a cura di Iannozzi Giuseppe
Nel 2007 uscì per Cicorivolta edizioni un piccolo libro, “La ladra di spaghetti” di Marthita Pepe. Il libro mi arrivò fra le mani, lo lessi e mi piacque, così decisi di intervistare la giovane autrice. Queste sono le risposte di Marthita Pepe alle mie domande di allora. In seguito i diritti del libro furono acquistati da Einaudi editore, e oggi, nel giugno 2011, Marthita Pepe è nella collana Stile libero.
Augurando a Marthita Pepe uno strepitoso successo, Vi lascio alla lettura di quella che è stata forse la sua prima intervista nonché alla recensione critica del libro.
iannozzi giuseppe
Marthita Pepe vive a Torino. E basta. In fondo, parlare non le piace granché. Però sa scrivere. Se la chiami al telefono, la sua voce ti risponde in tono flebile e gentile, ma c’è sempre una vena di fretta, per cui è chiaro che in quel momento ti sta facendo un grosso favore.
Due ragazze, due liceali, che a breve dovranno affrontare la matura, ma nelle loro vite manca qualche cosa: la figura paterna. Entrambe le ragazze non hanno mai conosciuto il loro genitore, però entrambe sono state amorevolmente allevate dalle rispettive madri. Nonostante le difficoltà, si può presumere che alle due liceali non sia mancato niente, né l’amore né qualche innocente vizio materiale. La protagonista (Marthita!) si accompagna a Olivia, l’amica del cuore: ma per lei è semplicemente Oli. E la madre di Oli fa la cuoca al Tio Tepe, dove le due non disdegnano di mangiare quasi tutti i giorni. La madre della protagonista è invece una lap dancer, che si esibisce allo Chatam. Nella loro vita nessun terremoto d’emozioni, tranne il fantasma d’un’assenza: quella della figura paterna. Un giorno, quando Oli confida all’amica che conoscerà il proprio padre, la ladra di spaghetti sente nascere in sé un iceberg. E’ invidiosa? Forse ha solamente bisogno pure lei di conoscere il padre. Ma lei non lo sa chi è e sua madre non sembra intenzionata a dirle del genitore, forse perché lei stessa ignora chi sia il padre della figlia. La protagonista è una vera peperina, sensuale simpatica ingenua e anche un po’ perfida ma solo con qualcuno: le piacciono gli spaghetti, moltissimo le piacciono, conditi con un filo di olio d’oliva e una bella grattata di parmigiano reggiano. A ogni forchettata che le arriva in bocca, con genuina malizia tutta femminile, gli uomini che non possono fare a meno di notarla o s’imbarazzano o più spesso immaginano chissà che. Ma questa ladra di spaghetti è fondamentalmente ancora una bambina, una donna-bambina, anche se le sue belle scopate se l’è già fatte non disdegnando qualche marchetta, per necessità: però l’amore lei ancora lo fa con innocenza, con un’innocenza disarmante e provocante al tempo stesso. Lei è genuina, non fa male. No: fa anche male. Sia come sia: è acqua e sapone, o meglio una rossa naturale che va matta per gli spaghetti.
La lingua di Marthita Pepe è schietta e acerba, a tratti quasi pervasa da ingenuità ma tutta al femminile: non mancano però né la passione né la malinconia, come una storia d’amore, quella più sincera e duratura per la Vita, per un’impellente necessità di viverla tutta la Vita. Ne “La ladra di spaghetti” l’autrice, Marthita Pepe cerca di rintracciare quelle radici, che per troppo tempo ha finto che non le interessassero. Forte solamente della sua giovinezza, questa giovane ladra vuol sapere chi è il padre, forse più per sentirsi completa nell’anima, dando così corpo a un mero atto d’egoismo, che non per un disinteressato atto d’amore verso il genitore mai conosciuto. E non manca un po’ di crudele erotismo, e in qualche caso di sesso strappato con la forza: la ladra di spaghetti dovrà fare i conti anche con la violenza, dovrà decidere d’inghiottirla, di far finta di niente, di denunciarla. O d’infliggerla. Ma prima di prendere qualsiasi decisione in merito al suo futuro, prima d’ogni altra cosa dovrà scoprire le sue radici. Radici che sono in quella porzione di sangue che le ha dato il padre e di cui ignora l’identità.
1. Per iniziare, una domanda facile o quasi, dipende dai punti di vista: chi è Marthita Pepe e/o chi vorrebbe essere e perché?
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Marthita Pepe è una ragazza qualunque. Se la incroci per strada, è sempre di corsa. Corre perché è sempre in ritardo. Non ha il dono della puntualità. E’ insicura, indecisa, timida. E nonostante tutto non vorrebbe essere nessun altro.
2. Quali sono i tuoi autori preferiti, perché? Che cosa hai imparato da loro, dai loro libri?
Due di cui ho una vera fissazione: Chuck Palahniuk e Don DeLillo. Perché mi catturano con il loro modo di raccontare, hanno uno stile che mi irretisce. Non so se ho imparato qualcosa da loro. Forse il coraggio di scrivere.
3. Quando hai iniziato a scrivere è stato per una esigenza dell’anima o della mente, per un bisogno emotivo o fideistico? Motiva la risposta, per cortesia.
Credo per tutte due le cose. Ho tentato di sciogliere quell’iceberg che sentivo galleggiare dentro, proprio come accade alla ladra di spaghetti, portandolo alla luce, sforzandomi di analizzarne almeno la parte emersa. Avevo bisogno di mettere nero su bianco la storia che mi riempiva il cuore e la testa.
4. Come ti è venuta in mente la storia de “La ladra di spaghetti”? E’ una storia di sola fantasia o reca anche delle tracce biografiche?
C’è un nocciolo di verità. Poi ho ricamato intorno.
5. A questo punto, la domanda è obbligatoria: sappiamo che la protagonista è “una rossa naturale”: tu sei una rossa naturale? Indipendentemente dalla risposta, quanto c’è di te nella protagonista che hai disegnato nel tuo romanzo?
No, non sono rossa. Nella protagonista ho riversato la mia rabbia, la mia voglia di tenerezza e di amore. Il mio desiderio di un uomo che non abbia ansie di prestazione, di nessun tipo. Ma non ho la sua sfrontatezza e nemmeno la forza di tirare fuori la furia che a volte mi invade.
6. La ladra di spaghetti è una ragazza, notevolmente affascinante, per certi versi fragile, innamorata soprattutto della vita: gli uomini per lei sono tutti “maledetti”. Senza svelare troppi particolari della trama, perché una ragazza, o una donna, a un certo punto decide che sì, è meglio essere single e mandare al diavolo gli uomini?
Forse perché si aspettava troppo da loro ed è stufa di delusioni. Non ha più voglia di mettersi in gioco, di rischiare un’altra ferita. Ma io non la penso così. Anche se adesso sono single, non riesco ad immaginare una vita senza un uomo. Lo vedo accanto a me, magari mentre sbuffa per il mio muso lungo, ma comunque vicino.
7. A tuo avviso c’è una differenza sostanziale fra chi solamente si spaccia per macho e chi invece è un uomo perché così ha voluto il caso?
Non credo. Non sostanziale. Il macho per finta ha insicurezze di fondo che vuole nascondere, ma spera di trovare una donna con cui non dover fingere. Chi si accetta come uomo ha comunque la difficoltà ad essere accettato per quel che è. Il primo si è già messo una maschera. Il secondo magari si sentirà obbligato a farlo per conquistare una donna che gli piace. Non so se ho risposto in modo corretto alla tua domanda. Forse ho riversato qui la difficoltà che abbiamo tutti a essere noi stessi, al di fuori di schemi che sembrano obbligati.
8. La ladra di spaghetti non disdegna di farsi delle marchette: non prova vergogna a vendere il suo sesso perché consapevole che non sta vendendo l’amore. Possiamo dire che in certe situazioni è una marchettara, e perché?
E’ una marchettara serena, perché ha capito che il suo corpo piace e lo usa quando le conviene. Lo affitta. Ecco, direi che lo affitta, perché lei ne rimane la padrona.
9. Chi è la figura paterna, che cosa simboleggia per la ladra di spaghetti che mai l’ha conosciuto il padre? Vuole forse conoscere il padre per emulare l’amica Oli (Olivia)?
Credo che la ladra di spaghetti prenda la scusa di emulare Oli, ma in realtà covi da sempre il desiderio di sapere chi è suo padre. E’ un’esigenza cresciuta con lei. L’ha vissuta un giorno dopo l’altro come una privazione. E’ il negato dalla vita, che lei percepisce come un suo diritto.
10. Nella vita reale, nella tua, hai un’amica che è un po’ come la Oli che troviamo così tanto prorompente ne “La ladra di spaghetti”?
Sì, c’è. Mi sono ispirata a lei, descrivendo Oli. Infatti mi ha diffidata dal riprovarci. E dire che le ho cambiato nome…
11. Perché gli spaghetti? Come ben saprai i bìgoli sono i vermicelli, ma la parola bìgolo si adatta anche a un contesto più volgare per indicare il pene maschile. Dunque: perché proprio gli spaghetti? Essi hanno un valenza o un valore fallico nell’immaginario di uomini e donne, e quale nel tuo romanzo?
Li paragonerei – sperando di non sembrare troppo presuntuosa – alla madeleine di Proust. Evocazione. Sono davvero il mio piatto preferito. Sono stati la prima lezione di seduzione appresa nella vita. Erano venuti a prendermi a scuola – non chiedermi chi – e stavamo mangiando in silenzio gli spaghetti al tavolino d’angolo di una trattoria. Ho percepito qualcosa di insolito e ho alzato gli occhi, sorprendendo lei in quel gioco descritto nel mio romanzo. Una folgorazione. Inequivocabile anche per una bambina. Quel giorno non sono più riuscita a mangiare, ma dal giorno dopo ho iniziato le prove davanti allo specchio.
12. Con “La ladra di spaghetti” hai voluto suggerire un messaggio morale o amorale a chi lo leggerà? E se sì, quale?
Assolutamente no, non c’è nessun messaggio di nessun tipo. E‘ un racconto e basta.
12bis. “La ladra di spaghetti” può essere inteso in una coniugazione erotica tutta al femminile? Motiva la risposta.
Sì, nel mio racconto l’erotismo è un gioco che solo una ragazza può giocare in quel modo. E anche quando diventa pesante, è con una cattiveria che solo una donna può avere.
13. Una domanda leggermente cattiva: a chi consiglieresti di leggere “La ladra di spaghetti”, oltre agli amici? Per quale motivo?
Lo consiglierei alle madri che hanno paura a trasmettere dolcezza. E ai padri che hanno paura di essere uomini con figli.
14. Credi che oggi come oggi esista una narrativa al femminile capace di contrastare la dittatura editoriale sempre più maschilista?
Non farò nomi, non ce n’è bisogno. Ci sono scrittrici bravissime. Piuttosto non parlerei di contrastare. Mi piace pensare che siete così diversi da noi donne da non poter fare a meno di noi, in tutti i sensi. Non è vero?
15. Quali i tuoi progetti per il futuro? Hai già in mente la traccia del tuo prossimo romanzo?
Lo sto scrivendo.
16. Confidaci un tuo segreto o un tuo sogno nel cassetto…
I segreti sono segreti. E i sogni si tengono stretti nel palmo della mano finché non si vede cadere una stella.
Grazie Marthita, sei stata molto generosa a voler rispondere a così tante domande, alcune delle quali, non lo nego, un po’ imbarazzanti e perfide!
Ti auguro il meglio. Hai scritto un gran bel romanzo, che si lascia leggere tutto d’un fiato, o meglio: che si lascia divorare proprio come un buon piatto di spaghetti con un filo di olio d’oliva e una bella grattata di parmigiano reggiano.