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Marte: tutto il meteo in un meteorite

Creato il 28 agosto 2014 da Media Inaf
Nuvole su Marte. Crediti: NASA / JPL.

Nuvole su Marte. Crediti: NASA / JPL.

Oggi è un territorio asciutto e gelido. E certo anche Curiosity sarebbe d’accordo nel definirlo un luogo decisamente inospitale. Ma è possibile che in un lontano passato, il Pianeta rosso sia stato un posto caldo, umido, ospitale? La vita ha potuto svilupparsi sulla superficie marziana? E se sì, a quando risale il cattivo tempo – nel senso meteorologico – del Marte che conosciamo?

La risposta a questa raffica di domande che da anni attanagliano scienziati di mezzo mondo potrebbe arrivare da una nuova e sorprendente ricerca in corso presso il National High Magnetic Field Laboratory, fornendo elementi conclusivi anche per una eventuale e futura colonizzazione di Marte.

Analizzando le tracce chimiche intrappolate all’interno di un antico meteorite di origine marziana, conosciuto come Black Beauty, il gruppo di ricerca internazionale guidato dal professor Munir Humayun della Florida State University è riuscito a ricostruire la storia passata, e a tratti incredibile, del clima sul pianeta rosso.

La scoperta di un violento e brusco cambiamento climatico nella storia marziana è stata appena pubblicata da Nature Geoscience con il titolo: Record of the ancient Martian hydrosphere and atmosphere preserved in zircon from a Martian meteorite.

Cosa significhi è presto detto: i ricercatori hanno trovato prove di un importante cambiamento climatico fra i campioni di minerali custoditi nello scuro e lucido frammento di meteorite, ritrovato dai beduini nel 2011 in mezzo al deserto del Sahara. In tutti e cinque i frammenti appartenenti a NWA 7533, questa la sigla tecnica del meteorite, sono presenti schegge di zircone: una struttura minerale piuttosto abbondante nella crosta terrestre e che si forma durante il raffreddamento di estrusi lavici. Non un semplice sasso insomma ma, come spiega Munir Humayun: “Un minerale capace di intrappolare nella sua struttura tutto quello che lo circonda. Trovare uno zircone è come trovare un orologio, tiene traccia del tempo trascorso fin dalla sua formazione”.

È così che il gruppo di ricerca di Humayun ha scoperto, non senza sorpresa, che gli zirconi presenti nei campioni marziani hanno qualcosa come 4,4 miliardi di anni di età. Si sono dunque formati quando Marte era piuttosto giovane, un tempo in cui il pianeta potrebbe anche essere stato in grado di sostenere la vita.

“Oggi sappiamo che all’epoca c’era acqua in abbondanza su Marte, ma qualcosa ha cambiato in modo drastico le cose”, spiega Humayun. “Il pianeta che conosciamo adesso, un deserto gelido e asciutto, è figlio di un sistema climatico che resiste immutato da almeno 1,7 miliardi di anni. L’acqua latita dai cicli climatici del Pianeta rosso da un tempo molto lungo”.

Il mistero del clima marziano sta tutto negli zirconi. Essi contengono ossigeno, un elemento con tre isotopi (gli isotopi sono atomi dello stesso elemento che hanno identico numero di protoni ma differente quantità di neutroni). Su Marte l’ossigeno è presente in atmosfera, nell’idrosfera e nel suolo roccioso. I raggi ultravioletti provenienti dal Sole incidono in maniera determinante sulla distribuzione dei tre isotopi nella sottile atmosfera che avvolge il pianeta. Così, quando il vapore acqueo si condensa nel terreno a termine del ciclo, le rocce fungono da registratori naturali del clima marziano.

Un pianeta caldo e umido deve avere un’atmosfera densa e capace di filtrare in maniera efficace l’ultravioletto, che quindi non può incidere sulla distribuzione degli isotopi di ossigeno. Così è, invece, da quasi due miliardi di anni.

Per misurare le proporzioni degli isotopi di ossigeno negli zirconi è stato coinvolto un secondo gruppo di ricerca, guidato dal professor Alexander Nemchin. Si sono serviti dell’attrezzatura NordSIMS dello Swedish Museum of Natural History. “È grazie a questi dati precisi che adesso abbiamo una traccia isotopica di come il clima sia cambiato”, spiega Humayun.

Il clima su Marte ha subito un cambiamento drastico. Ora sappiamo quando. Ma non il perché.

Fonte: Media INAF | Scritto da Davide Coero Borga


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