Generalmente leggo con distrazione i titoloni che denunciano la presenza di lucertole, topi o addirittura femori su Marte riconosciuti tra le rocce fotografate dai rover. Convengo che alcune pietre hanno sembianze intriganti ma anche sulla Terra, se guardassimo attentamente, potremmo scoprire un bel repertorio di forme strane. Tuttavia, in questo caso, ad incuriosirmi è stata la connotazione apparentemente tecnica dell'argomento.
Il "sasso" (per restare in tema!) è stato lanciato dal blog Mistero bUFO di Flavio Vanetti, ospitato dal Corriere della Sera (di cui, perdonatemi, eviterò di linkare l'articolo).
Il titolo cita: "Marte, il copia-incolla della Nasa (con "sfumino")".
Il breve post, con riferimento all'immagine pubblicata nel PhotoJournal della NASA, un mosaico dell'affioramento " Missoula" incontrato da Curiosity vicino a Marias Pass, afferma che la foto contiene evidenti " copia e incolla" utilizzati per divulgare " informazioni ingannevoli". Oltre a chiedersi " cosa si affannano a nasconderci i signori della Nasa", si ironizza sul presunto uso dello "sfumino", noto strumento di fotoritocco!
In apertura, l'immagine PIA19829, pubblicata sul blog, con le aree incriminate evidenziate.
In rete, sono prontamente apparse diverse repliche con i chiarimenti del caso, alcune, però, solo parzialmente corrette e talvolta incomplete. Di qui, per non dar adito ad ulteriori dubbi, è nata l'idea di un breve approfondimento.
Il primo punto da chiarire, come già è stato fatto altrove, è che l'immagine pubblicata sul sito della NASA è un mosaico, cioè più immagini sono state assemblate e fuse insieme, in questo caso 5, per ottenere un panorama di tutto l'affioramento. Già in questa circostanza il prodotto finale può presentare delle imprecisioni e degli artefatti dovuti appunto al processo di "cucitura". A volte, anche i migliori software, generano diverse tipologie di alterazioni creando il panorama: dalla banale duplicazione di elementi nel punto di sovrapposizione tra due frame, agli effetti "sfumino" laddove non riescono a collegare bene due zone con colori o tonalità molto differenti. Per ottenere i migliori risultati, quindi, il consiglio è quello di intervenire sempre manualmente per correggere quei dettagli che ai software sfuggono.
Tuttavia, questo non risolve il mistero.
Alcuni, infatti, hanno obiettato che, andando a controllare le immagini raw pubblicate nel catalogo ufficiale, i segni dello "sfumino" sono già presenti (un dettaglio qui sotto).
Queste foto sono state scattate dal MAHLI ( Mars Hand Lens Imager), la fotocamera utilizzata per le macro montata sulla torretta all'estremità del braccio robotico del rover, la stessa utilizzata da Curiosity per scattare i famosi selfie ( qui trovate un approfondimento sulla fotocamera).
I frame in questioni, cioè quelli utilizzati per comporre il mosaico, sono:
1031MH0004540000400109R00_DXXX
1031MH0004540000400107R00_DXXX
1031MH0004540000400105R00_DXXX
1031MH0004540000400103R00_DXXX
1031MH0004540000400101R00_DXXX
Noterete che sono pubblicati in una sezione che si chiama " FOCUS MERGE Data Product", vorrà pur dire qualcosa? O no?!?!?!
Basterebbe aprirne una e leggere la didascalia per farsi venire qualche dubbio, ad esempio:
Using an onboard focusing process, the Mars Hand Lens Imager (MAHLI) aboard NASA's Mars rover Curiosity created this product by merging two to eight images previously taken by the MAHLI, located on the turret at the end of the rover's robotic arm.
Ossia: "... il Mars Hand Lens Imager (MAHLI) a bordo del rover della NASA Curiosity ha creato questo prodotto fondendo da due a otto immagini precedentemente scattate dal MAHLI ..."
Quindi, in poche parole queste foto sono già frutto di un'elaborazione. In gergo si chiamano " stack", cioè sono più immagini dello stesso target riprese su piani focali diversi. Questi frame vengono "impilati" per prendere "il meglio" da ognuno. I software eseguono questa scelta in automatico, selezionando le zone a fuoco di ogni immagine e fondendole insieme per ottenere una foto finale dettagliata, con una profondità di campo maggiore rispetto a quella dei singoli scatti.
Anche questa tecnica, se completamente automatizzata, può produrre artefatti, così come avviene per il panorama.
Nel caso specifico, questi prodotti vengono assemblati direttamente a bordo di Curiosity, su Marte.
Il rover, infatti, dispone di quello che viene chiamato "Onboard Focus Stacking", cioè il MAHLI può acquisire una serie di immagini con fino ad un massimo di 8 posizioni di messa a fuoco e fonderle direttamente con il software di bordo, inviando sulla Terra il prodotto finito.
E visto che ci siamo, quelle curiose foto in scala di grigio che affiancano le miniature nel catalogo, sono delle mappe di profondità che, utilizzate insieme ai "FOCUS MERGE Data Product", permetto di generare una vista 3D del target.