Trattare Marx da economista che ha previsto la globalizzazione significa fraintenderlo. Considerarlo un filosofo significa declassarlo. Usarlo religiosamente per le proprie invettive moralistiche contro l’alienazione umana è addirittura affossarlo. Chi oggi manipola il suo pensiero per sostenere le sciocchezze succitate è un dilettante o un cialtrone. Marx era innanzitutto uno scienziato, il primo ad addivenire ad una grandissima scoperta: quella delle determinati sociali che strutturano i rapporti interindividuali e che schiudono il “Continente Storia” all’indagine conoscitiva , come scrisse Althusser. Gianfranco La Grassa ha sottolineato che solo in questa rilettura è possibile apportare ‘un colpo decisivo allo schema “classico” del marxismo economicistico della tradizione: lo sviluppo delle forze produttive incontra, al suo “massimo” livello, l’ostacolo rappresentato dal vecchio involucro dei rapporti di produzione (pensati come relazioni di proprietà dei mezzi produttivi); questo involucro viene dunque spezzato; tutta la “sovrastruttura” politico-ideologica che si erge su quella “base” (rapporti di produzione) viene rovesciata e trasformata’. Lo stesso La Grassa va poi oltre questa interpretazione delle dinamiche sociali ponendo al centro dell’analisi: “il principio della “razionalità” strategica, applicata al conflitto in quella che è la politica tout court, ovunque venga svolta: nella sfera politica vera e propria, in quella economica, in quella ideologico-culturale. Tale politica si condensa nei vari “macrocorpi” (Stato e apparati politici, imprese, ecc.) che diventano gli “attori” della battaglia nel campo del suo svolgimento, i portatori soggettivi di dinamiche conflittuali oggettive; non colte in sé ma sempre interpretate con ipotesi che nascono dalle teorie formulate all’uopo (e sempre riviste e ri-formulate di epoca in epoca). Il conflitto (strategico), “essenza” della politica, pur essendosi esteso – durante il passaggio al capitalismo, cioè alla sua prima formazione sociale, quella borghese – alla sfera economica, non fa di quest’ultima quella ormai predominante e da cui tutte le altre dipenderebbero (deterministicamente o con “azione di ritorno”, che è un semplice “meccanicismo incrociato”, una mera interazione)” .
Per Marx l’elemento centrale per comprendere i rapporti sociali capitalistici è la proprietà dei mezzi di produzione. Chi non ha la disponibilità degli strumenti produttivi è costretto a vendere la propria forza-lavoro sul mercato. Sul mercato i possessori di capitale incontrano i possessori di merce forza-lavoro. Quest’ultima viene pagata in base al suo valore(di mercato), non c’è nessuna rapina o coercizione. Gli uni e gli altri sono liberi di concludere l’affare. Ovviamente, la situazione cambia quando la forza-lavoro viene incorporata al processo produttivo. E’ qui che, attraverso l’estorsione di un pluslavoro (assoluto e relativo)la cui forma astratta è il plusvalore, il capitale s’ingrossa senza corrispondere l’equivalente al lavoratore. Marx lo scrive chiaramente anche nelle Glosse a Wagner. Inoltre, nella prima fase del capitalismo il proprietario era anche direttore delle produzione e partecipava attivamente alla creazione del plusvalore ci cui si appropriava. Tuttavia, secondo Marx, con l’evoluzione delle cose, le dinamiche di concentrazione e poi centralizzazione dei capitali, il capitalista smette anche di svolgere quella attività direttiva, ora affidata a salariati specializzati di alto livello (ex capitalisti espulsi dal mercato per via della concorrenza), disinteressandosi dell’attività materiale per dedicarsi alle strategie borsistiche o di altro tipo, anche politiche.
Il passaggio è importante perché da qui prende le mosse la sua previsione che si rivelerà comunque errata. Per noi è facile dirlo col senno di poi. Ma Marx la vede dispiegarsi chiaramente sotto i suoi occhi e sente già suonare le campane a morte del capitalismo. Questioni di anni e non di secoli. Nella produzione si sta formando un corpo di produttori associati che controlla la fabbrica senza attendere direttive esterne. E’ il lavoratore collettivo cooperativo, unione di funzionari del braccio e della mente, che forma la classe intermodale affossatrice del sistema. Essa nasce dalle viscere medesime del capitalismo e dalle sue contraddizioni storiche. Per questo la rivoluzione è un parto ormai maturo nel grembo del Capitale, con il sovvertimento delle strutture politiche in cui gli assenteisti della produzione si sono asserragliati il socialismo conquista anche le sovrastrutture politica, e lo fara’ quasi pacificamente. Il socialismo operante nelle unità produttive ricodifica tutta la struttura sociale fornendone una corrispondente ai nuovi rapporti materiali. Lo Stato è abolito, perché sono abolite le classi. Essendo esso il massimo apparato di coercizione della catena di comando borghese viene spezzato dalla dittatura del proletariato, fase transeunte di smembramento delle precedenti istituzioni sociali. Col socialismo inizia anche l’era dell’abbondanza, inizialmente ad ognuno secondo il suo lavoro e poi, con l’ulteriore sviluppo produttivo innescato dai nuovi rapporti sociali, coincidente col passo successivo del comunismo avverato, a ciascuno secondo i suoi bisogni. La natura umana, in tutte queste trasformazioni, resta esattamente la stessa. L’uomo non diventa più buono, il suo cuore non si espande e nemmeno l’umanita’ ritorna in se dopo secoli di alienazione, perché l’alienazione non c’è mai stata, nemmeno nella società divisa in classi. E tutto questo Marx lo sapeva bene. Ha preso male la mira sul General Intellect, seguendo però una certa logica interpretativa, frutto, in ogni caso, di analisi scientifica, ma non sulle bassezze umane. Marx non aveva fiducia cieca negli uomini e men che meno in quelli più poveri che chiama anche le puttanesca della storia. E’ odioso che oggi venga tirato in ballo da filosofessi e figosofi del piffero su temi etici come l’utero in affitto. Uno di questi ha affermato che Marx ed Engels sarebbero contro tali pratiche perché per essi la lotta di classe iniziava dalla famiglia. Un Cretino, un vero cretino. Il nostro non avrebbe messo becco, se non con ironia, in certe bazzecole moralistiche. Ancora, Marx sapeva e diceva perfettamente che la vendita di forza-lavoro non c’entrava proprio nulla con l’alienazione umana, questo concetto gabinetto in cui defecano i filosofi che devono sempre vedere una pericolosa deriva etica nei loro tempi. Affittare un utero non è una bella cosa ma che senso ha dire che farlo è vendere se stessi? Affittare o vendere un organo è pure deprecabile ma non è vendere se stessi. Se ci fosse coincidenza tra la parte ed il tutto potrei dire del filosofo che egli è il suo testicolo, cioè un coglione. Ad ogni modo, tirare in ballo Marx o anche Gramsci (è stato fatto)per queste masturbazioni mentali è una vergogna.