Marrazzo-Berlusconi, che bipartisan!

Creato il 01 settembre 2009 da Indian

Lezioni condivise 34 -Dai monti frumentari all’economia coloniale

Lezione pizzosa questa, economia sarda del settecento, e non c’era neanche Rosa a render tutto più edulcorato. Render il tutto meno indigesto sarà un’impresa, tanto il premier, in forte vena filantropa (chi l’ha detto che non collabora con l’opposizione! Visto come ha subito avvertito Marrazzo dei video?), ha detto che abolirà l’IRAP… a voglia imprese!!!

Scomparso l’ultimo giudicato, quello d’Arborea nel XIII sec., scomparve in sostanza anche l’economia sarda, in quanto prima Catalano-Aragonesi e Spagnoli, poi in modo anche peggiore i Savoia e gli Italiani, hanno sempre considerato la Sardegna come terra in cui far cassa, imponendo tasse di ogni sorta e spogliando il luogo delle poche risorse che in ogni tempo resistevano ai precedenti ladrocini.

Tentativi isolati di stabilirvi una qualche attività economica sono risultati sempre inadeguati, sperimentali e poco competenti, in quanto provenivano da colonizzatori piemontesi, come il gesuita Gemelli, il quale, professore di retorica all’Università di Sassari, poco esperto di economia, volle imporre le sue tesi agricole che facevano riferimento alla pianura padana. La sua opera, da considerarsi dunque mero esercizio letterario, fu criticata in quanto dispersiva e perché non poteva avere effetti pratici nell’isola. Non teneva conto nemmeno del sistema feudale radicato ormai da alcuni secoli.

Gli interventi più efficaci in agricoltura (non che ci fosse tanta scelta) furono apportati dunque da sardi, da chi conosceva il territorio e poteva agire a ragion veduta. Se molti tentativi fallirono ciò è dovuto allo scarso appoggio del "regnanti" e dei loro apparati, che anzi si guardavano bene dall’appoggiare i successi dei sardi, come fece il Bogino con il Cossu.

Giuseppe Cossu, cagliaritano (1739-1837 o 1811), di Giovanni Battista e Anna Fulgheri, laureatosi in diritto canonico, si occupò poi di leggi e si dedicò allo studio dell’agronomia acquistando grande esperienza. Nel 1770 fu nominato dal Bogino segretario della giunta generale dei Monti Nummari e Frumentari della Sardegna. Per le sue opere agrarie ricevette diverse onorificenze. Fu socio di varie accademie italiane e fu tra i fondatori della Reale Società Agraria ed Economica di Cagliari. Nel pieno della sua attività fu appunto messo a riposo, si dedicò allora ai viaggi e a Firenze venne accolto nell’Accademia dei Georgofili.

Egli ebbe un ruolo fondamentale nella diffusione civile dei Monti granatici, nato come strumento della chiesa per aiutare le famiglie più deboli ed incentivare la coltivazione del grano da parte di ogni famiglia. Purtroppo, una volta in mano allo stato, questa istituzione umanitaria si trasformò in un’ulteriore gabella per il popolo e i fondi dei monti finirono per essere usati per altri scopi. A metà ottocento cominciarono ad essere chiusi. Giorgio Asproni e Giovanni Battista Tuveri si occuparono nel 1849 di proporre il riordinamento dei Monti di soccorso in Sardegna, in qualità di deputati al parlamento sabaudo, senza ottenere granchè. Infatti essi vennero pian piano trasformati in casse di credito agrario, specie in epoca fascista. Nacquero il Banco di Cagliari e altri, e i monti pian piano si estinsero. Nel 1944 nacque il Banco di Sardegna.

Secondo Cossu i problemi dell’economia sarda non dipendevano solo dalla crisi della cerealicoltura. Vi era il vizio di fondo di insistere su attività sviluppate in Piemonte, sulla moriografia, la coltura del gelso, ad esempio, solo perché alimentava il baco da seta o l’incrocio delle "razze" agricole sarda e piemontese.

Il settecento ebbe una discreta presenza di intellettuali in Sardegna, dall’Angioy al Sulis.

L’Angioy cercò di introdurre la coltivazione del cotone. Importò dei semi dall’Egitto. Il clima mediterraneo poteva essere adatto, ma la sua attività non ebbe il necessario sostegno.

Il Tola ritenne che anche l’analbabetismo fosse un deterrente allo sviluppo dell’economia sarda, fece dunque una proposta per ridurlo e individuò i parroci quali veicoli culturali per lo scopo.

Nel 1804, sotto il viceregno di Carlo Felice, sorse laReale società agraria.

Infrastrutture dovevano essere lasciate agli agricoltori, dovevano sorgere fattorie nelle campagne, ove dovevano spostarsi per dieci anni gli abitanti dei paesi, per rendere produttive le terre; i terreni recintati, come anche i pascoli (pastorizia stanziale).

Senza pascolo brado, però, occorreva procurare l’erba. La riforma del Bogino lo previde, ma in Sardegna era problematico.

Si preferiva affittare i terreni ai pastori, piuttosto che coltivarli. Dopo il moto de "su connottu", che si opponeva alla impossibilità per i pastori privi di terra del pascolo a valle, con le chiusure dei terreni, con le tanke, essi furono costretti a salire in montagna. Così iniziò l’annosa rivalità tra contadini e pastori.

(Storia della Sardegna – 17.4.1996) MP


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