La camera delle bestemmie, cade la pioggia di ottobre. Caffè caldo, pacchetto di sigarette appena scartato, e Nice day for a resurrection dei Necromantix come colonna sonora. Dopo una lunga pausa nello scrivere, generalmente vengo assalito dalla paura della pagina bianca. Ed è sufficiente a bloccarmi per ore, in preda al panico, dovuto specialmente al fatto che gli impegni musicali con il mio gruppo mi hanno portato a dribblare miei doveri redazionali per circa tre mesi, con il garbo di un rinoceronte intento a ballare un walzer in una cristalleria. Se a ciò aggiungiamo che il panico viene moltiplicato dall’imbarazzo, quando devo scrivere di un amico o di un caro conoscente, tutto questo basterebbe di per sè a farmi chiudere il computer e correre a nascondermi al Polo Nord a vendere gelati agli Eschimesi per sbarcare il lunario. Ma, essendo notoriamente un masochista, non voglio farmi mancare nulla, e dovendo parlare di uno (se non IL ) dei più grandi sceneggiatori e saggisti viventi in Italia, dovrò iniettarmi una flebo di ansia da prestazione liquida direttamente nella giugulare.
Un’idea davvero pessima, quella di scrivere di Antonio Tentori, sicuramente una delle massime icone della scrittura. Stiamo parlando di chi ha scritto sceneggiature per mostri sacri come Argento, Mattei, Stivaletti, Pastore, per pellicole come Demonia ( Fulci), L’isola dei morti viventi (Mattei), Frankenstein 2000 (Massaccesi), Dracula 3D (Argento) e il bellissimo anche se poco conosciuto Come una crisalide (Pastore). Infine, come se non bastasse, anche per Un gatto nel cervello, vale a dire quello che considero uno dei migliori lavori del mio adoratissimo Fulci. Comunque la si guardi, il confronto non regge. Praticamente sono andato a rubare in casa dei ladri. Già vedo il buon Antonio leggere l’articolo che lo riguarda, scuotendo serafico la testa dicendo “Ma che è sta roba?” Ma come ho fatto a infognarmi in una situazione simile?
Occorre compiere un piccolo salto indietro, fino alla presentazione del film E.N.D. avvenuta lo scorso giugno in occasione dell’ultimo Fantafestival. Il film, lavoro collettivo di Cristopharo, Greco, Alessandro, Bernardoni, è stato a mio giudizio il migliore del festival e in particolare è servito ad abbattere più di un pregiudizio che avevo riguardo alla regia di Domiziano Cristopharo. Fu in quell’occasione che, parlando con Tentori nell’androne del cinema Barberini, vengo a sapere che proprio lui aveva scritto le sceneggiature per il segmento narrativo girato da Domiziano. Conosco Antonio, o forse dovrei dire che Antonio conosce me, fin dalla mia primissima adolescenza, quando giovanissimo nerd in abiti punk, cominciavo a girare per kermesse cinematografiche e a frequentare il clan dei Fulci. L’occasione è troppo ghiotta per lasciarmela scappare e con un riflesso condizionato gli propongo una chiacchierata, dopo l’estate, riguardo al lavoro appena visionato e più in generale su di lui.Il problema è che quando chiedo un’intervista a qualcuno che conosco e poi la faccio, tendo a dimenticare quale sia il reale spessore della persona che ho di fronte e, parlando in maniera conviviale, finisco per ritrovarmi con una quantità di carne al fuoco tale da far morire di indigestione un vichingo. Fortunatamente, Antonio è sempre rassicurante e disponibile.
Ci diamo appuntamento a Roma in una soleggiata mattinata di inizio ottobre e partendo da quello che doveva essere il fulcro dell’intervista, ovvero il suo sodalizio con Cristopharo, finiamo a parlare di tutto. Dalle sue esperienze del passato, al suo lavoro di saggista, fino ad un’analisi in chiaroscuro sulla situazione del cinema Italiano di genere da un punto di vista inedito, ciò quello di chi non sta dietro una macchina da presa, ma dietro ad un foglio di carta.
In effetti, ragionando con Antonio, noi tendiamo a definire la categoria degli autori, solo pensando ai registi, ma spesso coloro che hanno l’arduo compito di rendere una storia traducibile in immagini, attraverso un’architettura narrativa solida e credibile, sono relegati nell’ombra, conosciuti solo da una ristrettissima cerchia di addetti ai lavori. Certo il lavoro dello sceneggiatore, mi dice Tentori, oggi è cambiato moltissimo. Si lavora sempre a stretto contatto con il regista, anzi, se vogliamo la sinergia è aumentata, però bisogna tenere conto del desolato panorama della produzione che ha comportato un aumento delle mansioni, andando ben oltre quello che è il semplice esercizio della scrittura, con un occhio rivolto anche a trovare soluzioni conformi ai budget variabili, spesso in balia del crowdfunding. Una pratica che se da una parte permette di ovviare alla penuria produttiva dall’altra rende tutto estremamente soggetto a variazioni, dalle scelte stilistiche fino alla messa in cantiere del film stesso. Di contro c’è certamente una maggiore libertà. E poi in tempi di vacche così magre, mi viene da aggiungere come considerazione personale, non c’è da andare troppo per il sottile. Anche perché, quello che secondo Antonio oggi manca, è un’attitudine alla lettura e alla scrittura. In poche parole, la gente legge sempre di meno. Banale, vero e gravissimo. Specialmente per le esigenze del mondo moderno che richiedono al mestiere dello sceneggiatore una flessibilità di idee e ruoli molto maggiore rispetto ai giorni d’oro del cinema di genere – e non è che allora fosse una passeggiata.
Tornando ai giorni nostri, ci concentriamo sul lavoro che segna l’inizio di una collaborazione che sembra destinata ad essere prolifica. E visti i risultati non possiamo che augurarcelo: quella tra Cristopharo e Tentori è stata una vera e propria affinità elettiva e i due volevano già da tempo lavorare insieme. Autentico casus belli è stata dunque l’idea di realizzare l’episodio di E.N.D. visto che entrambi sono accomunati, come il sottoscritto, da un’insana passione per gli zombie. Quindi Domiziano ha messo la sua freschezza e il suo gusto per la provocazione, Antonio invece ha fornito un’indubbia conoscenza della materia e un’esperienza di prim’ordine per dipanare un intreccio narrativo complesso, a sua volta inserito in una storia principale. Il tutto con dialoghi quasi azzerati, limiti di tempo strettissimi e la solita, italica, povertà di mezzi. Come già ho avuto modo di scrivere, il risultato è stato a dir poco sorprendente.
Tra i tre segmenti proposti, quello della coppia in questione ha indubbiamente un gusto fortemente fulciano e qui si vede l’impronta di Antonio, che con Lucio il truce poteva vantare anche un rapporto affettivo, oltre che professionale. Il gusto fresco e giovane dell’estetica di Domiziano, molto americana, dà corpo alla tradizione delle grandi storie della stagione d’oro del cinema di genere Italiano, di cui Tentori è stato uno dei maggiori artefici. Ne esce una rielaborazione completamente inedita, con gradevoli colpi di teatro, come quello di non far morire gli zombie, nemmeno con il classico colpo in testa. E proprio a proposito di colpi di teatro, i due pare che ci abbiano preso gusto e non intendano fermarsi, arrivando a confrontarsi nientepopodimeno che con i grandi classici della letteratura. Non una, ma ben tre volte.
Antonio mi conferma tutti i rumors che da tempo circolano nell’ambiente, ovvero che insieme con Cristopharo, stanno effettivamente lavorando ad una trilogia horror di estrazione “colta”. Certo già da tempo girava un promo di House of the tempest , liberamente tratto dall’opera La tempesta del Grande Bardo in persona, ma a parte questo e poche altre voci la dinamica coppia è stata bene attenta a centellinare le informazioni per accrescere la curiosità. Comunque pare ormai sicura la produzione di Virus extreme contamination, riduzione cinematografica de Il colore venuto dallo spazio di H. P. Lovecraft, le cui riprese inizieranno a dicembre. E salvo imprevisti per l’estate dovrebbero cominciare i lavori per il secondo capitolo, ma su questo ha voluto mantenere il più scaramantico segreto.
Quello che invece ha voluto confidarmi è il suo sogno nel cassetto. Portare in scena con l’amico di sempre, Sergio Stivaletti, la riedizione di un’altra pietra miliare della letteratura gotica Il golem di Gustav Meyrink. Nel frattempo, tra un set e l’altro, non interrompe la sua attività di saggista. In effetti egli stesso ammette che, dopo un po’ di tempo, sente sempre la necessità di scrivere un libro, anche come percorso catartico. E di catarsi ne deve praticare parecchia Antonio, visto che, nonostante quest’anno sia già uscito un saggio su Sandokan, personaggio che ha avuto su di lui una fortissima fascinazione fin dall’infanzia, sta già lavorando ad un altro libro: La bestia dentro, ovvero una raccolta antologica di racconti horror e noir che comprende anche la novelization di “inferno”. Mica male per uno che dice che in Italia si legge poco!
Esauriti gli argomenti professionali, la discussione si dirotta a lungo su tematiche più personali e insieme ci facciamo un giro sulla giostra dei ricordi e degli aneddoti. Ma questi eviterò di raccontarveli, se avete delle curiosità, ve le dovrete tenere. D’altronde scrivo per Taxidrivers, non per Cronaca Vera…. ecchecavolo!
Colonna sonora: No one is innocent – Sex Pistols.
Master Blaster