Lo stesso Yoshida ha mantenuto uno stretto riserbo, limitandosi a un messaggio diretto ai lavoratori della centrale. "Sono costretto a lasciare l'unità di crisi in un momento importante, su richiesta pressante dei medici", ha fatto sapere con dispiacere il direttore dimissionario, rivolgendosi in particolare agli specialisti impegnati nella gestione della più grande catastrofe nucleare dai tempi di Chernobyl (1986).
Yoshida, attualmente ricoverato in ospedale, continuerà a ricoprire un ruolo nella divisione nucleare della Tepco. Durante l'emergenza nucleare di marzo Yoshida ha vissuto in prima persona momenti terribili, restando sul posto e operando in condizioni estreme. Il 12 novembre scorso, parlando con alcuni giornalisti autorizzati a entrare per la prima volta nella centrale, Yoshida aveva confessato di aver temuto per la propria vita. Ma ha rifiutato di rispondere alle domande sulla quantità di radiazione a cui era stato esposto.
Da parte sua, la compagnia Tepco ha riconosciuto che diverse persone impiegate nel sito nucleare sono state esposte a livelli di radioattività superiori ai limiti autorizzati anche in condizioni di emergenza, ma che nessuna morte è stata ricollegata direttamente a quella situazione. In particolare, tre operai di Fukushima sono deceduti per altre ragioni dopo l'incidente alla centrale, così come due impiegati, morti il giorno del sisma e dello tsunami.