Il PJD ha appoggiato la causa dei detenuti salafisti quando si trovava all’opposizione
L’ottimismo prudente dei salafisti, scrive Aufait, non nasconde però le preoccupazioni sul fatto che il loro dossier possa non rientrare nelle prerogative del PJD: “noi speriamo che questo nuovo governo islamista ci apra le porte del dialogo. Aspettiamo eternamente la grazia reale, i detenuti che hanno detto espressamente di aver rivisto il proprio pensiero durante il periodo di arresto, e altri che son stati vittima della legge anti terrorismo, hanno già perso la speranza. Moriamo ogni giorno ed il nostro stato psicologico si deteriora gradualmente. E le nostre famiglie soffrono ancora di più”, ha dichiarato un detenuto. Anche Nadia, moglie di un salafista incarcerato a Tangeri, resta scettica. Crede che il governo non farà di questo dossier una delle sue priorità e denuncia i maltrattamenti: “è impossibile aspettarsi di più in questa situazione critica e deplorevole. I maltrattamenti delle guardie carcerarie di fronte alle famiglie dei detenuti segnano queste ultime. I nostri bambini soffrono, il loro stato psicologico è veramente preoccupante, alcuni hanno anche dovuto lasciare la scuola.”
Il ministo Ramid, che è anche l’avvocato di alcuni detenuti salafisti, ha confermato che il nuovo governo si impegnerà a risolvere alcuni dossier di detenuti considerati “innocenti”, mentre i dossier di chi è considerato veramente implicato dengli affari terroristici, sono considerati chiusi. Mohamed Al Fizazi, una delle icone del salafismo in Marocco, graziato un anno fa, ha ugualmente sottolineato la necessità di liberare dei detenuti salafisti che non hanno niente a che vedere con il terrorismo. Secondo lui, questi si considerano vittime di una terribile ingiustizia: “è tempo di liberarli. È tempo che i leader pjdisti che hanno tanto militato per questo dossier intervengano. Se quest’ultimi voltano le spalle a questi detenuti, nessuno sarà capace di prevedere le conseguenze”.
Il politologo Mohamed Darif, sostiene però che, vista la sensibilità del soggetto, il caso esca dalle competenze del governo: “liberare i detenuti salafisti non fa parte delle competenze del nuovo governo. Una tale decisione è difficile da prendere. Questi dossier sensibili sono già classificati e chiusi, hanno bisogno di una decisione di ordine politico e di sicurezza pubblica”. Anche Abderrahim Mouhtad, presidente dell’associazione “Annasir” che difende la causa dei detenuti islamisti, non ha nascosto le sue inquietudini riguardo al reale margine di manovra di cui dispone il governo: “questo dossier molto complicato è al di la delle competenze di Benkirane e del suo partito. Bisogna almeno sottolineare che qui si tratta di terrorismo che è stato politicizzato per diventare un affare internazionale. Non critico il governo Benkirane, ma mi dico che poiché l’America conserva sempre la prigione di Guantanamo operativa, la lotta contro il terrorismo è sempre in corso, e quindi l’affare è sottomesso a tutte le possibilità”. Ai pjidisti resterebbe quindi solo una carta da giocare, quella della grazia reale accordata a chi ha rivisto le proprie posizioni. Questa soluzione ha finora permesso a 300 detenuti di essere liberati. Fra questi, proprio Mohammed Al Fizazi.