Abbiamo cominciato con i 140 caratteri dei tweet, numero troppo esiguo perchè con esso si potesse analizzare un fatto, ma di lunghezza perfetta per centrare l’alibi del rilancio di un link, senza essere accusati di essere degli insipidi spammer.
Abbiamo continuato con Tumblr, spazio minimale, sintesi perfetta, enumerazione infinita per la gioia di chi ha pochissimo tempo da perdere dovendo perdersi infinite volte dietro ogni suggestione clandestina.
Abbiamo usato scoop.it per la content curation per elencare le materie prime migliori su ogni tema, secco, essenziale, un rimando per ogni stagione, ricollocando i frammenti mutevoli del sapere online in cassetti etichettati in modo perfetto. Possiamo usare, ora, i due portafogli perfetti per sistemare i ritagli del nostro sapiente vivere quotidiano.
Uno si chiama Pinterest, l’altro Listography e sono gemelli, non si assomigliano per nulla, sono nati in luoghi e da genitori diversi, in giorni e tribù lontane ma sono due cervelli che si estrudono da uno stesso corpo; monozigoti e siamesi.
Credo di avere descritto in questo modo la piattaforma e perchè è il social media del momento nella sua ripercussione dentro, prima di ogni altra cosa, all’animo personale.
Pinterest infatti, è la rappresentazione del riflusso in atto nei social media, il ripiegamento nel privato, l’introspezione, il risilenziamento.
La dinamica dei cicli vitali per i quali dalla sbornia psichedelilca di Second Life, My Space, piano piano fino alla droga pesante Facebook, l’istinto di sopravvivenza e quell’intelligenza rimasta della massa, ha portato le menti a reagire e cercare la dimensione intima e raccolta dei propri pensieri personali. Senza. però, staccarsi da quel valore aggiunto acquisito che è la relazione sociale, il riconoscere negli altri uno specchio di se, seppur sconosciuto, distante, remoto e irraggiungibile.
Perchè la distanza che c’è tra me e me non è che la stessa che c’è tra me e un altro nome sconosciuto, che devo scrutare restando nascosto per capire se venga in pace o meno, in questi tempi strani, insidiosi e fragili.
Tempi che hanno rovinato a terra le certezze, i valori che sembravano irrinunciabili, i punti geografici, le parole ed i colori.
Listography
Le lunghe liste che ronzavano in testa come rosari e litanie e che ora si arrestano ad ogni parola, diventata improvvisamente estranea e sconosciuta, finalmente degna di essere appiccicata con la colla sull’album dello scratch book di famiglia per essere compresa dentro un nuovo contesto e per darle una nuova vita dignitosa. In Listography, infatti, alcune liste sono rassicuranti (gli attori preferiti, i migliori amici, il cibo preferito), altri invece sono perfettamente ricollocazioni spazio-temporali, (i piaceri colpevoli, i più grandi atti di gentilezza, le tendenze del proprio intimo), con la scusa di un divertimento infantile l’estensore delle liste ascende sui dettagli per calibrare una vita meno ordinaria. Che siano liste di immagini o elenchi definiti da parole, che siano elementi originali, scoperti nei propri quaderni o dentro l’Iphone oppure trovati col tramite di un follower o di un blogger, tutto questo armamentario di rigattiere è vivo e pulsante come non lo è mai stato nei social network. Le liste, visuali o testuali, sono insiemi originali e non ci sarà mai una lista identica ad un altra, gli stessi elementi impilati l’uno sull’altro, avranno un ordine diverso, un etichetta che la differenzia, un tempo/luogo estraniante, una parola identitaria stravolta.Le liste sono l’impronta inconfondibile dell’individuo come lo è la sequenza del suo DNA. Per questo sono l’anticamera dei desideri e del futuro. Per questo sono un mezzo di conoscenza e di profilazione incredibile a disposizione del micromarketing.