Probabilmente, per capire qualcosa del perdurante scontro al vertice delle istituzioni in Iran occorre approfondire lo sguardo su Esfandiar Rahim-Mashaei. Sullo sfondo del teatro politico si stagliano le elezioni Presidenziali del 2013. Ahmadinejad sa di non poter concorrervi in quanto la Costituzione Iraniana modificata nel 1989 pone il limite massimo di due mandati consecutivi. Così, Mashaei potrebbe essere l’asso nella manica che Ahmadinejad intende sfoderare per prolungare la sua presa sul potere esecutivo. Per essere ammesso a concorrere dovrà superare il vaglio del Consiglio dei Guardiani e vista la resistenza che l’attuale Presidente sta da tempo opponendo alla Guida è probabile attendersi una sua bocciatura. Lo scontro continua…
Nato nel 1960, Mashaei è, oltre che il consuocero di Ahmadinejad (sua figlia ha sposato il figlio di questi), anche suo amico e collaboratore. Nel luglio 2009, in seguito alle elezioni Presidenziali, Ahmadinejad lo ha nominato Primo vice-presidente, ma è stato immediatamente costretto a rinunciare alla carica poiché non gradito a Khamenei. Secondo la Costituzione, infatti, la nomina dei Ministri spetta al Presidente (art. 133), ma una consuetudine non scritta attribuisce alla Guida il potere di sindacare questa scelta[1]. Ciononostante, Ahmadinejad ha provveduto senza esitazioni a promuoverlo al vertice del suo staff.
Questo schema che delinea il rapporto di subordinazione che lega il Presidente alla Guida[2]si è riproposto almeno in un’altra importante occasione nella storia recente della Repubblica Islamica e ha avuto ad oggetto la disputa sulla tentata rimozione del Ministro dell’Intelligence e della Sicurezza Nazionale Heydar Moslehi, personaggio ritenuto vicino a Khamenei[3]ed unico Ministro che non era stato licenziato nel passaggio dal primo al secondo mandato di Ahmadinejad. Nell’aprile 2011 il Presidente lo aveva congedato senza un preciso motivo, ma Khamenei lo aveva formalmente reintegrato nella sua posizione, confortato anche da un parere favorevole espresso dal Parlamento. Per ripicca, Ahmadinejad ha disertato le riunioni di Gabinetto per diversi giorni.
E’ opportuno ricordare che già nel dicembre 2010 Ahmadinejad aveva provveduto a scaricare il Ministro degli Esteri Manouchehr Mottaki, anch’egli come Moslehi vicino a Khamenei, sostituendolo con Ali Akbar Salehi, ex-capo dell’Organizzazione Iraniana per l’energia atomica e personaggio più prossimo ai neoconservatori.
E’ plausibile concludere, perciò, che le mosse di Ahmadinejad siano state avvertite da Khamenei e dall’éliteconservatrice tradizionalista[4]come il tentativo di procedere ad un totale controllo su un settore chiave qual è la politica estera, soprattutto in vista delle prossime elezioni parlamentari previste per il 2012[5]. A questa sfida Khamenei ha risposto ricorrendo alle prerogative che in Iran assegnano alla Guida poteri sostanzialmente illimitati. Ma la resistenza oppostagli da Ahmadinejad, che è recentemente tornato ad insistere sulla nomina di Mashaei a vice-presidente, ha acuito ulteriormente i rapporti fra le due istituzioni principali del Paese.
L’ormai quasi insanabile scontro per il potere in atto in Iran vede nella figura di Mashei, nelle sue dichiarazioni e nelle sue mosse, una delle chiavi principali del contendere. Capo dell’Organizzazione per il turismo durante il primo mandato di Ahmadinejad, si era reso protagonista di alcune vicende che avevano provocato gli anatemi da parte dell’establishment clericale. Nella campagna per le elezioni del 2005, Ahmadinejad aveva promesso tra le altre cose un più attivo ruolo della donna nella società, pur nel pieno rispetto dei valori islamici a cui si richiamava fortemente e senza mettere in discussione la questione del velo. In un viaggio in Turchia nel dicembre 2005, Mashaei aveva partecipato ad una manifestazione culturale nella quale delle donne avevano messo in scena un ballo tradizionale, un fatto assolutamente vietato nell’Iran fondamentalista. Nel 2008 a Tehran aveva presenziato ad una manifestazione in cui delle donne suonavano mentre una di loro recitava versi del Corano. I chierici avevano così rinnovato le critiche verso Mashaei per un atto considerato oltraggioso nei confronti del Libro sacro. Come se non bastasse, recentemente ha rilasciato dichiarazioni su Israele ritenute assolutamente dannose per l’ideologia di regime: «nessuna nazione al mondo è nostra nemica. Oggi l’Iran è amico sia del popolo americano che di quello israeliano e ne siamo onorati». Invitato a commentare queste parole, Ahmadinejad ha preferito difendere Mashaei il quale ha ribadito in una seconda occasione il concetto[6].
Ahmadinejad si è sempre contraddistinto per il populismo cui ricorre sia in politica interna, avendo fin dal 2005 posto l’enfasi sulla giustizia sociale, sul sostegno ai diseredati e sulla lotta alla corruzione – in sottile polemica con l’establishment clericale il cui marciume è rappresentato, nell’immaginario collettivo, dal potente Rafsanjiani – ed in politica estera, al punto che negli ultimi tempi sembra aver accettato l’idea di un dialogo con l’Occidente non tanto per una quanto mai inedita intesa col “Grande Satana”, ma per ragioni di consenso interno[7]. La stretta intesa fra Ahmadinejad e Mashaei, che si dice ricordi il binomio Putin-Medvedev[8], fa ritenere a molti che il primo stia puntando sulla vittoria del secondo alle elezioni presidenziali in modo tale da continuare ad esercitare un pur minimo controllo sulle leve del potere esecutivo. Non è peraltro da escludere l’eventualità che il Consiglio dei Guardiani, abilitato a sindacare i requisiti dei concorrenti alle elezioni, bocci la candidatura di Mashaei.
Questi ingredienti hanno inevitabilmente surriscaldato il clima politico. Le ambizioni di Ahmadinejad ed il suo populismo, da sempre visti con sospetto dall’élite clericale, vengono in questa fase percepiti come una minaccia, soprattutto se associati alla sua relazione con Mashaei. Quest’ultimo è propugnatore di un’idea di Iran in cui la religione è relegata ad un piano secondario rispetto all’identità nazionale, all’iranità. Effettivamente, Mashaei sta utilizzando una carta molto potente e, per ciò stesso, assai rischiosa per l’establishment. L’identità persiana è fortemente sentita in Iran e affonda le proprie radici in oltre 2.500 anni di storia. Non è un caso se nel 2010 Mashaei si era mosso attivamente per ottenere sul territorio iraniano il Cilindro di Ciro, in prestito dal British Museum di Londra. Il manufatto, ritenuto il primo documento al mondo sui diritti umani, è stato esposto al pubblico iraniano per sei mesi a cavallo fra il 2010 ed il 2011 e ha richiamato un milione di visitatori, ma l’evento è stato boicottato dal clero[9].
Secondo il professor Hushang Amirahmadi, presidente del Consiglio per le relazioni fra Iran e Stati Uniti, all’impopolarità dell’éliteclericale e dell’ideologia islamista fa da contraltare la grossa popolarità, peraltro da sempre segno distintivo degli iraniani, riscossa dall’identità nazionale[10]. L’Iran è sempre stato un Paese consapevole di trovarsi in una situazione di eccezionalismo: una nazione persiana in un mondo arabo; un Paese sciita in una regione a stragrande maggioranza sunnita. Le rivalità con Paesi quali Egitto, Iraq e Arabia Saudita hanno sempre avuto la meglio sull’ostilità nei confronti di Israele, un’ostilità tattica e di convenienza che non rende ragione dei legami profondi esistenti in realtà fra i due Paesi[11].
Le posizioni espresse da Mashaei e avallate tacitamente da Ahmadinejad si rivelano, così, come una sfida pericolosa per il regime e per Khamenei. Se l’ideologia nazionalista, non ancora accettata ufficialmente dagli iraniani, dovesse conquistarli, per i chierici le cose si metterebbero male. Il Paese ha bisogno di libertà e di rilancio dell’economia, esprime un forte desiderio di apertura e nutre un profondo risentimento verso una Rivoluzione islamica che ha tradito ormai da anni le promesse. Ciò non significa che la religione verrà tolta di mezzo, vuol dire essenzialmente che il modo in cui l’élite l’ha utilizzata – cioè uno strumento per la conservazione del potere e dei privilegi – è ormai inviso alla popolazione. Anche per questo motivo, Ahmadinejad recentemente abbracciato la “politica dell’Imam nascosto”[12], affermando di essere in contatto col Mahdi e di operare in sua vece. Un’iniziativa che, annunciando la fine dell’Occultazione, gli consente di utilizzare la religione ai propri fini, cioè per delegittimare i custodi della Verità religiosa, quella che poggia sul velayat-e faqih(governo del giureconsulto). Discorso che ha dato modo ai chierici stretti attorno a Khamenei di replicare evocando lo spettro della magia nera esercitata da Mashaei su Ahmadinejad. Concetti che servono a recuperare quel po’ di legittimità di cui il clero, delegittimato da anni di mero arroccamento al potere, soffre la mancanza.
E’ evidente però che l’uso della religione declinata in termini diversi rispetto all’ideologia ufficiale del regime e il ricorso sempre più notevole al nazionalismo, sotto la spinta e l’esempio di Mashaei, si caratterizzano come risorse fertili per mietere quel consenso che inevitabilmente si rivelerà necessario in occasione degli appuntamenti elettorali del 2012 e del 2013. La carta nazionalista (e quindi “laica”) potrebbe essere quella leva che scuoterà i cittadini iraniani, stanchi dell’oppressione; se nuove parole d’ordine sapranno sposarsi con la domanda di libertà che proviene da una società fondamentalmente giovane che pochissimo ha da condividere con una gerontocrazia religiosa abbarbicata al potere da oltre trent’anni e se l’onda delle rivolte arabe echeggiasse all’interno dei confini del Paese, potrebbe formarsi un nuovo fronte formato da milioni giovani e donne che bussano alle porte della modernità. Forse proprio le rivolte nella regione e le stesse sorti del vicino alleato siriano potrebbero essere le variabili intervenienti utili a far vacillare il potere assolutista degli islamisti.
[1] See Iran's president and supreme leader in rift over minister's reinstatement” Guardian, 27 April 2011, at http://www.guardian.co.uk/world/2011/apr/27/iran-president-supreme-leader-rift. Retrieved 17 August 2011. As article 133 provides, after being appointed by the President, Ministers have to be presented to the Assembly for a vote of confidence.[2] Such a relation between the President and the Leadership is legitimized in Constitution (art. 60).
[3] See Iran's president and supreme leader in rift over minister's reinstatement” Guardian, 27 April 2011, at http://www.guardian.co.uk/world/2011/apr/27/iran-president-supreme-leader-rift. Retrieved 17 August 2011.
[4] Traditionalist conservatives belong to what is dubbed “old guard”, the faction next to Khamenei, in opposition to the “new guard”, the faction next to Ahmadinejad and to the military forces who are also known as the neoconservatives. For further details about political factionalism and the emergence of neocons in Iranian politics, see Anoushiravan Ehteshami and Majoob Zweiri, Iran and the rise of its neoconservatives. The politics of Tehran’s silent revolution, I.B. Tauris, London-New York, 2008.
[5] See Iran's president and supreme leader in rift over minister's reinstatement” Guardian, 27 April 2011, at http://www.guardian.co.uk/world/2011/apr/27/iran-president-supreme-leader-rift. Retrieved on 17 August 2011. [6] See Farhang Jahanpour, Is Iran Next? Supreme Leader Versus Ahmadinejad, 9 May 2011 at http://www.payvand.com/news/11/may/1079.html. Retrieved 19 August 2011.[7] See Suzanne Maloney and Ray Takeyh, Ahmadinejad’s Fall, America’s Loss, New York Times, 15 June 2011, at http://www.nytimes.com/2011/06/16/opinion/16Takeyh-Maloney.htm?_r=1. Retrieved 18 August 2011.[8] See Farhang Jahanpour, Is Iran Next? Supreme Leader Versus Ahmadinejad, 9 May 2011 at http://www.payvand.com/news/11/may/1079.html. Retrieved 19 August 2011. [9] See Saeed Kamali Dehghan, Ahmadinejad grooms chief-of-staff to take over as Iran's president, 21 April 2011, at http://www.guardian.co.uk/world/2011/apr/21/ahmadinejad-iran-successor-wikileaks. Retrieved 18 August 2011.[10] See Robert Tait, Iranian President's New 'Religious-Nationalism' Alienates Hard-Line Constituency, at http://www.payvand.com/news/10/aug/1184.html. Retrieved 19 August 2011.[11] For further details see Trita Parsi e the next paragraph on the charachteristics of Iran’s foreign policy.[12] See Ali Chenar, The politics of the Hidden Imam, at http://www.pbs.org/wgbh/pages/frontline/tehranbureau/2011/07/the-politics-of-the-hidden-imam.html. Retrieved 17 August 2011.