La camera delle bestemmie, marzo inoltrato.
Colonna sonora….. nessuna!
Ci siamo, prima o poi doveva succedere!
Sono vittima di quello che per chi scrive è considerato il male del secolo,” la sindrome del foglio bianco”.
Questo flagello, al pari dell’ansia da prestazione per le disfunzioni sessuali, colpisce chi sopravvaluta il piacere quasi fisico della scrittura, quasi fosse l’unico sfogo per poter concretizzare una via d’uscita alle proprie frustrazioni represse.
Di norma si caratterizza come un’assoluta atarassia mentale, con un senso di ansia che aumenta esponenzialmente ogni minuto che passa senza che il già congestionato cervello riesca a trovare il modo di cacciar fuori un’idea decente dal turbinio vischioso di nulla che poga impazzito tra le pareti irrimediabilmente vuote della scatola cranica.
E quindi eccomi qui, a fissare lo schermo vuoto, con un ritardo più mostruoso del solito per la consegna del pezzo, senza aver trovato uno straccio di argomento e la paura che il grande capo perda la pazienza e decida di fare un barbecue con il mio fondoschiena.
Dopo ore di inutile cogitazione ho quasi deciso di mollare tutto e mettermi a guardare un porno bizarre interpretato da nani thailandesi e giraffe naturalizzate in Alaska, quand’ecco che mi telefona la mia amica fotografa (Barbara Tozzoli… e diciamolo il nome, visto che la quasi totalità delle foto nei miei articoli sono sue!) per dirmi che in città è arrivato nientepopodimeno che il circo!!!
Ora, sebbene io abbia sempre adorato il circo e ogni estate non perda occasione di vederne almeno uno tra i vari che vengono a portare un po’ di colore nel grigiore della palude pontina dove vivo, gli faccio notare che il circo equestre non è proprio adatto alla mia rubrica.
“Ma questo non è un circo normale” ribatte la mia amica, “questo è il circo de Los Horrores!”
Il circo degli orrori?
La cosa sembra interessante, forse vale la pena di mollare un attimo il mio nichilismo domestico, molto punk ma poco professionale e andare a buttarci un occhio.
Vi risparmio il racconto della solita trafila burocratica per la richiesta accredito più intervista e monto in macchina, con una buona scorta di pop corn, diretto a Roma per vedere il circo!
Colonna sonora: Killer klowns dei Dickies .
Arrivati sul posto troviamo quella che dall’esterno sembra la solita tensostruttura circense, quello che colpisce invece è la quantità di gente in coda per il biglietto.
In effetti l’istituzione-circo non vive al momento uno dei suoi periodi più rosei e da fedele frequentatore estivo, mi accorgo che spesso sono uno dei pochi spettatori.
Il fascino romantico e retrò della pista in terra battuta e degli artisti girovaghi sembra purtroppo non aver troppa presa sulle menti già gonfie di tronisti e reality shows.
Magari, mi piace pensare, si tratta di un tipo di spettacolo che può risultare troppo sofisticato da comprendere, sia sul piano estetico che su quello antropologico ha chi ha il gusto mentale atrofizzato da overdosi iperglicemiche di Fabio Volo.
Dopo aver saltato la fila, grazie ai privilegi dell’accredito stampa che amo sempre ostentare e superato qualche piccola difficoltà idiomatica con la gentilissima ragazza preposta all’incarico, vengo fatto accomodare nello spazio antistante al tendone, scortato da due nerboruti monaci spagnoli usciti per l’occasione dalle pagine de “il pozzo e il pendolo” di Poe.
Mentre aspettiamo “el senòr” Suso Silva, il direttore artistico dello spettacolo, escono a dar colore all’attesa anche leatherface e lo scienziato pazzo a toccare a colpi di motosega i sederi di quelli e soprattutto quelle che stanno in fila.
Dopo un’attesa di qualche minuto arriva un trafelatissimo signor Suso. Lo spettacolo inizia tra meno di mezz’ora, nonostante questo ha trovato il tempo di concederci una breve intervista.
Più che un artista del circo sembra una splendida e matura rockstar.
Se avesse i capelli direi che mi potrebbe ricordare nei modi, sua maestà Higgy Pop.
Cinquantadue anni portati con tutta la giovinezza che l’arte mantiene, è sicuramente un entusiasta che ama ciò che fa.
Fin da piccolo inizia negli anni 70′ con le Sperimentazioni sincretiche tra pratiche circensi e psidechelia rock con il circo “de los muchachos”.
Autodidatta, ma non troppo, studia all’istituto di teatro, si forma anche come stuntman e esplora nella sua lunga carriera praticamente tutte le discipline dello spettacolo.
Per definire la sua passione, ama ripetere una frase con cui la regina del circo, Moira orfei, lo onorò dicendogli che lui “la terra battuta (la sabbia della pista del circo) ce l’ha nel sangue”.
Come molti, anche lui si è accorto del grave momento di difficoltà che vive lo spettacolo itinerante, da qui la geniale idea , concepita sette anni addietro, di unire la sua esperienza, con le sue altre grandi passioni: La musica e il vecchio cinema dell’orrore.
Fan accanito dell’horror all’italiana, tra i complimenti che più ci tiene a ricordare, ci sono quelli di Dario Argento che è venuto a vedere il suo spettacolo uscendone entusiasta.
Ma il suo cuore batte per le vecchie pellicole in bianco e nero dei mostri della Universal e giù, fino al Nosferatu di Murnau che ama così tanto da volerselo taturare sul braccio, oltre che interpretarlo in scena.
“il circo è morto, qui lo resuscitiamo”, recita in maniera evocativa il motto de “los circo de los Horrores”e mai motto fu più azzeccato.
Il circo degli orrori quindi non è solo un circo. Certo non mancano le classiche esibizioni che si possono trovare sotto un qualunque tendone, ma quello che lo rende veramente unico, oltre il contesto è la capacità freschissima di saper miscelare la classica esibizione circense con il teatro, il cabaret, l’improvvisazione e tratto veramente distintivo, la capacità di saper interagire in maniera continuata e totalizzante con il pubblico, fino a renderlo parte dello spettacolo.
L’esperimento era un azzardo, tant’è che la prima edizione del circo, il buon Suso dovette pagarla di tasca sua.
A questa difficoltà va aggiunta anche la necessità di convincere gli artisti a dimostrarsi poliedrici e sapersi destreggiare anche in altre discipline oltre alla loro e muoversi nel contesto completamente nuovo, di uno spettacolo concepito per adulti, in cui si indulga anche in molti ammiccamenti al sesso esplicito e qualche colorita espressione volgare .
Per questo l’età media dello staff è veramente bassa, in più Silva mi dice che in ogni piazza in cui approda è sua abitudine integrare al suo cast qualche artista locale.
Il successo è travolgente.
La novità oltre al pubblico, richiama anche finanziatori ed alti incassi al botteghino, tant’è che al momento in cui scrivo, vengo a sapere che lo spettacolo è stato prorogato dal 9 al 20 aprile.
Undici giorni di repliche fuori programma, mica pizza e fichi!
Da navigato uomo di spettacolo Silva non si adagia su una sola formula vincente fino ad esaurimento, ma al contrario la sviluppa, pensando ad una sua evoluzione in altri due spettacoli da affiancare al Circo de los horrores: Un “manicomio” e “il cabaret maldito”.
Di più, fiutando l’aria che tira e le mode del momento così favorevoli ai “ritornanti”, ci confida di avere in cantiere anche un prossimo come spettacolo, nientemeno che uno “zombie circus”, mandando in visibilio il sottoscritto che da anni si prepara all’apocalisse zombie accumulando in casa scatolette, cibi liofilizzati, armi da taglio, antibiotici e manuali di sopravvivenza in caso di “zombie outbreak”.
Lo spettacolo incombe e lasciamo che il nostro anfitrione si vada a preparare, mentre noi entriamo sotto il tendone, accolti da una scenografia cimiteriale ed un enorme pentacolo a delimitare l’anello interno della pista, con una bara al centro.
La cassa si apre con un sinistro cigolio e tra nuvole di ghiaccio secco ecco apparire un bellissimo Conte Orlock, al quale è affidato il compito di introdurre lo spettacolo.
Qualche battuta è poi il non-morto si getta avidamente su di un ignaro spettatore calvo, leccandogli avidamente la pelata.
L’esibizione vera e propria ha finalmente inizio e in un clima che ci riporta ai fasti del teatro del Grand Guignol si succedono gli artisti.
L’ambientazione del film “l’esorcista” tocca alle due sensuali contorsioniste asiatiche, mentre il “mad doctor” di prima, posata la motosega si esibisce “a bordo” di una gigantesca macchina del moto perpetuo, in una serie di acrobazie talmente spericolate da farmi cadere la penna mentre prendevo appunti.
I mangiatori di fuoco poi, sono sempre stati i miei preferiti nel circo tradizionale, figuratevi che piacere mi ha procurato vederli in versione cadavere-putrefatto-affamato-di-carne-umana-in-preda-a-convulsioni-post-mortem!!!!
Un capitolo a parte lo meritano i Clown, croce e delizia di ogni appassionato circense.
A questi artisti/attori è demandato il difficile compito di introdurre le varie esibizioni, di intrattenere la plebe e più in generale di fungere da trait d’union all’intero spettacolo.
Sembra un ruolo marginale, ma si sa che se i clowns non funzionano, producono un effetto contrario a quello desiderato, annoiando e deprimendo a morte la platea.
Qui il problema non si pone. Già, perchè in questo caso i clowns sono già morti.
Morti e risorti per l’esattezza. Almeno nel caso dei due principali.
Infatti uno è un cattivissimo pagliaccio, uscito direttamente da “la casa dei mille corpi” di Rob Zombi che entra in scena trasportato da un’infermiera sadomaso, l’altra è una conturbante donna vampira che gioca con estrema ironia con la sua procace fisicità.
A coadiuvarli c’è un mimo, che caso più unico che raro, nella mia personale tabella di gradimento della categoria, risulta essere simpatico.
Tutti e tre poi, giocano coinvolgono il pubblico con grande disinvoltura, riuscendo a sottoporlo alle più imbarazzanti performances.
In particolare un malcapitato che chiameremo Simone (anche perchè così ha detto di chiamarsi), il quale diviene l’oggetto delle più raffinate angherie da parte del malefico terzetto, entrando a far parte integrante dello spettacolo.
Il tapino è sottoposto ad ogni tipo di cattiverie. Viene sculacciato, annaffiato, incaprettato, incappucciato, denudato e costretto a far mostra delle sue terga sulla pubblica piazza.
La cosa era talmente estrema che mi è anche venuto il dubbio che fosse in realtà un attore “infiltrato” nel pubblico, così sono andato a metterlo sotto torchio.
Nulla da fare, il poveraccio era proprio uno spettatore autentico, scelto come vittima sacrificale per via della sua mascella volitiva, o forse dei suoi boxer a cuoricini.
La morale della favola è che se decidete di andare a vedere il circo degli orrori è bene che prima facciate scorta di una buona dose di senso dell’umorismo e che siate dotati di una spiccata autoironia, oltre che di una sana voglia di divertirvi e mettervi in gioco attivamente.
No, decisamente questo spettacolo, crocevia tra il teatro d’avanguardia, il cinema, la letteratura e il Rocky Horror Show, non è un posto per timidi, musoni od introversi.
Men che meno per i perbenisti e le anime candide che si scandalizzano per un vaffanculo.
Il consiglio che vi do è di piazzare i marmocchi urlanti, se ne avete, a casa di qualche vicina antipatica e godervi la serata in piena libertà.
Per quanto mi riguarda, posso dire di essere uscito dallo spettacolo, felice come il bambinone che sono e con mille motivi in più per amare il circo, riuscendo a mantenere il buon umore per tutto il percorso ad ostacoli di strade chiuse e sensi unici che il buon sindaco Marino ha predisposto per gli automobilisti romani.
Colonna sonora: Gargoyles over Copenhagen dei Necromantix
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