Magazine Cultura
Ieri sera è partito Masterpiece, il talent letterario di Rai Tre alla ricerca di un nuovo caso letterario.
Alla ricerca di un nuovo caso umano, direi piuttosto, ma andiamo con ordine.
Tra le 5000 opere arrivate ne sono state selezionate una settantina; e ogni puntata, da quel che ho capito, serve a individuare con una serie di prove a eliminazione un autore che poi andrà in finale; i finalisti saranno 12. In palio la pubblicazione con Bompiani.
Personalmente non ho potuto partecipare, perché era aperto solo a gente che non avesse mai pubblicato una cippa; ma anche potendo non credo che avrei mandato qualcosa.
Non è una questione di snobbismo culturale; è solo che io scrivo fantasy, genere che Bomapiani, a quanto ne so, non tratta. E il mio ragionamento, almeno a giudicare da quanto è successo nella prima puntata, non è sbagliato.
I giudici sono Andrea De Carlo, Giancarlo De Cataldo e Taye Selasi. Di quest'ultima non so che dire. E' un caso letterario, quindi ci credo che è brava; ma non può di certo passare inosservato che è, perdonate il termine, anche una figa da paura. Beata lei che è bella e brava. Sono invidiosa, lo ammetto.
Riguardo agli altri due, di De Carlo ho letto un libro solo e mi è bastato per tutta la vita; De Cataldo ancora mi manca, però ha detto delle cose intelligenti durante la trasmissione e questo me lo rende simpatico.
Passiamo ai concorrenti.
Prima parlavo di casi umani; infatti, dei sei selezionati dopo la prima scrematura (bisognava avere due sì su tre, nella tradizione dei talent), c'erano: un giornalista ricoverato due volte in manicomio (che ha detto, testuali parole, io di sesso non ne faccio tanto ma lo immagino molto); un onanista reo confesso; una ex anoressica; uno che era stato in prigione; un'operaia insoddisfatta del suo lavoro in fabbrica; un ragazzo con problemi famigliari vissuto per strada.
Sarà un caso che i romanzi migliori appartengono a persone con storie così traumatiche? Forse sono quelli che hanno più da dire? O forse li hanno presi apposta altrimenti i confessionali erano una palla? Non lo so; questo ce lo diranno le prossime puntate; per ora è andata così.
Da questi sei i giudici ne hanno poi eliminati due (il giornalista con problemi psichiatrici e l'onanista). Quelli rimasti sono stati divisi in coppie e madati a vivere un'esperienza "forte", sulla quale poi hanno dovuto scrivere.
Paradossalmente queli che hanno fatto peggio sono stati i due che avevano vissuto l'esperienza più suggestiva, ossia la visita in un centro sociale.
Insomma, non è difficile trovare qualcosa da dire dopo aver visto un posto così; e il tranello della banalità è facilmente intuibile ed evitabile. Invece i due ci sono cascati in pieno e sono stati eliminati.
Quelli rimasti hanno dovuto affrontare l'ultima prova: convincere Elisabetta Sgarbi della bontà della loro opera in 1 minuto. Per fortuna lei i romanzi li aveva letti, quindi non è stata una prova folle come può sembrare.
Ha vinto il ragazzo vissuto per strada. Hanno detto che ricorda molto John Fante nelle tematiche, ma vabbé; per questa puntata era il meglio che avevano.
Che cosa posso dire?
A me non piace la letteratura che Masterpiece sembra ricercare, ossia il realismo tragico; ma è una questione di gusti del tutto personale.
Di certo, tornando al discorso del fantasy, posso affermare, sulla base di ciò che ho visto finora, che quest'ultimo genere non sarà granché preso in considerazione.
L'operaia aveva scritto un fantasy; parlava di un albero che si reincarna in una ragazza, ma aveva anche richiami al sociale e al mondo della fabbrica. I giudici hanno apprezzato questo secondo aspetto, ma hanno snobbato il lato fantastico. De Carlo le ha testualmente detto che avrebbero voluto "più fabbrica" e "meno quercia".
E' ovvio che se questo romanzo fosse passato e avesse vinto il programma un bravo editor lo avrebbe preso, epurato di tutti gli elementi fantastici e trasformato nella biografia di un'operaia qualsiasi; quindi sono contenta per la signora che alla fine è stata eliminata. Non pubblicherai con Bompiani, ma ti terrai integro quello che hai scritto così come lo volevi scrivere tu.
Devo fare un'ultima considerazione su De Carlo, che è il "giudice cattivo". Io sono entrata in empatia con questi tre poveretti costretti a leggersi migliaia di pagine che sicuramente saranno piene di orrori, e capisco bene il povero Andrea che strappa le pagine; ma di sicuro c'è anche molta spettacolarizzazione. Se gli toglievano la giacca e gli accorciavano le maniche della maglia sarebbe sembrato Simon Cowell.
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