di Rina Brundu. Ecco il contesto mediatico. Dopo un'epica prima puntata de L'Arena 2015-2016 (Rai1), puntata dedicata alla corruzione dilagante a Roma e con una intervista cammeo davvero tale, vale a dire allo straordinario artista artigiano iraniano Dehnavi Mehd che ha avuto il coraggio di denunciare i Casamonica a Roma e lo ha fatto con un sorriso da meraviglioso angelo vendicatore, l'infaticabile Massimo Giletti ospita la solita marchetta della TV pubblica. In questo caso si tratta di una sponsorizzazione del film "Io e lei" dedicato all'amore lesbico: ospiti in studio le protagoniste Margherita Buy e Sabrina Ferilli.
Suo malgrado, ad un certo punto il mondano conduttore decide di fare un accostamento tra la trama raccontata nel film e il coming out mediatico di Monsignor Krzysztof Charamsa. "No, Giletti" lo ammonisce la Ferilli "i due casi non sono simili. Chi vuole stare nella Chiesa Cattolica deve rispettarne le regole.. (??!!)". Subito il Giletti che si era appena vantato di avere "fronteggiato l'Isis", e che quindi ha toccato con mano che cosa può fare l'intransigenza religiosa, si accoda: "Certo, certo, del resto si è trattato di una "provocazione" un pò forte di cui non si sentiva la necessità". Ho spento il televisore disgustata. Disgustata dal fatto che una attrice che si propone impegnata e tratti nel suo film un tema anche "doloroso" quale è quello dell'amore lesbico chiuda gli occhi così sbrigativamente sulla grande responsabilità morale che ha la Chiesa Cattolica nella "discriminazione" dell'amore "diverso". Senza considerare che la Chiesa fondata da Cristo non mi risulta avesse queste regole di esclusione e quindi la sua "conclusione" è assolutamente opinabile da un punto di vista dottrinale. E disgustata dal fatto che un conduttore del servizio pubblico, il cui canone anche io pago, possa chiamare "provocazione" la sofferenza di vita di questo straordinario monsignore polacco a cui si spera tantissimi giovani omossessuali che si sentono cattolici potranno dire un giorno: grazie!. Disgustata dal fatto che un conduttore del servizio pubblico, il cui canone anche io pago, possa mostrarsi così di parte (e dunque unprofessional), dimenticando che nel suo pubblico ci sono persone di altre fedi e soprattutto ci sono persone che non metterebbero mai la "fede" davanti alla sofferenza di un uomo. Persone che la discriminazione la combattono sempre e comunque non importa da quale "pulpito" venga. Anzi, più elevato è quel pulpito più male può fare e dunque la combattono con maggiore determinazione. Perché così bisogna fare se prima di essere cristiani o induisti si vuole essere persone per bene. Ripeto, sono rimasta disgustata, ma non sorpresa perché l'omofobia che ammorba il nostro paese (non solo il Santo Uffizio) trova humus fertile proprio in questo tipo di connivenza mediatica e sontuosa che francamente non merita altra considerazione.
Straordinarie, ma più comprensibili dato che provengono da un anziano religioso, le dichiarazioni del Cardinale Ruini al Corsera: "... anch'io (ho) l'obbligo di tale astinenza e in più di sessant'anni non mi sono mai sentito disumanizzato, e nemmeno privo di una vita di amore, che è qualcosa di molto più grande dell'esercizio della sessualità". Che dire? Commentare banalità annoia a morte e comunque il rispetto ad un anziano signore lo si deve sempre anche se colui sembrerebbe non avere imparato, in una vita pur lunga, il rispetto a tutto tondo che si deve per le scelte degli altri, soprattutto per le scelte di coloro che la pensano proprio come lui in materia religiosa. Ne deriva che l'unica considerazione che mi viene da fare è una breve comunicazione al suo Ufficio Stampa. Nel caso in cui il Cardinale volesse scomunicarmi vorrei una scomunica tipo quella fatta dalla sinagoga ebrea al suo grandissimo figlio Baruch Spinoza e pubblicata in calce (1). Non mi posso accontentare di niente di meno per ovvie ragioni ma anche perché considerato quanti non dovrebbero più interagire con me pena la dannazione eterna, i rompimenti di balle giornalieri, magari anche mediatici, diminuirebbero sensibilmente.
"Io devo chiedere perdono ai fratelli e sorelle omosessuali, lesbiche, bisessuali, transesssuali e intersessuali" ha dichiarato invece Krzysztof Charamsa, anche lui intervistato dal Corriere. "Lo faccio per quanto posso come povero membro della Chiesa Cattolica a nome di questa couninità di fede. Vi chiedo perdono per i ritardi epocali, per le vostre sofferenze, per la vostra esclusione. Vi chiedo perdono perché vi abbiamo reso lebbrosi del nostro, che chiedono misericordia per essere toccati da Gesù, da Dio. Chiedo perdono anche a nome mio, per ogni momento del mio sofferto silenzio tra le mura della congregazione per la Dottrina della fede, quando ero testimone di una esasperata paranoica omofobia". Ha composto quasi un canto francescano dei nostri tempi digitali, insomma. Se questa sarà la Chiesa del futuro ben venga anche nell'universo di chi, come me, non può ammettere simili riti e miti a guidare il cammino della sua vita. Excellent and very good, Monsignor Charamsa, may the road rise to meet you and may the wind and the rain be always at your back!
(1) "Con il giudizio degli angeli e la sentenza dei santi, noi dichiariamo Baruch de Spinoza scomunicato, esecrato, maledetto ed espulso, con l'assenso di tutta la sacra comunità [...]. Sia maledetto di giorno e maledetto di notte; sia maledetto quando si corica e maledetto quando si alza; maledetto nell'uscire e maledetto nell'entrare. Possa il Signore mai piú perdonarlo; possano l'ira e la collera del Signore ardere, d'ora innanzi, quest'uomo, far pesare su di lui tutte le maledizioni scritte nel Libro della Legge, e cancellare il suo nome dal cielo; possa il Signore separarlo, per la sua malvagità, da tutte le tribú d'Israele, opprimerlo con tutte le maledizioni del cielo contenute nel Libro della Legge [...]. Siete tutti ammoniti, che d'ora innanzi nessuno deve parlare con lui a voce, né comunicare con lui per iscritto; che nessuno deve prestargli servizio, né dormire sotto il suo stesso tetto, nessuno avvicinarsi a lui oltre i quattro cubiti [circa due metri], e nessuno leggere alcunché dettato da lui o scritto di suo pugno" .
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