Marmìtta
Dal francese marmite, di etimo incerto, forse derivato del francese antico marmite ‘ipocrita’, con allusione al fatto che la marmitta, profonda e dotata di coperchio, nasconde il suo contenuto, diversamente da altri recipienti più bassi.
Sostantivo femminile.
1. Recipiente usato in cucina, simile a una pentola ma più grande, di rame stagnato, o di ferro, o anche di terracotta: una grossa marmitta di minestra.
In particolare, recipiente che serve per la preparazione del rancio dei soldati; marmitta da campo: a forma di secchiello, stagnata all’interno e generalmente usata con un apposito fornello a sei posti.
2. Dispositivo, detto anche silenziatore, applicato alla parte terminale del tubo di scappamento di un motore a combustione interna, allo scopo di attenuare il rumore che accompagna lo scarico dei gas combusti: per lo più in lamiera d’acciaio o in lega leggera, porta internamente una serie di tramezzi i quali costringono la corrente gassosa a compiere un cammino tortuoso, attraverso il quale essa si fraziona perdendo velocità e pressione.
Marmitta catalitica: speciale marmitta costituita di allumina, riportata su un supporto ceramico poroso, e contenente, allo stato disperso, metalli nobili con funzione catalitica.
3. Marmitte eoliche: (geografia) affossamenti o caverne che, nelle regioni desertiche o sabbiose, si formano per l’erosione esercitata dalla sabbia violentemente smossa e sbattuta dal vento contro gli ostacoli.
Marmitte dei giganti: (geografia) cavità poco profonde, grossolanamente cilindriche ad asse quasi verticale, con le pareti più o meno levigate e talvolta striate, che si generano nelle rocce per il moto vorticoso e prolungato di acque torrentizie, fluviali o marine trasportanti materiale solido o per l’azione abrasiva di una grossa pietra mantenuta in movimento rotatorio dalle acque stesse.
Marmitte dei pigmei: (geografia) piccole nicchie che si trovano sul soffitto o nelle pareti delle caverne costiere, dovute in parte all’azione dell’ondazione, in parte all’erosione eolica e a molluschi.
Una (parola) giapponese a Roma
Czarda [‘tSarda]
Adattamento dell’ungherese csárdás, propriamente ‘danza che si esegue in un’osteria (csárda)’.
Anche ciàrda.
Sostantivo femminile.
Danza popolare ungherese, nella quale una lenta e patetica introduzione prelude a un ritmo allegro e vivace, di carattere rude e violento.
Musica che accompagna tale danza.
PRIMAVERRA
In futuro, sarà la prima stagione.
Di Pietro Scalzo.
Quarantatreesimo libro, secondo indizio
Voi sapete di me perché io ve l’ho raccontato, a mano a mano che le cose accadevano. Perché a me, in effetti di cose ne sono accadute, non so per quale motivo, ma le cose mi accadute più che ad altri. Come quella storia delle mie sorelle e delle fotografie dei conoscenti. Cosa c’entravo io in quella storia? Ma niente, è ovvio, fatto sta che mi è capitata.