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Marsala sbarca in Europa

Da Marco1965_98 @foodstoriestwit

Una Provincia, quella di Trapani, che con 2,8 milioni di ettolitri è la prima in Italia per produzione vinicola. Un passato enologico che, grazie alla sua origine fenicia, è millenario. La prima DOC italiana nel 1963. L’antica Lilybeo, oggi Marsala, con questi numeri entra a pieno titolo nella Rete europea delle Città del vino (Recevin).

Per celebrare degnamente il titolo di Città Europea del Vino 2013 Marsala ha presentato lo scorso 16 marzo, alla presenza delle autorità e del Sindaco Giulia Adamo che tanto si è prodigata al raggiungimento di questo traguardo, un fitto programma a tema vino, che seguirà l’intero arco dell’anno. Convegni, degustazioni, gastronomia, arte sport, concerti, tutti di altissimo livello, fanno presagire un nuovo “sbarco”, non più dei Mille, bensì, molto più numerosi, degli appassionati di vino da tutta Europa.

A fare da traino lui, il Marsala, vino di grande fascino e di insolita storia. Nato contadino come “perpetuum” cioè il vino in botte che continuava ad essere rabboccato con le annate successive e quindi non finiva mai (ne esistono ancora di ultracinquantenni), figlio dei vitigni autoctoni Grillo, Catarratto, Inzolia e Damaschino, venne “scoperto” nel 1773 dall’inglese John Woodhouse, atterrato lì a causa di una tempesta in mare. L’inglese lo trovò insolitamente simile allo Sherry. Deciso a portarlo in patria, lo fortificò per conservarlo durante il trasporto con alcool e lo diffuse come “sicilian sherry”. Il commercio estero fece nascere vicino al porto i primi vinificatori e fu un successo: bevuto su tutte le navi di Sua Maestà britannica, anche l'ammiraglio Nelson era solito festeggiare una vittoria con ilvinodi Woodhouse, e pare che in seguito alla battaglia di Trafalgar per la prima volta si cominciò a parlare del marsala come del “victory wine”.

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Si aggiunsero quindi altri imprenditori, come Benjamin Ingham, e John Whitaker. E nel 1832 finalmente, anche un italiano, Vincenzo Florio.

Protetto con un disciplinare del 1984, oggi il Marsala si produce anche “rubino” con il Pignatello Calabrese, il Nerello Mascalese e il Nero d’Avola. I tipi sono cinque a seconda dell’invecchiamento: Fine (un anno), Superiore (due anni), Superiore riserva (quattro anni), Vergine (cinque anni) Vergine riserva (almeno 10 anni).  A seconda degli zuccheri, apportati dalla “mistella”, il mosto fresco addizionato di alcool e zucchero e dal mosto caramellizzato, può essere dolce o semisecco. In versione secco, invece, è addizionato solo di alcol o acquavite.

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Vino tradizionalmente ossidato, con un tenore alcolico di 18-19 gradi, oggi viene riscoperto nella grande varietà di momenti di consumo. I Marsala ambrati e rubino “conciati” col mosto sono eccellenti vini da dessert e da meditazione. Il Marsala  vergine (secco), invecchiato col metodo soleras in cui le botti sono in  file sovrapposte e vengono riempite di anno in anno dall’alto in basso, travasando una parte del contenuto nelle botti che si trovano al livello inferiore e rabboccando col vino nuovo è un blended unico di annate diverse, ognuna con sapori peculiari. Provarlo da aperitivo, con formaggi erborinati, addirittura col pesce crudo è un’esperienza sorprendente: alla complessità e dolcezza aromatica fa infatti da contrappunto l’asciuttezza in bocca, la mineralità proveniente dai terreni argillosi ed una spiccata acidità.

Il sicilian sherry degli inglesi, sapientemente affinato dai marsalesi, è la storia virtuosa dell’enologia locale. Divenuto famoso nel mondo anglosassone come parente povero degli allora più quotati vini spagnoli e portoghesi, si è rivelato da subito la miglior contraffazione della storia dell’alimentazione (altro che parmesan cheese!), riacquistando di diritto la sua denominazione e con essa la dignità che gli compete.

inserito da Elena Bianco

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