MasterChef, per chi non lo sapesse, è una lunga ed estenuante gara di cucina a puntate, dove i concorrenti vengono giudicati da tre individui. Nella versione italiana, si tratta di:
- Carlo Cracco, chef, assai quotato ma tendente al delirio di onnipotenza;
- Bruno Barbieri, sempre chef, secondo me più bravo del precedente e dall’ego in apparenza meno napoleonico;
- Joe Bastianich, che non è uno chef, ma un imprenditore che si destreggia con successo tra ristoranti e vini.
Questi hanno l’incarico di ingiuriare i partecipanti, fingere di infuriarsi per ogni stupidata e buttare nella spazzatura i piatti che non trovano di loro gusto, che è un trittico della diseducazione sociale e alimentare che non mi fa apprezzare molto il programma.
Quello che però è interessante, dei tre personaggi, è scoprire quanto si siano dati all’advertising senza pensare alle conseguenze. In soldoni: chi è il giudice di Masterchef che si è venduto peggio nelle pubblicità italiane?
Confrontiamoli con MasterSchif, la gara in cui assegniamo le prestigiose Stelle in base a criteri come la svendita, la faccia tosta e la disponibilità a cedere pezzi di dignità.
Bruno Barbieri
Barbieri sta seduto in un giardino interno come non l’aveva neanche Frida Kahlo, parlando dei suoi esordi sulle navi da crociera minacciate dalla mancanza di ingredienti freschi, lasciando intendere che in crociera la nave viaggi per mesi senza approdare e allora l’unica cosa fresca sono i pomodorini in scatola. Poi pesca con le dita un datterino giallo direttamente dal barattolo e se lo ingoia, il che di principio fa orrore, ma siamo efficacemente distratti dalla camicia con quelle stampe 3D che se incroci gli occhi vedi l’immagine in rilevo. Che poi, a proposito, è vero o è una leggenda che si vedono le immaginette? Io non ci ho mai visto niente. Qui vedo tristezza, ma non so se conta.
Giudizio finale:
Mangiare i pomodorini dal barattolo è stato un sacrificio affrontato con grande coraggio, ma stare seduti a parlare di sé senza spagliacciarsi è giocare troppo sul sicuro. Apprezziamo la camicia e lo pseudo-intimismo, ma MasterSchif non è mica la Guida Michelin, qui la vittoria bisogna sudarsela.
Joe Bastianich
Una signora sta cucinando per i fatti suoi senza che nessuno le dia uno straccio di mano, e Joe spunta inatteso alle sue spalle.
«Basta!»
«Bastianich!»
Già qui una padellata rovente piena di soffritto in faccia ci stava, ma lei rimane ad ascoltare, arretrando debolmente, forse verso il salvavita Beghelli.
«Sempre i soliti piatti: routine uno, fantadzia zero!»
«Eh vabbé, che vuoi?»
Risponde molto giustamente lei, un modo ancora troppo gentile per rivolgersi a chi ti è entrato in casa arrampicandosi sulla grondaia e che a ogni parola viola sempre più il tuo spazio personale.
Lui la spinge verso il frigo, ma letteralmente, e lei protende le mani e mantiene contatto visivo, ha capito di essere davanti a uno con problemi psichiatrici.
«Vado…»
Si vede la paura proprio. Guarda nel frigo alla disperata ricerca di una mannaia, ma ci sono solo verdure che giacciono inermi senza contenitore sui ripiani e una sfoglia Buitoni, così improvvisa una quiche, nella speranza che lui non l’ammazzi.
Joe fa battute sulle uova che se sono freschi allora dove sono le galine, una cosa miserrima, poi contesta l’abbinamento di due verdure mentre lei, seccatissima ma ancora in vena di assecondarlo, sta effettivamente preparando una roba inquietante: con le uova ha fatto un pastone che si gelifica al contatto con sti pezzoni di pomodoro, ricoperti da asparagi adagiati lì come fiori al Dia de los Muertos, una pirofila/incudine che Bastianich si chiede se tiene la sfoglia, io mi chiedo se tenga il pavimento.
Assaggiata la fantadziosa pietanza, Bastianich si autoinvita per il giorno dopo. Sì, perché dimenticavo di dirvi che gli hanno apparecchiato, finanche, sta cenando con tutti perché dovete sapere che la famiglia della donna era in casa tutto il tempo dell’effrazione, ma giustamente, chi ci entra in cucina! La signora accetta di ritrovarselo tra i piedi anche in futuro, a patto che cucini lui, completamente dimentica del fatto che non sia un cuoco.
Va ricordato che, al lancio dello spot, in tv girava una versione diversa del finale, in cui Joe sosteneva che la sfoglia Buitoni fosse meglio di quella che fa sua madre. Essendo sua madre Lidia Bastianich, una chef di alto livello, lo avrà giustamente minacciato di querela e di morte, inducendo tutti ad accorciare il tiro prima che lo allungasse lei.
Giudizio finale:
La giuria è rimasta incantata da questo spot ammazza dignità e dall’atteggiamento inutilmente aggressivo, ma è un po’ delusa dal fatto che Joe si sia rimangiato la sparata che la Buitoni cucina meglio di sua mamma.
Carlo Cracco
Ecco, così ci piace: i violoncelli drammatici, Cracco che chiude gli occhi in ascesi compositiva.
«Alici con pepe rosa»
Lo tenta la voce fuori campo.
I pescetti ballano come i moci di Topolino in Fantasia.
«Di più…»
Protesta Cracco.
«Caviale di limone!»
Rilancia la voce, mentre un frutto pretenzioso si unisce alla coreografia che si distingue da quelle di Amici solo per il fatto che le alici non si sono ancora tolte la maglietta.
«Di più, di più!»
Cracco non è convinto al cento per cento, ma sentir nominare il caviale di agrumi gli fa già ondeggiare la testa in piena trance gastronomica.
«Alghe croccanti!»
La voce fa un altro tentativo, mentre un cespo di insalata riccia da busta prelavata esplode, bombardato da altro pepe rosa.
«Ancora di più!»
Sentenzia Cracco, facendo il gesto dei soldi. Che è epicamente freudiano, pensate, lui che dice no, per il cachet questo non basta, bisogna andare oltre.
La voce tenta il tutto per tutto con un’assurdità:
«Rustica San Carlo!»
La prossima parola sarebbe stata Kinder Fette al Latte, ma ci siamo fermati prima, perché Cracco è soddisfattissimo della proposta.
«Rustica San Carlo in cucina?! Ci siamo!»
Sono d’accordo, ci siamo: peggio di così non si può scendere.
Gli ingredienti si siedono sulla sfoglia dorata con espedienti di regia da film di Michael Bay, ma qui non ci sarà Megan Fox vestita come Fujiko Mine, ci sarà solo Cracco ad avvicinare un piattino per gnomi con su questo obbrobrio fesso, a dire
«Perché in cucina ci vuole audacia!»
per poi avventarsi sull’insieme, che scrocchietta di qua e di là.
Ci sono tanti altri video in cui lui si diletta in composizioni simili, usando le pinzette per sistemare ingredienti di dimensioni microbiche in cima a puree di cavolo nero e altre cose che sembrano tutte vomito Sith.
Giudizio finale:
Non ci sono parole per descrivere la magistrale assenza di pudore. Lo spot è impeccabile nella sua sfacciataggine; il modo in cui Cracco ci convince che davvero userebbe patatine unte per creare i suoi sfiziosi intrugli ha conquistato la giuria, estasiata dalla voce tenace nella baggianaggine e dal pollice ed indice sfregati come ci si aspetterebbe da uno dei Gemelli DiVersi.
Determinante per la vittoria, l’autoironia dell simpatico claim: San Carlo. Il buon gusto italiano.
…Perché era uno scherzo, no?