anche al di là dei suoi meriti narrativi che pure ci sono.


Nei romanzi ambientati al tempo dell’impero terrestre la Zimmer Bradley ha spesso narrato storie dedicate a personaggi diversi che si svolgevano nel medesimo tempo. Regis Hastur compare in chissà quanti romanzi, anche se è il protagonista solo di L’erede di Hastur. Con i periodi più antichi questo non era stato fatto prima della Clingfire Trilogy.
La caduta di Neskaya si svolge una generazione prima rispetto a Gli inferni di Zandru, e visti gli anni trascorsi per me fra un libro e l’altro non sono riuscita a ricordare i dettagli del conflitto fra Damian Deslucido e Taniquel Hastur-Acosta. Gli inferni di Zandru si legge comunque bene anche da solo, anche se il fatto di essere in parte parallelo alla Donna del falco me lo ha fatto amare di più. E A Flame in Hali è parallelo a Il sapiente di Darkover, confesso di essere curiosa anche se sospetto che il lbro non verrà mai tradotto.

Torniamo al libro. Un mondo che conosco e che amo. Personaggi che conosco e che amo. Una sensazione di familiarità e benessere che mi ha accompagnata per tutta la lettura.

Per anni ho preso come un dato di fatto la presenza della nascita, oltre che della morte, nei romanzi della Zimmer Bradley. Era mamma pure lei, anche se una dei suoi figli recentemente le ha mosso un’accusa di molestie sessuali sulla quale non sapremo mai la verità. Quello che vedo io è che i suoi libri sono tutto il contrario della figura descritta nelle accuse, e che c’è una notevole attenzione verso i più deboli. E il momento della nascita è descritto in modo che solo una mamma può davvero capire. Prima per me era un elemento della trama, magari importante, ma nulla più. Ora risuona in modo diverso, e il fatto che i Comyn possano condividere con le loro mogli i dolori del parto è un’idea bellissima che mi fa rimpiangere che sia solo fantasia e non la realtà. Forse se gli uomini capissero davvero tante cose sarebbero diverse. Non che non esistano madri snaturate, ma alcune cose vanno vissute per essere realmente comprese.







