Le relazioni fra i due paesi son molto tese da decenni, a causa del conflitto sul Sahara occidentale, occupato militarmente dal Marocco proprio in seguito alla “marcia verde” del 1975, quando 350mila marocchini provenienti da tutto il paese, ognuno dei quali “armato” di bandiera e corano, partirono verso il Sahara occidentale, all’epoca occupato dalla Spagna, con lo scopo di pressare l’amministrazione spagnola verso la decolonizzazione della regione, considerata un loro territorio storico. Cosciente della gravità di questa situazione che perdura da molto tempo, il Marocco non cessa di chiedere all’Algeria la riapertura delle sue frontiere con il regno, chiuse dal 1994, e la normalizzazione dei rapporti bilaterali, superando le mentalità obsolete e i comportamenti inopportuni, per raggiungere il grande sogno di integrazione, sapendo che la chiusura delle frontiere è stata decisa unilateralmente dall’Algeria in un contesto internazionale, regionale e bilaterale ormai superato. In effetti, i canali di comunicazione fra i due paesi non sono mai stati interrotti e le rispettive ambasciate sono operative; tuttavia il bilancio degli scambi commerciali è debole e resta sotto il 2 percento del volume globale del commercio estero del Marocco. Per il sovrano è arrivato il momento che ciascuno si prenda le proprie responsabilità, reiterando la disponibilità del Marocco a fare tutto il possibile, in particolar modo sul piano bilaterale con l’Algeria, per costruire un Maghreb che apra al dialogo, alla concertazione, alla complementarietà, alla solidarietà e allo sviluppo.
Rabat rimprovera ancora ad Algeri il suo sostegno al fronte Polisario, il quale rivendica un referendum di autodeterminazione, che il Marocco rifiuta. Nel suo discorso, il sovrano, ha valutato “credibile” il piano d’autonomia proposto dal Marocco per risolvere il conflitto, appellandosi alle differenti parti, affinché si aprano per trovare una “soluzione politica negoziata definitiva”. Ha inoltre denunciato le “forme di privazione, di repressione, di umiliazione” nei campi dei rifugiati shariani à Tindouf, controllati dal Fronte Polisario e ha chiesto un censimento di essi: “noi ricusiamo le manipolazioni (…) degli avversari della nostra integrità territoriale che ignorano (…) gli appelli ripetuti, in particolare quelli del Consiglio di sicurezza dell’Onu e dell’Alto-Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (HCR), a procedere ad un censimento che garantisca ai nostri fratelli di Tindouf il diritto umano ad una protezione giuridica e gli permetta di beneficiare di tutti gli altri diritti”. Il Marocco considera i rifugiati sahariani di Tindouf – circa 160mila secondo il fronte Polisario – come degli espatriati marocchini.
Fino ad ora, però, a tutti i segnali d’amicizia lanciati dal Marocco non sono seguiti dei veri atti concreti. Talvolta, anzi, si sono registrate delle dichiarazioni ostili, da parte di altri responsabili marocchini, come quelle fatte dal ministro degli esteri Taien Fassi Fihri che, in seguito al rapimento dei tre cooperanti europei a Tindouf, ha criticato duramente l’Algeria, accusandola di non aver messo in sicurezza i campi dei rifugiati ed attribuendole la principale responsabilità per quanto accaduto.
Stefano OLIVIERO