«Lascio la direzione tecnica di Volunia perché qualcun altro vuole farla al posto mio. Vuole poter decidere tutto, senza di me. E si è quindi sostituito alla mia posizione, intimandomi di farmi da parte».
Con queste parole Massimo Marchiori ha annunciato - in una lettera aperta spedita a Il Sole 24 Ore - le proprie dimissioni dal progetto Volunia.
Le parole di Marchiori sono quelle di chi si sente tradito, ma forse ciò che ha portato a questa situazione è una grande incomprensione in cui persino lui, l'ideatore dell'algoritmo alla base del PageRank di Google, ha qualche responsabilità.
Dalla lettera si capisce che ciò che è stato presentato a tutti come un motore di ricerca di nuova concezione appena quattro mesi fa in realtà voleva essere tutt'altro.
«Il progetto iniziale per come lo avevo concepito già anni fa non hai mai avuto un motore di ricerca proprietario. Il nome in codice era "metamaps", e la comprensione di tutto sta nel nome, appunto: meta. Un metalivello, perché è questa la chiave: essere su di un livello superiore, e riusare l'informazione presente nei livelli sottostanti».
Perché Volunia allora si è presentato al mondo come un motore di ricerca, riscuotendo peraltro più critiche che apprezzamenti?
La risposta sta nelle ragioni del marketing: chiunque capisce subito che cosa sia un motore di ricerca, mentre il concetto di "metalivello" più difficilmente attira l'attenzione.
Così Volunia si è presentato per quello che non voleva essere - almeno nelle intenzioni di Marchiori - e ha ricevuto l'accoglienza che sappiamo.
A ciò si sono poi aggiunti i contrasti di cui parla l'ideatore nella lettera aperta, partiti - a quanto si capisce - dall'intenzione di integrare un motore di ricerca contro il parere di Marchiori stesso.
Quale direzione ora prenderà Volunia non è per nulla chiara. D'altra parte, Marchiori non ha chiuso tutte le porte: ritiene che l'addio sia definitivo, e tuttavia afferma che qualora dovesse apparire «una nuova gestione del progetto» potrebbe anche rientrare.
Il problema di fondo si potrebbe cercare nel fatto che il professore ragiona come un accademico ma, dando vita a una startup, deve anche riuscire a generare profitti con la sua idea.
«Se il mio obiettivo fosse l'arricchimento personale, avrei da tempo abbandonato l'Università e l'Italia e accettato una delle offerte provenienti dall'estero. Mi sono invece immerso anima e corpo in questo progetto per la bellezza di far progredire il mondo del web, per il piacere di dare una scossa al futuro e fare qualcosa di utile» scrive, e si capisce che altri personaggi all'interno della società invece mirassero ad altro.