«Molto più importante di quello che sappiamo o non sappiamo è quello che non vogliamo sapere». Si apre con la frase di Eric Hoffer l’ultimo libro di Massimo Gramellini; dopo Ci salveranno gli ingenui (2007), Cuori allo Specchio (2008) e L’ultima riga delle favole (2010) con il romanzo autobiografico Fai bei sogni (2012) il giornalista torinese si mette a nudo. Il protagonista è lo scrittore che racconta la sua esistenza segnata dalla perdita della madre. Il piccolo Massimo alla tenera età di nove anni l’ultimo giorno del 1969 si ritrova solo; la notte precedente Giuseppina Pastore gli aveva rimboccato le coperte sussurrandogli “Fai bei sogni piccolino” ed era morta di infarto. E così cresce con un padre burbero e autoritario che non riesce a dargli l’affetto che merita, l’unica cosa che li unisce è la passione per la squadra di calcio del Torino. Egli vive ossessionato dalle sue paure, paure a cui ha dato il volto di Belfagor, il fantasma del Louvre di una celebre miniserie televisiva degli anni ’60. Affronta i piccoli problemi a scuola, i primi amori deludenti senza il sostegno materno. Sceglie una facoltà universitaria che non lo soddisfa per timore di inseguire i propri sogni. Diventato adulto comprende che, per ritrovare il suo equilibrio interiore, deve cambiare atteggiamento: «Dovevo agire. I mostri del cuore si alimentano con l’inazione». Per caso riesce ad entrare nella redazione del Corriere dello Sport, poi collabora con Il Giorno di Milano e viene assunto. Si trasferisce. La sua carriera continua e ottiene un posto presso la sede romana del quotidiano La Stampa. Inviato a Sarajevo cerca di salvare Salem, un bimbo rimasto orfano, ma arriva tardi: «Ancora una volta mi ero illuso che la vita fosse una storia a lieto fine». Dimentica quel dolore e riprende il tran tran di sempre, rifugiandosi nelle certezze dell’ambiente lavorativo, ma neanche lì si sente accettato: «La mia specialità consisteva nel trovarmi a disagio ovunque fossi». Nel frattempo trova l’anima gemella, Elisa: «Era entrata nella mia vita per cambiarne il menù. Non era chiaro cosa fossi venuto a combinare io nella sua». Sta per partire per l’ennesimo viaggio di lavoro quando il padre muore portandosi nella tomba un segreto che non aveva mai voluto rivelare al figlio. Massimo si sposa trovando «un bastone a cui appoggiarsi». Grazie al sostegno di Elisa avvia una rubrica di posta del cuore con cui confessa le sue sofferenze interiori. Ed è ancora l’ultimo dell’anno quando Madrina, un’amica d’infanzia della madre, gli consegna una busta marrone contenente un articolo di giornale che rivela la verità: Giuseppina si era suicidata tormentata dalle sue paure.
Lo scrittore si reca nella casa d’infanzia e medita: «Nessuno aveva avuto il coraggio di dirmi come era morta. Il segreto aveva resistito per quarant’anni». Aveva finto di credere alle bugie ma il suo intuito conosceva la verità. Suo padre per proteggerlo, «non si era tradito nemmeno sul letto di morte». È il 31 dicembre, le strade sono vuote, Massimo cammina per ore senza mangiare, senza parlare: «Papà era rimasto. E c’è sempre più amore in chi rimane». Pensa a sua mamma e prova rabbia, tenerezza, pena: «Lei era stata debole. E non può esserci gloria per chi scappa dalle responsabilità». Quando rientra in casa Elisa cerca di consolarlo dicendo che sua madre «aveva rifiutato la vita separandosi dalla realtà e vivendo fra i suoi fantasmi». Egli crede di essere riuscito a giustificarla, ma si accorge che non è così: «Come potevo perdonare una disertrice?». La risposta è spiazzante: «La vita è una scelta eroica che si rinnova ad ogni istante. Lei aveva deciso di arrendersi». Massimo comprende che è arrivato il momento di sconfiggere le sue paure, deve solo «lasciare andare» la sua genitrice. Compiendo un grande sforzo riesce a perdonarla e Belfagor, il mostro che lo aveva tormentato per anni, si «rattrappisce come una spugna consunta». Finalmente sente la vita risorgere. Fai bei sogni è dunque il racconto interiore dell’esistenza dell’autore condizionata da una perdita prematura. Un lungo percorso in salita, coprotagonisti un padre incapace di assecondare i bisogni emozionali del figlio e la lotta contro il senso di abbandono, l’inadeguatezza, la solitudine. Gramellini è bloccato da mille paure, incapace di amare e di credere nella possibilità di realizzare le sue aspirazioni. È la moglie, verso la fine del racconto, a fargli scoprire la bellezza del perdono e così Massimo riesce a cambiare diventando un uomo nuovo. In conclusione, un romanzo scritto in modo delicato e fluido, con tocchi di ironia che mettono in luce le fragilità umane, con metafore e similitudini che parlano al cuore, capace di tenere incollato il lettore fino all’ultima pagina. Fa riflettere sul modo in cui l’uomo affronta la vita che è una prova e va sostenuta sempre, anche quando la paura prende il sopravvento e vorremmo scappare.