… Forse questo è dovuto allo stato provvisorio di esule – ricordo la mia prima valigia, la mia prima nebbia, in piazza Marinai d’Italia, nel 1985, a Milano -
… Giovani che viaggiano per città d’Europa, non con quel sentimento di annullamento che avevo io, ma con una resistenza maggiore, una propensione a non farsi fottere, a vivere intensamente. O forse per un identico sogno, quello stesso confondersi in una promessa di sogno: ” nella notte adolescente”.
… Leggiamo citazioni letterarie nella vita, la vita che cita la letteratura, o viceversa. E soprattutto la notte, l’ indistinta e fascinosa forma dell’andare per ombre.
…Il viaggio fa scaturire improvvisi racconti: la storia cupa, la storia che emerge dalla notte, una storia di adolescenza rediviva.
… Cameratismo adolescenziale, veri proclami. Nei nostri tempi incredibilmente veloci si accorcia il viaggio di Ulisse – che cosa potrebbe esplorare, oggi, di se stesso, di noi, del mondo? – “Ulisse cammina lento, ignora che a volte si vive solo per gravità”, p 33.
…Finisce il viaggio nella vecchia Europa, dentro se stessi, per il vecchio che già diventiamo; così si sente l’urgenza di una “geografia del ricordo”, per ordinare tutti i cassetti, entrare nel secondo tempo della vita.
…Il viaggio di Ulisse è, per Aravecchia, un vero viaggio ad Avignone, sotto la pioggia. ” la pioggia ci sorprese appena fuori dal ventre ci avvolse/odore di freni e notte d’autostazione: la prima/ immagine d’Avignone fu una rinascita per acqua/ di noi inesperti”, p 36.
…Ma cosa succede quando si ritorna?: il viaggio è sempre alle porte, ci portiamo dentro l’istinto del cacciatore, prede e cacciatori, con il lievatano alle porte…
…Il viaggio è dentro la propria storia, le proprie radici, negli occhi, nei gesti degli altri – nel tunnel di una stazione, adesso, mentre scrivo con le dita sospese - nel ricordo delle persone che con le mani hanno saputo costruire un mondo: “Giovanni fu Bonfiglio Gazzotti fu muratore e straniero/ ovunque”, p 49.
…E infine il viaggio è nella nascita, negli occhi di tuo padre che ti ha presentato per la prima volta al mondo.
Sebastiano Aglieco
***
a Manuel
quale vorace notte di metà aprile ci portava
al filo di una canzone pedalando e intorno
al turbine che rinnova le vie s’aprivano e a noi
e questa nostra cometa di ferro e manubrio lungo orbite
ciclabili se ne andava, la prua fendendo i ghiacci invernali…
venga allora la fine di questa infanzia: ma non potrà
rapire quella ruota sui pollini dal nuovo giorno
p. 31
***
un vecchio Ulisse attraversa il campo tagliandolo
in senso contrario all’onda ed in spalla reca
il remo che l’ha portato a riva mentre la primavera
genera piante inutili in mezzo al grano ed un guscio di vento
scontorna alla vista l’immobilità della terra. vedi?
l’erba si chiude ai margini del suo passo
l’ombra del ventilabro prolunga appena la sensazione di un movimento.
Ulisse cammina lento, ignora che a volte si vive solo per gravità
p 33
***
a Milena N.
un vento dall’oceano che non dà tregua, lo senti
a sparigliare il conforto di questa mia
geografia del ricordo e ricomporre un’altra lingua, a rinuncia
donare e perdita un abito identico – è tempo, mi dici, è tempo!
ed io che ti chiamavo per una storia di condoglianze
per l’inattesa rovente esplosione della forsizia
a partita già decisa lungo i muri delle case popolari…
p. 35
***
isole Cassiteridi
I
la pioggia ci sorprese appena fuori dal ventre ci avvolse
odore di freni e notte d’autostazione: la prima
immagine d’Avignone fu una rinascita per acqua
di noi inesperiti, del vento che a sparigliare -
nemmeno il respiro bastava alla corsa in hotel -
le nostre vite, la forma dei sogni creando
inesplorati mondi nel vortice nuovo dei nostri corpi
II
vedemmo elementi intrecciarsi, il polmone marino
che dicono i geografi limiti il mondo da nord
caos primigenio che scherma il mondo di sopra dal nostro -
ma vento colmava la vela delle lenzuola nel mattino
gli sguardi s’inebriavano sopra al mare color del vino
voltandosi altrove se mai la città sprofondava
nei visi consumati, nell’abitudine dei mercanti…
III
così imparammo a leggere tra le squame
del fiume Oceano il segno della marea lungo i nostri corpi
a perdersi e nuovamente scoprirsi per giorni
vasti come millenni (ma svaporava
il sogno e il relitto che avremmo veduto al Jardin des Vestiges
era forse pretesto ad una nuova partenza, nient’altro
che cenni di saluto lungo i moli del mattino)
p. 37
***
il vestibolo del tempo
IV
Giovanni fu Bonfiglio Gazzotti fu muratore e straniero
ovunque – della sua casa non più di pietre
disperse dopo l’incendio di Villanova, l’ultima lepre
indietro di cento anni nella memoria, così lontana
che quasi ci fugge innanzi, mostra la strada…
gentile o nipote ricordati di Giovanni: non fu di libri la sua valigia
non fu di poesia il suo tempo ma lui fu bello al pari di te
p. 49