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Mark millar: "amo i personaggi di marvel e dc, ma non amo cosi' tanto la marvel e la dc da creare un personaggio per loro"

Creato il 18 luglio 2012 da Comixfactory

Chi segue regolarmente questo blog avrà ben capito che a mio parere, al di là dei suoi meriti artistici, l'autore più rappresentativo di quest'epoca del fumetto statunitense è Mark Millar . Con le sue storyline brevi ma efficaci, caratterizzate da idee forti in grado di appassionare i lettori, convincendoli a seguire le avventure di qualsiasi personaggio perché consapevoli di leggere qualcosa di figo e irripetibile (anche quando, come nel caso di Wolverine Old Man Logan o Ultimate Comics Avengers , non ci troviamo avanti ad opere di spessore né di elevata qualità), Millar è diventato il prototipo dello scrittore moderno; pronto a servirsi dei personaggi delle Major per catapultarsi nell'olimpo degli scrittori le cui opere sono un Must imprescindibile anche per coloro che i fumetti non li leggono ma ne sentono parlare dagli amici (o dagli amici degli amici) e altrettanto pronto a sfruttare la visibilità e il successo conseguiti con queste opere per lanciare tutta una serie di progetti creator owned, pronti per essere apprezzati dai lettori di tutto il mondo e ad essere "convertiti" in operazioni multimediali (non a caso, una delle ultime fatiche dello sceneggiatore scozzese, quel the Secret Service frutto della sua collaborazione con Dave Gibbons , è stato ideato in coppia con Matthew Vaughn , regista di e X-Men First Class , pronto, dunque, per essere trasformato in pellicola cinematografica) in grado di garantire visibilità e, soprattutto, introiti mai visti prima.
Il modus operandi di Mark Millar è recentemente stato convertito (durante una tavola rotonda organizzata dal sitoComic Book Resources, alla quale partecipavano, oltre allo stesso Millar, Robert Kirkman e Steve Niles , il cui resoconto completo trovate ), a parere di chi scrive, in una specie di manifesto programmatico che spiega gli intenti e le motivazioni che muovono l'autore (e tutta l'attuale generazione di autori "affermati", gente che come Brubaker, Bendis, Fraction, Hickman & co. grazie a Marvel e DC si sono fatti un nome che può essere speso sul mercato) e che, a parere di scrive, spiega l'empasse creativa in cui si stagnano le produzioni delle Major.

"[...]Anche se ci sono molti vantaggi [nel lavorare a contratto]. Non voglio dire che non lavorerò ancora su proprietà delle case editrici, anche se penso che guadagno molti più soldi con il mio lavoro su personaggi creator owned. La miglior retribuzione che credo nessun altro, negli ultimi dieci anni, ha ricevuto da una grossa casa editrice è stata quella versata per Civil War. Steve [McNiven] e io abbiamo guadagnato un sacco di soldi grazie a Civil War, ma quello che Leinil Yu e io abbiamo intascato con Superior è di più. Finanziariamente è molto più intelligente essere proprietari delle proprie creazioni, ma alle volte è anche solo divertente scrivere questi personaggi classici. Alle volte scrivi qualcosa non per soldi, ma solo perché ami farlo.
Dunque, non vedo a tutto questo come a una sorta di "Loro contro di noi". Riguardo a questa cosa ho una visione molto più globale e per il momento, sto realizzando solo lavoro creator owned, così come credo che continuerò a fare nei prossimi anni. Ma non escludo che nel futuro non mi capiterà di fare altre opere su personaggi che appartengono agli editori. Ho amato scrivere gli Ultimates e Civil War e Old man Logan. Amo i personaggi della Marvel e della DC, per cui non voglio citare nessun nome. Ma non amo loro così tanto da creare un personaggio per loro [Risate]."

La nuova tendenza, dunque, sarà quella di farsi un nome sugli eroi di Marvel e DC, mettendosi in gioco e lavorando con qualità, ma senza creare nulla di veramente nuovo che non sia sfruttabile a proprio piacimento. Un atteggiamento giustissimo (soprattutto alla luce del trattamento riservato dai colossi d'oltreoceano agli autori che li hanno resi grandi) e assolutamente non condannabile ma che, alla lunga, indebolirà sempre più le classiche icone del fumetto statunitense. Quanti reboot serviranno prima di capire che bisogna agire diversamente, concedendo magari più libertà e più royalties agli autori?


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