(II di III - Leggi la prima puntata)
Agosto 1944. Le truppe angloamericane buttano fuori i tedeschi da Parigi. Si inaugura lo Stage Door Canteen, un club per soldati alleati. A cantare sul palco c'è Marlene Dietrich, la diva del film L'Angelo Azzurro che vive a Hollywood dal 1930 e ha rifiutato tutte le vantaggiosissime offerte di Hitler e Goebbels che volevano fare di lei nientemeno che La Diva del Cinema Nazista. Marlene canta e si muove come sempre. Sensuale, lasciva, di un erotismo subdolo e impetuoso che ti prende alla pancia. Davanti a lei ci sono un centinaio di soldati - ragazzoni americani, giovanotti inglesi, umanità prepotente e approssimativa – che tremano d'eccitazione per la sua voce roca e seducente, la sua espressività spigliata e maliziosa, il suo corpo forte e morbido da tedescona prosperosa. Marlene canta e si muove e fa eccitare quel centinaio di soldati. Ma pure lei è un soldato. Si è arruolata volontaria più di due anni fa.
È sbarcata ad Algerie ha risalito l'Italia fino ad arrivare a Parigi. Sorriso hollywoodiano, disciplina prussiana, ha sorriso quando non c'era niente di cui sorridere, ha regalato baci e carezze agli amputati, ai moribondi, ai dilaniati, ai disperati degli ambulatori, delle caserme e dei bivacchi, ha coccolato i bambini resi ciechi dai bombardamenti, ha inciso per una radio clandestina (che arrivava pure ai soldati tedeschi) decine di canzoni d'amore in lingua tedesca con l'obiettivo ufficiale di “demoralizzare i nemici, suscitare in loro: malinconia, mollezza, languore, stanchezza verso la guerra, desiderio di tornare a casa”. Ha fatto cantare agli americani e ai tedeschi, contemporaneamente, sui due fronti, la canzone popolare “Lili Marlene” che tutti cantavano pensando a lei. Ha tremato quando gli americani bombardavano Berlino, pensando a sua madre e sua sorella che abitano ancora lì. Ha annunciato lo sbarco in Normandia (6 giugno 1944) davanti a una platea di 20mila soldati. Adesso sta cantando sul palco davanti a quella torma di maschi prepotenti e approssimativi in preda alla sovrabbondanza di energia vitale, perlopiù giovanissimi, gente che ogni giorni fanno i conti con i morti ammazzati, il rigore militare, il sopruso istituzionalizzato, le schifezze e gli orrori come loro mai si sarebbero immaginati quando si erano arruolati. Marlene canta per loro ma non è abbastanza. Non basta. Dichiara Pierce Evans, che allora era un giovane caporale: “Fece salire un ragazzo sul palco e cominciò a ballargli intorno molto da vicino. Gli si strofinava addosso suscitando una tempesta ormonale in lui. E anche in noi. Tutta la sala era eccitata. Cominciammo a ballare scatenati come matti". Ma nemmeno questo è abbastanza. Marlene scende in mezzo a loro e comincia a ballare con uno di loro, poi con un altro, poi con un altro ancora. I toraci schiacciati l'uno contro l'altro, le braccia grosse del militare di turno che cercano di stringerla più forte che mai, lei che si scatena e si lascia andare e balla sempre più frenetica, veloce, incontrollata. Cominciano ad accarezzarla da tutti i lati, timidamente, per pura ammirazione e trasporto. Lei scoppia in una risata da diva, inarca la schiena, ruota la testa all'indietro, spalanca la bocca. Tutti possono vedere la sua lingua luccicare di saliva. Comincia ad accarezzare anche lei, il primo, il secondo, il terzo giovanotto prepotente e approssimativo. Prende loro la testa, la stringe contro il suo collo, la affonda dentro il suo petto. È un gesto quasi materno. (D'altronde Marlene ha 43 anni. L'età media della sala sarà di 28 anni). Poi bacia in bocca il primo, il secondo, il terzo giovanotto approssimativo e presuntuoso. Non è più possibile ballare con uno solo. Adesso sono tutti troppo eccitati. Gli si accalcano attorno. La stringono molte braccia. La sua risata continua, uno svolazzo di profumo hollywoodiano in quel calderone di allupamento e testosterone. La sollevano da terra e lei fa il giro della sala - galleggiando in quell'oceano di spalle, schiene e braccia maschili – fino a sparire dall'inquadratura. Il video è finito (1) (puoi vederlo qui: minuto 1.52.00). Dopo quella sera di bagordi, la guerra procederà verso il capitolo finale. I russi espugneranno Belino da est e poi arriveranno gli americani. Hitler e Goebbels si suicideranno. Marlene Dietrich entrerà a Berlino, sua città natale, a bordo di una jeep dell'esercito americano con indosso la divisa americana. I tedeschi non glielo perdoneranno mai. Marlene riabbraccerà la madre, che non vedeva da 15 anni (la madre morirà l'inverno dopo). Scoprirà che la sorella Liza è diventata complice dei nazisti (gestiva una mensa per soldati adiacente il campo di concentramento di Bergen Belsen). Marlene visiterà Bergen Belsen. Insisterà con il generale e vorrà visitare anche la zona degli orrori, lì dove un giovane soldato americano - con un fazzoletto premuto contro il naso - guida una grossa ruspa maledicendo il colonnello gli ha assegnato quel compito rognosissimo e ingrato. Quella grossa ruspa che fa avanti e indietro per la zona degli orrori serve ad ammonticchiare nel modo più efficiente possibile le centinaia di cadaveri rinsecchiti degli ebrei sterminati di cui i tedeschi non sono riusciti a far sparire le tracce. Marlene tornerà in America. Nel 1960, per una tournee, arriverà di nuovo a Berlino. Accoglienza bipolare. Da una parte i tedeschi entusiasti che vogliono vedere e toccare la loro Diva. Dall'altra altri tedeschi che manifestano con i cartelli: Marlene Go Home. Vai a casa Marlene. Qui non sei desiderata. D'altronde, sai come continuano a chiamarti qui in Germania? Non lo sai? Beh, abbiamo visto i video e le foto – oh certo, non facciamo altro che guardare quei tuoi video e quelle tue foto - e devi sapere, cara la nostra Marlene, devi sapere che qui in Germania ti chiamano ancora “La puttana della truppa”. (2) (continua)
Note1) Il video in questione comincia dal minuto 1.52.00 di questo documentario.2) In tutto questo, Marlene ha pure una figlia, avuta durante la sua gioventù a Berlino. La figlia di Marlene è una figura da approfondire. Ha scritto un libro "Marlene Dietrich, mia madre", pubblicato in Italia da Sperling&Kupfer. Leggi l'articolo del Corriere della Sera: "Mia madre Marlene, una regina senza identità" (2001).3) Tutte le foto di Marlene su Pinterest.
4) Alcune foto di Marlene Dietrich durante la guerra.