Kennedy Marr è uno scrittore irlandese, trapiantato a Los Angeles, datosi alla sceneggiatura, super pagato, super ammirato, super viziato. Ha 44 anni, 2 ex mogli, una figlia sedicenne. Passa il tempo a sperperare soldi, a sbronzarsi, a farsi coinvolgere in risse da bar e a scopare qualsiasi cosa che sorride. A un certo punto, grazie a tutta una serie di eventi che non vi racconto perché mi piacerebbe che leggeste il libro, si ritrova a dover passare un intero anno accademico in un college inglese a insegnare scrittura creativa.
La quarta di copertina del libro dice che in Inghilterra Kennedy si scontra faccia a faccia coi fantasmi del passato, ma io credo che, fin dalla prima pagina e dalla prima sbronza, Kennedy il passato se lo sbatta in faccia tutti i giorni. Solo che poi gli serve l’aiutino dell’esperienza inglese per affrontarlo davvero.
Mentre leggevo Maschio bianco etero di John Niven a un certo punto non sapevo più se piangere o ridere. Di Kennedy, della sua costante e terribile consapevolezza, del suo rapporto col sesso, con le donne, con la figlia, con la madre, con la sorella. Sei lì che leggi la sua incapacità di relazionarsi con le persone che lo amano e l’incapacità di continuare a scrivere romanzi. Lo vedi trascinarsi tra un film e l’altro, una sbronza e l’altra, una donna e l’altra, circondato da tutto il teatrino hollywoodiano; sai che sta aspettando quel ‘qualcosa’ che gli permetterà di partorire il suo vero capolavoro e, se da un lato ti diverti, perché certi passi sono veramente esilaranti, dall’altro sei frustrato, perché non puoi prenderlo a schiaffi per scuoterlo e urlargli di riprendersi la sua vita e mettere le cose a posto.
Kennedy è brillante, intelligente, talmente arrogante da risultare simpatico e ammetto che anche io, come tutte le donne del libro, mi sono presa una cotta per lui. Kennedy Marr pero è anche terribilmente umano e quindi tutto il suo viaggio per rialzarsi davvero, per riuscire a confrontarsi con la sua vera realtà e il suo vero io, lo scrittore di cui proprio non riesce a fare a meno e che non c’entra niente con le sciacquette di Los Angeles, i vestiti firmati e le super cene, deve essere sopra le righe. Tutto però proiettato verso sua figlia, sua madre e sua sorella e il suo passato. Con tutto il dolore di cui ha bisogno. Anzi, tutta una serie di dolori, piccoli e grandi, propriamente umani: il tradimento, l’umiliazione e la paura di vedersi sfuggire da sotto gli occhi tutta la vita così come la conosciamo e, ovviamente, la morte.
Il tutto, messo insieme tra Los Angeles e l’Inghilterra, fa sì che Kennedy Marr diventi un personaggio meraviglioso. Per la sua costante presa di coscienza dello schifo che è diventata la sua vita. Perché, ed è una delle cose che rende questo libro così bello, Kennedy sa che ha “tradito l’amore” fin dalla prima pagina. E vive questa vera e propria tragedia personale con devastante ironia. E inconsapevolmente Kennedy ci insegna che sì, dobbiamo vivere alla grande, ma senza perdere di vista le cose importanti.
Un libro che dovrebbero leggere gli aspiranti scrittori, quelli che ‘hanno fatto i soldi’ e soprattutto chi, volente o nolente, è stato troppo amato.