La via delle donne, il secondo libro della scrittrice sudafricana Marlene van Niekerk, esplora con capacità il rapporto esistente tra due donne, una “padrona” e la sua “serva”, nel lungo arco di cinquanta anni. In controluce, però, è la storia del loro Paese, il tormentato Sudafrica, che scorre tra le righe degli avvenimenti che cambianoil volto della fattoria di Grootmoedersdrift . Ora diario, ora romanzo della memoria , ora monologo -flusso di coscienza, sottile gioco di specchi tra gli errori di una protagonista e le vicissitudini dell’altra, scrupolosa attenzione ai dettagli e alla comunicazione non verbale: il libro di Marlene Van Niekerk ha fatto dire ai critici del Times Literary Suplement che ci troviamo di fronte a: «Il più importante romanzo sudafricano dai tempi di Vergogna di Coetzee».
Marlene Van Niekerk,
La via delle donne, Neri Pozza
Nella provincia del Capo di Buona Speranza, Grootmoedersdrift non è certo una fattoria modello quando, negli anni Cinquanta, Jak de Wet vi mette per la prima volta piede per chiedere la mano di Milla Redelinghuys. Davanti alla casa c’è un magnifico pascolo che si estende fino alla riva del fiume, cinto da alberi selvatici che si spingono fino al limite dell’acqua. Tuttavia, in quella striscia di terra del Sudafrica, le fattorie gioiello dei boeri sono ben altre. Tutte le speranze e i sogni di gloria della giovane Milla sono perciò riposti in Jak. È ricco, istruito, attraente, spiritoso, ha una spider rossa fiammante e la spavalderia di presentarsi in casa Redelinghuys con in mano un anello di brillanti incastonati in oro.
Bastano pochi anni di matrimonio, però, perché Milla si renda conto che Jak non può fare di Grootmoedersdrift quello che generazioni di Redelinghuys hanno desiderato. Ha le mani morbide, è l’unico figlio di un medico, è stato educato per diventare un gentiluomo non un agricoltore. Inoltre, è un afrikaner che non sopporta gli hotnot, i «negri». E, tra «gli sguatteri negri», non tollera innanzi tutto Agaat.
Agaat compare a Grootmoedersdrift che è una bambina con un braccino rachitico penzolante. Milla la educa e la istruisce con cura per farne una persona «bella e sana, piena di gratitudine», una «persona integra» che sia pronta a servirla e a «ricompensare tutte le sue lacrime e le sue pene». E Agaat la serve, per anni, con la sua cuffietta bianca inamidata e immacolata, il suo sguardo impassibile, i suoi occhi di pietra, la sua pazienza nell’accudire Jakkie, il bambino nato dal matrimonio, e nel ricamare per lui. Resta a Grootmoedersdrift anche quando tutto cambia, e la famiglia di Milla va in pezzi come uno di quei vasi coloniali che il tempo irrimediabilmente frantuma.
Un giorno però Milla avverte i primi segni della terribile malattia che paralizza gradualmente ogni parte del corpo fino a togliere la parola, e il teatro dell’esistenza delle due donne assegna improvvisamente loro dei ruoli completamente diversi. Agaat rimuove porte e muri di Grootmoedersdrift e scorazza libera nell’antica dimora dei Redelinghuys, mentre Milla, priva di parola, restringe il suo dominio a una sola stanza, dove giace rinchiusa nel suo stesso corpo, come «una bambola di pezza riempita di segatura o di lupini».
Non vi è alcun riferimento diretto in questo romanzo ai fatti sociali e politici che, tra gli anni Cinquanta e Novanta, hanno sconvolto e radicalmente cambiato il Sudafrica, tuttavia nel serrato confronto tra le sue due protagoniste, la padrona e la serva, la donna bianca e quella di colore unite da un legame indissolubile, La via delle donne è, come accade nella grande letteratura, una delle più potenti e illuminanti rappresentazioni della storia di questo paese.
Marlene van Niekerk è nata nel 1954 in una fattoria di Caledon, nella Provincia del Capo Occidentale, in Sudafrica. Dopo gli studi in psicologia, lingue e letteratura, ha ottenuto una cattedra prima all’università di Witwatersrand e poi di Stellenbosch, dove insegna Letteratura afrikaans e olandese.