L’ostacolo più grande per la realizzazione di una democrazia autentica e partecipata non è l’arbitrio del potere, ma la monodimensionalità della massa; una monodimensionalità che, per quanto possa essere suggerita dal potere per favorire la propria conservazione, non può che essere auto-imposta dagli individui a sé stessi. I migliori analisti politici contemporanei sono arroccati su una schematizzazione che vanifica ogni possibilità del loro pensiero di essere autenticamente organico alla società: da una parte il potere rappresentato come un Leviatano non più autoritario, ma subdolo, un gigantesco serpente dell’Eden interessato esclusivamente alla propria conservazione e a tenere lontana la cittadinanza dal paradiso terrestre; dall’altra i buoni cittadini soffocati dalle sue spire, impossibilitati ad opporsi, nonostante la loro adamantina buona volontà. E’ una rappresentazione romantica e ideologica, dettata in buona parte dall’esigenza di accattivarsi i favori del pubblico. Bisognerebbe iniziare a dire che, per quanto i politici possano essere opportunisti e corrotti, in un sistema a suffragio universale sono pur sempre la proiezione fedele della cittadinanza. Nessuno può essere obbligato da chicchessia a votare in un modo determinato e le stesse armi di distrazione di massa sono divenute un tale segreto di Pulcinella che ogni elettore che lo voglia realmente può tranquillamente evitare di lasciarsene condizionare. Se i cittadini in grande maggioranza continuano a farsi affascinare dalla rappresentazione piuttosto che dalla reale capacità di risolvere le questioni, la responsabilità non può più essere addebitata a un potere che non ha più mezzi coercitivi per imporsi, ma ai cittadini che, pur potendosi dotare dei mezzi per fare scelte ponderate, per pigrizia o per ignoranza non li utilizzano.
In modo paradossale e provocatorio, si può dire che l’unica forma democratica autentica che si possa realizzare non sia quella partecipata, nè tantomeno quella diretta, ma quella qualificata, nella quale il diritto di voto sia subordinato al possesso di una robusta coscienza civica dell’aspirante elettore. Faccio un esempio relativamente attuale. L’ex onorevole Di Pietro è stato uno dei più attivi nel percorso per l’abolizione del cosiddetto Porcellum, tanto da raccogliere con successo le firme per un Referendum abrogativo, bocciato dalla Consulta, ma che ha dato il la alla successiva pronuncia di incostituzionalità della stessa Consulta. Paradossale che lo stesso leader Idv si sia reso responsabile di due dei casi più delegittimanti di eletti con la famigerata legge elettorale, Scilipoti e Razzi. Ma perché Di Pietro ha presentato nelle sue liste bloccate due politicanti che avrebbero dovuto essere considerati inadatti a prima vista? Mi vengono in mente due sole possibili motivazioni: o questi sono stati imposti da intrecci torbidi, o più semplicemente erano sostenuti da un ampio bacino di voti. Ergo, in entrambi i casi, i due peones avrebbero facilmente guadagnato il seggio anche con la possibilità di scelta dei cittadini, attraverso le preferenze o i collegi.
Il leviatano oggi non è più rappresentato dal potere, ma dalla massa.