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Marotta, l’avvocato della filosofia

Creato il 24 agosto 2012 da Faustodesiderio

Ai miei tempi – espressione orrenda – si andava a Napoli a fare due cose: a vedere Maradona e a sentire Gadamer. Il San Paolo era pieno e Palazzo Serra di Cassano su a Monte di Dio strapieno. Il filosofo tedesco amava Napoli e la considerava la città della filosofia, ma il miracolo lo fece Gerardo Marotta. L’avvocato, come è chiamato con confidenza un po’ da tutti, ha creato l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici prima a casa sua e poi lo ha trasferito nel monumentale Palazzo Serra di Cassano che ha legato per sempre il suo nome e il suo destino alla Rivoluzione napoletana del 1799. Per il suo sogno platonico e umanistico l’avvocato Marotta ha donato i suoi libri, ha venduto i suoi beni di famiglia, si è indebitato, ha pagato costosi affitti e alla fine ha realizzato un Istituto in cui sono passati tutti i filosofi contemporanei e migliaia e migliaia di giovani. Per fare cosa? Filosofia. Forse, l’opera di Gerardo Marotta è uno straordinario atto d’amore per la sua città e la sua patria italiana ed europea e ancor più il maggior elogio della filosofia mai fatto. Purtroppo, oggi quell’elogio della filosofia è finito in centinaia di scatoloni e la biblioteca ricca di trecentomila libri sarà trasferita a Casoria. Chi salverà il sogno di Marotta e di quei giovani che andavano a Napoli a vedere Maradona e sentire Gadamer?

Gerardo Marotta ce l’ha con il governo per il taglio dei fondi ma di più ce l’ha con chi governa Napoli perché «non riesce a esprimere una classe dirigente veramente nuova, anche chi va al potere come rivoluzionario deve accordarsi subito con altre forze politiche, subendo le loro richieste come le tangenti. Qui la vera cultura è il grande evento come feste, farina e forca. Il governo tedesco mi ha conferito il premio Goethe mentre Napoli non mi ha dato niente. Ha soltanto paura dell’Istituto». La città dei filosofi ha paura dei filosofi. Marotta forse una colpa ce l’ha: ha calcato troppo la mano, fino a una stanca retorica, sulla Napoli del ’99 e ha finito con il mischiare un po’ troppo storia e politica. Ma se è stato errore, è stato un errore appassionato. Ciò che resta – che deve restare – è la grande opera del sogno diventato realtà con l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofi. È senz’altro questa la più grande opera di filosofia che sia stata realizzata a Napoli e in Italia nel secondo Novecento. Con la morte violenta di Gentile e con la fine di Croce si era esaurita in Italia la storia del pensiero che conta nel XX secolo. Dopo di loro c’è stata solo filosofia per l’università: interpretazioni di pensieri altrui e di filosofi stranieri. Quanto ad autonomia e capacità di pensare i problemi della storia e della vita, zero. L’opera di Marotta non è un testo scritto ma un’accademia sul modello antico e rinascimentale rivisitato nei tempi moderni con la necessità di creare un dialogo tra filosofia e scienza e tra Occidente e Oriente. Fa impressione vedere come la città di Napoli divori i suoi figli e le sue creature. Negli ultimi venti anni a Napoli la cosa  più importante è stata la retorica della cultura e della sua necessità. Oggi il prodotto più importante della cultura napoletana chiude. Le vagonate di soldi, statali, comunali, regionali ed europei spesi in ogni rassegna estiva e in ogni grande evento della sagra del carciofo e del cavolfiore hanno riempito le fila dei clienti e le tasche dei corrotti e non si è trovato il modo di dare continuità all’opera dell’avvocato Marotta. Certo, Gerardo Marotta ha le sue idee e non ha voluto in alcun modo passare la mano: la sua creatura ha quasi quarant’anni – nacque nel 1975 – e lui da sempre ne è il presidente. Tuttavia, è proprio il grande amore di Marotta per la storia del pensiero e per il recupero della memoria e della tradizione del pensiero del Mezzogiorno che ha fino ad oggi garantito la sopravvivenza della scuola. La filosofia, al contrario del luogo comune, è cosa faticosa e uno come Hegel diceva che il concetto è degno della fatica del facchino: ogni volta bisogna ricominciare daccapo. È il momento socratico del pensiero che si rinnova: l’ignoranza che chiede di essere indagata per essere superata. Un passaggio inevitabile che rende il pensiero allo stesso tempo necessario e modesto. Ma è un compito senza il quale la vita umana sarebbe di gran lunga meno umana. Questa vita filosofica, pur piena di contraddizioni come tutte le esistenze di questo unico mondo a noi noto, è stata abbracciata da Gerardo Marotta.

Sembra quasi che dopo oltre due secoli si rinnovi la sconfitta degli intellettuali che, con l’aiuto delle baionette francesi, vollero fare la rivoluzione e furono vinti dai lazzari prima e dalla furia reazionaria dei Borboni dopo. Nel destino della biblioteca dell’Istituto Marotta – duecentomila o trecentomila libri, il numero giusto nessuno lo conosce – c’è in parte la storia della Napoli moderna che si ripete: l’unica tradizione borghese è quella degli intellettuali che per loro natura non possono che ricominciare dalla luce mentale del pensiero. E ogni volta pagano la colpa della loro dignità.

tratto da Liberalquotidiano.it del 24 agosto 2012



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